La notizia del “divorzio” fra Miguel Bosè e Nacho Palau (virgolette opportune, essendo quello fra due uomini un “matrimonio”) è stata accompagnata a quella della «spartizione», tra i due, dei quattro figli, due coppie di gemelli acquistati tramite la procedura dell’utero in affitto. La scelta di un termine tanto cinico – di solito ci si spartisce i soldi, i guadagni, al massimo i compiti, non certo i bambini – sarà da alcuni spiegata come una gaffe giornalistica, se non come assenza di sensibilità, mentre io ci leggo presenza di buon senso: finalmente si chiamano le cose con il loro nome. Chi infatti si procura i figli tramite utero in affitto li concepisce come cose, e come cose è normale li tratti e, all’occorrenza, li spartisca: cosa c’è di strano, scusate?
E’ l’amara verità di una pratica che alcuni, mentendo, insistono con il dipingere come altruistica e benevola, tutta baci e abbracci, mentre nei fatti è ben altro. Anche se la verità peggiore, la più tremenda in assoluto, sarà quella che un giorno si dovrà pur svelare a Diego, Tadeo, Ivo e Telmo – questi i nomi dei bambini acquistati da Bosé ed ex “marito” -, e cioè che il loro essere stati venduti e comprati, quindi il loro essere prima privati di una madre e poi divisi, anzi spartiti, due in Messico con Bosè, due in Spagna con Palau, ebbene tutto questo loro soffrire è stato considerato dal mondo degli adulti, e purtroppo anche da certe leggi, come un “diritto”. Pure qui, se permettete, le virgolette sono opportune. Anzi, direi proprio che sono obbligatorie. Obbligatorie come mai prima.
Credo sia opportuno aggiungere, per rispetto alla dolorosa vicenda del divorzio che vivono molte famiglie, che i figli rimasti con Bosè erano già con lui prima della relazione con il marito scultore, e lo stesso vale per i due che restano appunto con il compagno.
Le valutazioni sul modo in cui sono stati concepiti penso lasci il tempo che trova, poichè lotte analoghe e molto più drammatiche si vedono quotidianamente e da molti anni purtroppo, da quando il divorzio diventa sempre più frequente, vero problema della società odierna affetta da individualismo e narcisismo.
Chiedo scusa, rettifico: i figli la coppia li ha avuti mentre erano assieme nei 26 anni di relazione, ma in effetti in due periodi diversi.
Forse meglio correggere il testo dell’articolo: “… essendo quello tra due uomini tutto tranne che un matrimonio)…”
Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.
Basta ed avanza.
A me ha fatto riflettere in questo senso la campagna Provita contro l’utero in affitto. Che condivido nel concetto e nel principio. Fermo restando che l’utero in affitto è grave quanto la prostituzione perchè induce una donna bisognosa a vendere il proprio corpo e un gesto intimissimo come quello della gravidanza, ed è da condannare, non capisco l’utilità di mettere un bambino piangente in primo piano.
Ci sono bambini, purtroppo per loro, nati tramite questo metodo, ma non mi pare rispettoso verso la loro sensibilità, già provata, metterne una rappresentazione disperata in questo modo così crudo. Poi ciascuno ha la sua sensibilità ma penso che per lottare contro questa pratica, già osteggiata dalla grandissima maggioranza della popolazione, non ci sia bisogno di calcare la mano su punti delicati e sopratutto non sui bambini che dobbiamo difendere.
Cosa andrebbe fatto,secondo Lei?
Criticare un modo di procedere è legittimo.Si indichi però un diverso procedere.
Saluti
Considerazione n. 1. L’utero in affitto è estremamente più grave della prostituzione, semplicemente perché non riguarda solo gli adulti ma anche i figli.
Considerazione n. 2. Le vittime dell’utero in affitto sono i figli, e ciò viene giustamente messo in evidenza nel manifesto della campagna Provita, la quale ora presenta due genitori maschi ma poi presenterà due genitori femmine e poi un maschio ed una femmina a dimostrazione che non si tratta di omofobia ma di difesa dei figli.
Per rispondere a Giuseppe e Vittoria, se il punto è la pratica, io avrei messo sul cartellone la coppia che è tipicamente “cliente” dell’affitto, ovvero eterosessuale e magari sullo sfondo pure quelle omosessuali, per dare una rappresentazione corretta del fenomeno. Poi in primo piano ci avrei messo una donna incinta e povera, triste con le mani sul grembo, per evidenziare che è vittima. Ma i bambini concepiti così, ormai sono nati e già sono in una situazione molto critica. Sbatterli in primo piano sul manifesto suggerendo loro che devono esser tristi mi pare far loro ulteriore, inutile, male.
Già….ma come fanno a credere in Lui? Chi glie lo insegna ai 4 pargoli? Quale delle due mamme? (O papá)?