La geografia politica italiana si è resa finalmente chiara: il nostro Paese, oggi, è diviso in tre. C’è l’Italia aristocratica ed elitaria che, alla Scala, ha battuto le mani per oltre quattro minuti al Presidente Mattarella (divenuti «applausi infiniti», secondo l’estasiato Avvenire), l’Italia sostanzialmente grillina che ieri, a Torino, ha sfilato contro la Tav, e l’Italia sovranista che, sempre ieri, a Roma, ha definitivamente incoronato Matteo Salvini. L’Italia dei 5 Stelle e quella della Lega sono entrambe populiste e munite d’una chiara carta d’identità, mentre l’Italia a guida quirinalizia – a cui guardano Forza Italia e Pd, partiti per diverse ragioni attualmente senza leadership chiare – si vanta soprattutto del suo doppio passaporto, italiano ed europeo.

Le tre capitali riconosciute – la Milano cosmopolita, la Roma ieri salviniana e la Torino appendiniana – svolgono un ruolo importante nel descrivere una tripartizione chiaramente più complessa (i pentastellati sono assai ben rappresentati pure al Sud) e, in ogni caso, temporanea. Sì, perché queste Italie non potranno convivere a lungo: lo Stivale è troppo piccolo già per due, figurarsi per tre. Chi avrà la spunterà? Dipende da quale forza prevarrà. L’Italia sovranista di Salvini ha il consenso, quella pentastellata la protesta, quella italo-brusselliana i mercati. Per capire chi avrà la meglio occorre dunque prima di intendersi su quale sarà il terreno decisivo di confronto: se le urne, la piazza o la Borsa. Quel che è sicuro è che l’equilibrio attuale è precario, a tempo determinato, di fisso ha solo le tensioni.

Ora, in attesa di capire quale delle tre Italie saprà imporsi sulle altre – posto che quella sovranista e quella pentastellata, allo stato, sono alleate a Palazzo Chigi perché da sole, tempo fa, si son rese conto di non poter fronteggiare l’Italia transnazionale -, si può riflettere su quanto lontana sia quella Seconda Repubblica che seppellì la Prima, mentre è facile pronosticare che Terza Repubblica sarà colei che a breve seppellirà sé stessa; ma non tramite una rivoluzione, bensì per autocombustione. Perché se da un lato tre Italie esprimono tre differenti poteri, dall’altro risultano troppe. Ci potrebbe allora chiedere, a questo punto, come andrà a finire ma, a ben vedere, non ha senso improvvisarsi Nostradamus facendo chissà quali pronostici. Presto infatti sapremo se sprofonderemo nelle divisioni dei tre regni, o se resteremo salvi(ni).

Giuliano Guzzo