La notizia non è che la Gran Bretagna si appresta, dopo il voto di ieri, ad avviare le procedure per lasciare l’Unione europea. E non è neppure quella della totale inattendibilità dei sondaggi – giovedì sera circolava, spacciata come certa con tanto di dichiarazioni soddisfatte di alcuni, la notizia dei Sì al 52% – diffusi da chi controlla l’informazione cosiddetta autorevole. La notizia delle notizie – a mio avviso – è che il diritto di voto non piace più, che la democrazia sta progressivamente smarrendo il suo fascino: e non, si badi, per mano di fascisti o presunti tali, bensì a causa di un sempre più drastico ripensamento progressista del suffragio universale. Solo così, infatti, si spiegano il punto di vista di quanti ritenevano il voto a favore della Brexit «da ignoranti», le prese di posizione contro il diritto di voto alle persone meno istruite o per limitare, ad esempio, quello degli anziani, dal momento che la maggior parte dei giovani e laureati inglesi era per rimanere nel sistema europeo.
Ora, non sarò certo io – che non scordo, fra le altre cose, come quella volta a Gesù sia stato democraticamente preferito a Barabba – ad insinuare che la maggioranza abbia sempre ragione e neppure intendo, almeno qui, addentrarmi nello specifico delle implicazioni della Brexit. Il ragionamento che vorrei brevemente svolgere è un altro vale a dire una sottolineatura dell’atteggiamento negativo – un misto fra rifiuto, incredulità e astioso rattristamento – rispetto al voto inglese da parte dell’Europa che si crede intelligente solo perché più istruita e dalla parte giusta della storia solo perché meno anziana. Cos’è: la democrazia va bene, sì, ma a corrente alternata? Il funzionamento democratico è tale solo se unidirezionale, mentre tutto il resto sono becero populismo, arretratezza e xenofobia? Ripeto: appartengo a coloro che i limiti della democrazia li hanno ben presenti, ma dai paladini della democrazia e dell’antifascismo non mi sarei aspettato un così repentino dietrofront elitarista.
Anche perché un simile atteggiamento – diffuso sia a livello istituzionale sia nei meandri dei social network – è rivelatore di un paradosso: la stessa Europa accogliente verso gli extraeuropei che arrivano a centinaia di migliaia, con le loro culture, storie e valori (non sempre democratici!), diviene improvvisamente scettica verso l’europeo medio quando questo, poveraccio, si reca al voto. E la colpa è sempre, a seconda dei casi, della demagogia di alcuni o dell’ignoranza di tanti altri: non è cioè mai di un’Europa tecnocrate e inconcludente, di un sistema che doveva nascere dal basso ma ora è capovolto, vale a dire sostanzialmente governato dall’alto in favore di interessi non sempre limpidi, a meno che – chiaro – non si voglia credere che l’Unione europea, oggi, sia nelle mani di filantropi incessantemente al lavoro per gli interessi del popolo; ma penso che la storiella dell’Europa politica buona, lungimirante e saggia ce la risparmieranno per un po’. Nel frattempo lasciateci godere il gran terremoto nei palazzi e nei mercati, specie ai piani alti, generato dall’insostenibile leggerezza del voto.
Hanno cannato clamorosamente (e quanto consapevolmente? Che sia stata l’ultimo disperato tentativo di cambiare le carte in tavola?) i sondaggi e poi si mettono a indovinare il titolo di studio di chi ha votato per il “leave”?
Credevo che gli aruspici si fossero estinti da un pezzo…
I giovani hanno votato per rimanere in Europa perché non hanno parametri di confronto come invece gli anziani hanno. E non è detto che quest’ultimi perché tali sbaglino a priori. La scelta degli inglesi è stata una scelta democratica che va rispettata. La si smetta di fare terrorismo politico pensando a come andrà d’ora in avanti l’economia. Che l’Europa tutta faccia autocritica e cominci seriamente, tralasciando le stupidaggini, a lavorare per il popolo sovrano. Buona giornata Isabella
Comunque sta storia dei giovani che hanno votato per rimanere e i vecchi per usice e’ una bufala, o meglio e’ semplicemente il risultato di un sondaggio fatto da una ONG a 3-4 giorni dal voto (e che ha cannato clamorosamente il risultato), per di piu’ a Londra.
Quindi fuffa su fuffa.
Grazie. Isabella
Molto interessante il tuo ragionamento, qualità della democrazia è data da tanti fattori, uno dei quali cittadini informati, e per essere informati non bisogna essere “intelligenti”. Non è diminuendo diritti che si ottiene una società migliore, è cercando di dare a tutti la stessa possiblità di “essere a conoscenza di” che crea progresso. Io mi sono chiesto: è democratico un sistema che per uno scarto di 1 milione di persone ne lascia poco meno della metà insoddisfatta? Se ti va di sapere come la penso, leggi il mio ultimo articolo.
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L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
“Ora, non sarò certo io – che non scordo, fra le altre cose, come quella volta a Gesù sia stato democraticamente preferito a Barabba – ad insinuare che la maggioranza abbia sempre ragione e neppure intendo, almeno qui, addentrarmi nello specifico delle implicazioni della Brexit. Il ragionamento che vorrei brevemente svolgere è un altro vale a dire una sottolineatura dell’atteggiamento negativo – un misto fra rifiuto, incredulità e astioso rattristamento – rispetto al voto inglese da parte dell’Europa che si crede intelligente solo perché più istruita e dalla parte giusta della storia solo perché meno anziana. Cos’è: la democrazia va bene, sì, ma a corrente alternata? Il funzionamento democratico è tale solo se unidirezionale, mentre tutto il resto sono becero populismo, arretratezza e xenofobia? Ripeto: appartengo a coloro che i limiti della democrazia li hanno ben presenti, ma dai paladini della democrazia e dell’antifascismo non mi sarei aspettato un così repentino dietrofront elitarista.”
Quello che mi dà fastidio è che, quando l’anno scorso la maggioranza degli irlandesi ha votato a favore dei matrimoni gay, allora lì la democrazia diretta andava bene! Che imbarazzo…