Attori, scrittori, intellettuali e artisti per il Sì da una parte; Financial Times, Wall Street Journal, Fitch Ratings e Confindustria a segnalare i rischi letali del No, dall’altra. L’oppositore medio alla riforma Boschi-Verdini è, in vista del 4 dicembre, virtualmente accerchiato; o forse lo è davvero, ma il punto è che questo, in realtà, potrebbe non giovare affatto ai sostenitori del Sì. Infatti, come la Brexit e il trionfo di Donald Trump dovrebbero aver ormai evidenziato, più i poteri forti e la grande stampa giocano compatti per una causa, più questa risulta perdente. Come mai? Semplice: perché nel momento in cui, da qualche tempo a questa parte, una certa posizione viene apertamente contrastata da ambienti che il cittadino medio percepisce come potenti ed ostili, quella sua posizione assume una connotazione nuova e chi la condivide è mosso da motivazione crescente.
Per capirci, se fino all’altro ieri il variegato popolo per il No era mosso da varie ragioni – l’ostilità al Governo, le perplessità sulla riforma e il timore degli effetti che questa potrebbe avere entrando in vigore con la nuova legge elettorale -, da oggi molti degli oppositori alla Costituzione riformata, proprio in ragione dell’accerchiamento mediatico di cui si riferiva poc’anzi, potrebbero pensare: sapete che c’è, cari Vip e care testate internazionali che vi permettete, voi così estranei alla vita di noi gente normale, di dirci cosa fare? C’è che il 4 dicembre ci recheremo alle urne ancora più convinti ed arrabbiati. Da questo punto di vista Matteo Renzi, il principale promotore della riforma, ha fatto un clamoroso autogoal nell’apostrofare come «accozzaglia» coloro che vi si oppongono. Certo, il Premier non indicava il cittadino X bensì Berlusconi, Travaglio, D’Alema e Grillo, dei quali peraltro ha fatto esplicitamente i nomi.
I media sono però caratterizzati – e l’ex Sindaco di Firenze, che alle spalle ha uno spin doctor del calibro di Jim Messina, artefice della rielezione di Obama del 2012, dovrebbe ormai saperlo – da una regola ferrea, che stabilisce che non conta quanto viene detto, ma quello che viene percepito. Pertanto, ricorrere spregiativamente al termine «accozzaglia» è stato un enorme passo falso, con ogni probabilità dovuto nervosismo, che anziché intimidire ha quasi certamente motivato il fronte del No. La stessa tempesta economico-finanziaria che i giornali internazionali stanno pronosticando in caso di affossamento della riforma Boschi-Verdini, del resto, potrebbe rivelarsi ininfluente se non un errore; dopotutto, gli Italiani ricordano l’allarme spread comparso e scomparso (almeno mediaticamente) giusto il tempo di far silurare Berlusconi, ed è tutto da vedere che abbocchino a nuovi spauracchi.
Anche perché se è vero che i sondaggi tradizionali, per così dire, danno il No in vantaggio, non mancano analisi che monitorando quanto avviene nei social network – e dunque dribblando il grande incubo demoscopico con la persona interpellata che può sempre non rispondere, mentire o vergognarsi di dire ciò che davvero pensa – hanno rilevato il Sì alla riforma costituzionale molto più indietro di quanto non lo stimino altre rilevazioni. Se insomma da un lato vi sono solo due quotidiani nazionali – La Verità di Maurizio Belpietro, di cui sono peraltro collaboratore, e il Fatto di Marco Travaglio – schierati per il No, dall’altro il fronte di opposizione è verosimilmente assai più ampio su quello che, ormai, è un referendum su Renzi, soprattutto per colpa sua. Come finirà? Apparentemente i No sono accerchiati, ma mi spingo a pronosticare che ne potremmo vedere delle belle. Ancora una volta.