Evitare l’aumento dell’Iva. Tagliare il numero dei parlamentari. Togliere le concessioni ad Autostrade. Rivedere la legge elettorale. Promuovere nuove politiche sull’ambiente. E fare il bene degli italiani, naturalmente. A parole son numerose e altisonanti le inderogabili urgenze che stanno portando alla nascita – ora è ufficiale – del governo giallorosso. Peccato siano tutte balle, dato che il nascente esecutivo è in realtà mosso esclusivamente da uno scopo: disinnescare la bomba leghista, fermare Matteo Salvini. Persino Enrico Mentana, oggi su La7, lo ha riconosciuto affermando che le cose stanno così «anche se è ovvio» (testuale) che né il Movimento 5 stelle né il Pd lo possono ammettere.

Un governo anti Salvini, quindi, che ha nel timore, anzi nel terrore elettorale il suo collante. Solo in quello. Sì, perché anche se la sua costituzione formale deve ancora avvenire, le contraddizioni della nuova alleanza sono già lampanti e sono emerse pure in giornata: da una parte c’è Luigi Di Maio che afferma di non rinnegare «il lavoro fatto con la Lega», anzi lo rivendica, dall’altra c’è Nicola Zingaretti che ha già elevato il termine «discontinuità» a proprio talismano, facendo finta di non sapere che il suo partito farà parte di un governo presieduto dallo stesso Giuseppe Conte che fino a ieri aveva in Matteo Salvini il suo vice. Movimento 5 stelle e Pd debbono insomma ancora convolare a nozze che già si possono udire, o almeno immaginare, i rumori di piatti rotti sul pavimento. Auguri.

Se non ci fossero di mezzo le sorti del Paese, verrebbe quasi – lo scriveva l’altro giorno Marcello Veneziani – da acquistare i pop corn per gustarselo, l’horror giallorosso. Uno show che oltretutto ha nel suo principale artefice, il Movimento 5 stelle, la forza che più ha da perderci. Che il Pd sia un partito di squali di palazzo non è infatti un segreto. Lo sanno tutti. Invece osservare i pentastellati evolvere da rivoluzionari a poltronari, da gente che doveva «aprire» il Parlamento e che invece ci si è asserragliata dentro – e tutto nel giro di poco più di un anno -, fa un certo effetto. E fa pensare che i tanti milioni di italiani che il 4 marzo 2018 hanno appoggiato il movimento di Grillo non immaginassero manco nei loro peggiori incubi di ritrovarsi involontari sponsor di un abbraccio mortale col Pd. E invece.

Quindi, cosa ci aspetta? Bella domanda. Gli scenari sono tutti leggermente spaventosi. Meglio non pensarci, non ora. Ad ogni modo la sensazione è che il governo giallorosso presieduto da Giuseppe Conte – l’ex avvocato del popolo ora avvocato di palazzo, il premier che con la pochette sfoggia somma eleganza, salvo poi svelarne la natura artificiosa apostrofando un suo vice con un «caro Matteo» ottimo in trattoria, un po’ meno al Senato della Repubblica –, terrà fino a quando il terrore elettorale svanirà, o la Lega sembrerà fare meno paura. E’ pure possibile che il Pd possa scarnificare il consenso del già malandato Movimento 5 Stelle per poi staccare la spina e tanti saluti. Per Di Maio e company sarebbe la fine. Sia quel che sia, l’importante è che questo horror duri poco e che gli italiani possano tornare presto al voto senza dover pagare un prezzo troppo salato dopo esser stati costretti a sorbirselo.

Giuliano Guzzo

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