Qualcuno si sarà pur chiesto, immagino, il motivo di cotanto feroce astio mediatico, culturale e politico nei confronti del Congresso mondiale delle Famiglie che si terrà nei prossimi giorni a Verona. Un astio ufficialmente motivato con l’invito, all’evento, di relatori impresentabili e l’esposizione di tesi anacronistiche e intolleranti, ma che ha in realtà una spiegazione molto più semplice e al tempo stesso più profonda: è la famiglia, la cosiddetta famiglia tradizionale a dare oggi fastidio. Per quale ragione? A mio avviso sono almeno tre le ragioni di detta, manifesta ostilità nei confronti della «società naturale fondata sul matrimonio». La prima è, per così dire, di ordine “ecologico/ambientalista”.

Certi ambienti, da decenni, ritengono il sovraffollamento planetario da un lato e la scarsità di cibo dall’altro, calamità da contrastare. E quale modo migliore per ridurre le bocche da sfamare che prendersela con la famiglia? L’equazione meno famiglia uguale meno matrimoni uguale meno figli, del resto, è nota. Ovviamente il problema della fame del mondo non è responsabilità del numero delle famiglie che lo popolano. Secondo i dati della Fao e delle Nazioni Unite nel cinquantennio 1961-2011 il cibo prodotto nel mondo è più che triplicato, mentre la popolazione è “solo” raddoppiata. Questo significa che la povertà e la fame, oggi, sono anzitutto problemi di distribuzione e non di scarsità alimentare. Ci sono però molti ambienti, dicevamo, che la pensano diversamente.

Una seconda motivazione per cui la famiglia non viene aiutata è di matrice essenzialmente economica. Perché se da un lato è vero che il citato calo dei figli comporta l’invecchiamento della popolazione e l’invecchiamento della popolazione aumenta i costi fissi (assistenza/sanità/pensioni) – dove l’assistenza non è del tutto privatizzata e almeno fino a che non si procederà con l’eutanasia di massa -, dall’altro è indiscutibile come la disgregazione familiare e la mancata formazione di nuove famiglie portino allo stesso risultato: più persone single, cioè più persone sole. E più persone sole, in un’ottica cinica ma non senza logica, significa anzitutto una cosa: consumatori più performanti. Viceversa la famiglia ha un grave difetto, insopportabile per la mentalità economica dominante: fa risparmiare. Risparmio che, da virtù, sembra oggi divenuto quasi una colpa.

Terza ma non meno rilevante – e non alternativa alle altre due – ragione di ostilità nei confronti della famiglia sta in una sua funzione fondamentale di resistenza rispetto a qualsivoglia forza esterna: quella educativa. Finché c’è famiglia, cioè, i figli vengono educati prioritariamente dai genitori. Quando però la famiglia si indebolisce i figli – che sono i cittadini, i consumatori e gli elettori di domani – vengono educati dalla scuola, dallo Stato, dalla televisione. Ne consegue, senza con questo evocare chissà quale oscuro complotto, come aggredire la famiglia cosiddetta tradizionale e tutti coloro che la promuovono abbia in realtà motivazioni ben più profonde. Motivazioni che i grandi media si guardano bene dall’esporre. Altrimenti tutti capirebbero che la posta in gioco non è il vituperato Medioevo, ma sono il nostro futuro e la nostra libertà.

Giuliano Guzzo