Lo sto seguendo poco e vorrei seguirlo ancora meno, il vertice sugli abusi dei minori in corso in Vaticano. Non sopporto l’idea che la Chiesa perda un’occasione storica per fare chiarezza su un tema tanto importante eppure, purtroppo, non affrontato fino in fondo. Più precisamente, non sopporto l’idea che si parli delle violenze del clero e nel clero senza sottolineare quella verità che traspare limpidissima da indagini statistiche realizzate negli Usa dal prestigioso John Jay College of Criminal Justice, in Germania e in Belgio, ossia che l’80 per cento delle vittime è costituito da adolescenti maschi. Ripeto, non bambini e neppure, se non in quota assai marginale, femmine, ma adolescenti maschi. Che significa?

Che la grande questione che il clero ha da affrontare, più che la pedofilia, è la pederastia omosessuale. Non lo dico io, lo dicono i dati e lo ammettono gli stessi uomini di Chiesa. Penso a Paul Sullins, sacerdote e docente di Sociologia presso la Catholic university of America, secondo cui esiste, tra i preti, una «sottocultura omosessuale» da estirpare; o a monsignor Juan José Aguirre, un comboniano da vent’anni nella Repubblica Centroafricana, il quale, intervistato nei giorni scorsi dal giornale cattolico Crux, ha spiegato che gli abusi del clero sono un male frutto di tanti meccanismi ma «il primo», ci ha tenuto a precisare, «è l’ingresso dei preti omosessuali in seminario». Riuscirà, questa verità nota in America come in Africa, ad arrivare fino a Roma?

Giuliano Guzzo