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Da Tiziano Ferro ad Adriano Sofri, da Lorenzo Jovanotti a Roberto Bolle, da Marta Marzotto a Daria Bignardi: apparentemente ci sono tutti gli esponenti dell’“Italia migliore” tra i firmatari dell’appello – fra i quali svettano, in particolare, quattrocento volti noti – che chiede al Parlamento una celere approvazione delle unioni civili. Francamente stupisce la fissazione progressista per questo tipo di appelli che, fra l’altro, non sembrano portare benissimo; si pensi al referendum sulla legge 40 del 2005: L’Espresso mise in copertina cento persone celebri col titolone «100 Sì» ottenendo uno degli appuntamenti referendari più boicottati della storia repubblicana; oppure si pensi, tornando indietro con gli anni, al manifesto contro Luigi Calabresi (1937–1972), apostrofato come «commissario torturatore»: anche quella volta i firmatari erano noti, numerosi (oltre settecento) e rispettabilissimi – Bobbio, Eco, Toscani – e pure in quell’occasione presero un granchio clamoroso dato che Calabresi da un lato venne assassinato e, dall’altro, risultò estraneo alla morte dell’anarchico Pinelli.

Quando “l’Italia migliore” promuove un documento, insomma, state pur certi che l’odore è di fregatura. In questo caso, poi, l’appello per le unioni civili fa davvero sorridere: si parla di urgenza di riconoscere il «minimo dei diritti alle persone LGBT» confidando nell’ignoranza giuridica di chi non sa che non solo le persone – LGBT e non – in Italia hanno tutte i medesimi diritti, e ci mancherebbe altro, ma (esclusa la quota di legittima, l’adozione e la pensione di reversibilità, destinata comunque a sparire per tutti) li hanno pure le coppie conviventi di persone dello stesso sesso: già ora. Ma naturalmente lo scopo dell’appello dei 400, come viene già chiamato, non è certo informare, bensì impressionare l’italiano medio che, dinnanzi a cotanta abbondanza di cantanti, scrittori, giornalisti e intellettuali tutti – in una compattezza di orwelliana memoria – con la medesima richiesta, penserà che se “l’Italia migliore”, quella che controlla l’editoria e spadroneggia in televisione e in radio, la pensa così, beh allora una ragione dovrà esservi. E così il nuovo manifesto dei conformisti, ben prima dell’approvazione delle unioni civili, produrrà nuovo conformismo. In nome della libertà, ovvio.

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