La vicenda di don Giulio M., il parroco di Bonassola, nella Riviera di Levante, balzato in queste ore agli onori delle cronache per essersi dichiarato a favore dell’«amore gay» e per aver contestato pubblicamente l’apertura di uno sportello voluto dalla giunta regionale volto a vigilare sulle iniziative gender nelle scuole, presenta diversi profili rilevanti. Quello su cui i media – mossi dal solito fiuto per lo scandalo – stanno focalizzandosi di più, a giudicare dalle ricostruzioni su questa storia, è il conflitto a distanza tra questo prete e il vescovo di La Spezia, il quale ha espresso «sconcerto e meraviglia» per l’accaduto.
C’è però, a mio avviso, un altro aspetto su cui è bene riflettere, vale a dire le reazioni dei fedeli di don Giulio, i quali sembra abbiano accolto con grande entusiasmo le “aperture” del loro parroco. Lo provano l’accoglienza calorosa che costoro gli hanno recentemente riservato sul sagrato dopo una Messa, e l’appoggio manifestato anche su un gruppo su Facebook, dove si potevano leggere commenti tipo «un grande successo scandito dalle bellissime parole di don Giulio: stiamo uniti per l’uguaglianza e i diritti di tutti» o «solidarietà per un uomo, di chiesa, che dice cose normali. Grazie, don Giulio».
Ora, che un parroco sia amato dalla comunità è cosa bella. Ci mancherebbe. Il punto qui però è un altro: stiamo parlando di un sacerdote che, su un tema chiave, assume posizioni in contrasto non solo con la dottrina cristiana di sempre – e pure con le posizioni espresse da pensatori non cristiani ma poco entusiasti dell’omosessualità, da Platone (Leggi, 836 B) ad Aristotele (Etica Nicomachea, 1148b 24-30) -, ma pure con papa Francesco che in Amoris Laetitia ha scritto che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».
Eppure, come si è visto, per il parroco di Bonassola giù applausi. Come mai? Semplice: perché costui ha appoggiato posizioni già diffuse dalla cultura dominante tra i suoi stessi fedeli. In pratica, qui non è il pastore che ha guidato le pecore ma sono le pecore – in un tragico ribaltamento dei ruoli – ad aver rieducato il pastore, che ha finito col seguirle. Ed è questo, per me, l’aspetto più doloroso della vicenda. Che ci deve spingere a pregare, se abbiamo fede, per quei pastori che invece non cedono alle sirene del pensiero unico, decisi a rimanere fedeli alla verità. Come ha fatto duemila anni fa Qualcuno che avrebbe potuto farsi al volo amici Pilato e la folla, anziché lasciare tutto il consenso a Barabba.
spero e voglio credere che – oltre allo sconcerto e alla meraviglia (quest’ultimo forse non il vocabolo etimologicamente più adatto per esprimersi in tal senso) – il Vescovo voglia assumere iniziative più “operative” e sagge in tal senso, quale garante e difensore della Fede cattolica nella sua diocesi. Ma soprattutto esamini e cerchi di capire perché un sacerdote di cui lui è responsabile quale pastore di pastori, è arrivato a tal punto. Che discernimento, quale attenzione hanno i vescovi sul cammino (e quindi sulle attività pastorali) dei loro preti? C’è una costante evangelizzazione dei presbiteri, un costante richiamo alla conversione, alla loro spiritualità in sintonia con la Dottrina e il Magistero della Chiesa? C’è un richiamo costante alle battaglie di oggi che si giocano in gran parte sulla Famiglia che è sotto evidente attacco? Le dissertazioni sociologiche, economiche o ambientaliste (nessun riferimento ad alcuno, è discorso generale) lasciamole a altri: occorre un richiamo alla conversione, Per tutti.
E’ vero, caro Giuliano, è proprio questo il punto: sono le pecore, sono i fedeli che vanno a messa regolarmente che si sono persi… molto persi… non sempre è colpa dei pastori (lo vedo anche nella mia parrocchia). E comunque, appunto, basterebbe riferirsi alla dottrina per capire cosa dire o fare…
Vedendo le foto su internet della Messa ed anche il profilo demografico del comune di Bonassola, si nota come i “fedeli” sono piuttosto anzianotti, e dunque, in linea teorica, quelli che dovrebbero essere “vaccinati” verso novità di questo genere. Ebbene, non è così, perché il tarlo modernista sta mangiando la Chiesa già da decenni.
Probabilmente questo parroco tali idee ce le ha da tempo, diciamo dal seminario almeno, e qualcuno gliele ha insegnate/trasmesse. Come vedete, le cause dei problemi sono assai profonde.
Tutto nasce dall’equivoco, diffuso ad arte, che l’omosessualità sia connaturata, quasi un fatto genetico. Se è “naturale”, deve essere accettata.
Il Dott. Gandolfini, da medico, ha messo ben in luce come quest’idea sia falsa, ma quanti uomini di Chiesa si sono posti delle domande prima di accettare supinamente questa schiocchezza ? Nelle pagine WEB della diocesi di Genova, ho trovato qualche notizia sulle conferenze di Gandolfini, ma sul portale della Chiesa Ambrosiana, buio assoluto.