Quando si fa la spesa, è buona abitudine fare attenzione a non portarsi a casa cibo prossimo alla scadenza o addirittura già avariato. Allo stesso modo, quando si viene a sapere che non secondo l’Istat o secondo qualche rinomato istituto di ricerca ma «secondo la Coop» 4 italiani su 10 «si identificano in una identità piuttosto liquida», occorre fare attenzione e chiedersi: ma l’Ufficio Studi di Coop, di certo composto da personale volenteroso e capace, sarà abbastanza politicamente equidistante per avventurarsi in studi su temi tanto complessi e delicati? Ecco, appunto. Inizia a levarsi nell’aria, già solo con questa domanda, un chiaro sentore di bufala.
Una sensazione che viene confermata quando, letto il titolo di questa ricerca, Uomo o donna? Non saprei, si va a vedere il quesito che è stato sottoposto al campione, pare, di 7.000 persone: «Come definirebbe la sua identità sessuale in una scala da 1 a 10 dove 1 è esclusivamente maschile e 10 esclusivamente femminile?». Ora, se l’avete letta con attenzione, avrete senza dubbio notato come questa non sia affatto una domanda. E’ un’affermazione. Il punto interrogativo finale serve solo a mimetizzarla, ma è un’affermazione bella e buona, che parte da un presupposto: il fatto che l’identità sessuale possa essere allegramente graduata.
Ma chi l’ha detto, scusate, che si possa essere parzialmente, abbastanza o esclusivamente maschili o femminili, in una scala da 1 a 10? Chi l’ha stabilito, forse la famosa organizzazione scientifica denominata Coop? E’ il caso di chiederselo perché quando dà per scontato qualcosa, si sta affermando quel qualcosa. Dopodiché, ovvio, la ricerca in questione sarà pure indicativa di fenomeni reali (il dato rilevato, che vede l’incertezza sull’identità sessuale più tra le giovani generazioni è, per esempio, verosimile). Ma deve essere chiaro che un conto è la ricerca metodologicamente seria e affidabile, un altro è la ricerca così così. Che, prima di rilevare confusione negli italiani, di confusione ne fa.
Sempre più evidente la malattia terminale del “politically correct”, aka “cultura del piagnisteo”.
Si tratta di una forma galoppante di “sindrome del bunker della cancelleria”.
Si muovono armate che non esistono più, mentre i T34 scorazzano per Berlino.
Purtroppo le belve ferite sono sempre le più pericolose…
(En passant, la COOP farebbe forse meglio a concentrarsi sui suoi problemi invece che darsi alla “siensa”.
Problemi che sono grandicelli anzichenò, ancorché sottaciuti)
Ciao.
Luigi