natalità

 

 

 

 

 

 

Ad ascoltare cosa scrivono i giornali, sembra che in Danimarca abbiano superato l’inverno demografico. Grazie infatti ad una campagna volta ad incentivare i danesi a fare più sesso –  «Fallo per mamma» – nel 2016 sarebbero in arrivo 1.200 bambini in più rispetto allo scorso anno. La notizia rallegra, naturalmente. Tuttavia pare un po’ presto sia per gridare alla scoperta dell’antidoto contro il calo della natalità, sia per brindare alla nuova primavera demografica danese. Per quanto riguarda il presunto successo di «Fallo per mamma», c’è da dire che una prima – anche se molto debole – inversione di tendenza in termini di maggiore natalità, in Danimarca, si era registrata già nel 2014, con il passaggio a 10,22 nascite in un anno per 1.000 persone, leggerissimo aumento rispetto alle 10,2 del 2013; ed anche nel 2015 sono nati più figli che nel 2014.

Anzi, se si va a confrontare il numero dei nati nel 2015 con quello dei nati del 2014 si scopre una differenza di oltre 1.300 unità, superiore quindi ai 1.200 bambini in arrivo in più quest’anno. Dunque è tutto da dimostrare che il piccolo“baby boom” in corso sia dovuto al succitato spot anziché ad una tendenza in essere da qualche tempo e della quale, peraltro, non è chiaro se i responsabili siano i danesi o gli immigrati nel Paese. Ma c’è dell’altro: la stessa notizia di 1.200 nati in più – per quanto positiva – non è affatto sufficiente a considerare la Danimarca fuori dall’inverno demografico. Si deve infatti ricordare che nel 2014 il numero medio di figli per donna era di 1,69, anni luce da quel tasso di sostituzione (2,1) che garantisce ad un Paese non già di crescere, ma almeno di sopravvivere. Perché queste precisazioni? Per diversi motivi.

In primo luogo perché non vorremmo che tiepidi risvegli demografici in un Paese dell’Europa del Nord facessero pensare superato un problema – quello della denatalità – che si è stratificato nei decenni e nella mentalità, ragion per cui è semplicemente ridicolo pensare di risolverlo con qualche spot pubblicitario. Un secondo motivo per cui si son volute effettuare le anzidette precisazioni – soprattutto mettendo in luce come sia assai dubbia l’efficacia dello spot  «Fallo per mamma» – è per evitare che qualche cervellone importi l’idea in Italia, magari con qualche corso scolastico. Infine, ammesso e non concesso che bastino pubblicità a risolvere il guaio della denatalità – cosa tutt’altro che sicura, come si è visto – c’è da dire, come terza considerazione, che i figli non basta farli, bisogna anche crescerli ed educarli: non proprio un dettaglio.

Giuliano Guzzo