Essendo cattolico, quindi razionale, agli slogan preferisco le tesi argomentate. Proprio per questo, fatico a seguire monsignor Vincenzo Paglia quando, come ha fatto ieri, spiega a Repubblica che da anni sogna una legge sullo ius soli perché sarebbe «totalmente a vantaggio del Paese» in quanto tipica di «Paesi avanzati come ad esempio gli Stati Uniti». Tanto per cominciare, è la prima volta che sento di un parallelismo tra progresso e ius soli; ero rimasto invece al fatto che l’istituto così caro al prelato fosse «tipico delle Americhe» per un motivo semplice, e cioè che sono «territori storicamente di immigrazione» (AA.VV. Diciottesimo rapporto sulle migrazioni 2012, p.28), cosa che l’Italia non è.

In secondo luogo, se la questione è la cittadinanza il nostro Paese non pare affatto ostacolarla, dato che solo nel 2017 ha riconosciuto come italiane 224.000 persone. Se invece il punto è l’inverno demografico, sarebbe bello che monsignor Paglia illustrasse il legame tra ius soli e natalità; magari non prendendo ad esempio la Germania dove chi ci nasce, se almeno uno dei genitori risiede là da 8 anni, è automaticamente tedesco ma dove il tasso di natalità è fermo a 1,5 figli per donna: meglio dell’Italia, ma comunque anni luce sotto quel 2,1 necessario per la sopravvivenza di una comunità. Allora dove sarebbe «totalmente a vantaggio del Paese» lo ius soli? Paglia non lo dice. Essendo razionale, rimango perciò in attesa di argomenti. Perché sono cattolico, ma non clericale.

Giuliano Guzzo