Sfortunatamente ci si deve accontentare di poche, peraltro quanto mai scarne righe, diffuse da Ansa.it e riprese da qualche altro sito secondario, per conoscere i dettagli della vicenda di A.F., professore in un istituto di Moncalieri, nel Torinese, condannato a 11 anni, dopo essere stato arrestato, nel 2014, con l’accusa – non esattamente leggera – di avere offerto soldi ad alcuni suoi allievi in cambio di rapporti sessuali: nessun talk show dedicato, nessuna intervista alle vittime.
La notizia, strano ma vero, non pare riportata sul portale internet del quotidiano torinese per eccellenza, La Stampa; la redazione torinese di Repubblica invece offre qualche particolare in più, ma sull’home page nazionale nada. E dire che l’insegnante condannato era dapprima accusato di violenza sessuale, prostituzione minorile, concussione e altri reati: roba pesante. E dire – continuando – che, dopo l’intervista esplosiva ad un prete trentino, che ha fatto il giro del web, il tema della difesa dei diritti dei più piccoli era tornato – e giustamente – al centro dell’attenzione.
Come mai questo silenzio, questa fretta di riferire appena – laddove lo si è fatto – la notizia? Perché nessun inviato s’è fiondato sulle tracce dell’insegnante condannato? Offrire soldi in cambio di rapporti sessuali a dei ragazzini non è forse grave? E dire che la strada per Moncalieri i giornalisti la conoscono bene, come dimostra il caso – questo sì diffuso a livello nazionale – della professoressa Adele Caramico, insegnante di religione cattolica all’Itis “Pininfarina” (la stessa scuola, pare) accusata d’aver proferito frasi omofobe e poi, dopo indagini interne, del tutto scagionata.
Questa volta, invece, è diverso: silenzio tombale. E se non fosse stato per quelle dieci righine che dicevamo nessuno saprebbe nulla della vicenda accaduta, con vittime dei bambini. Come si spiega questa surreale voragine nelle cronache di oggi? Nella vana attesa di una risposta da qualche redazione, si aggiunge un particolare della persona processata: era – riferisce Ansa.it – «attivista dei diritti degli omosessuali». Il che, sia chiaro, può voler dire tutto e niente, rispetto alla speciale immunità mediatica di cui gode costui. Giudichi il lettore.
giulianoguzzo.com
La triste vicenda dell’insegnate di religione, stroncata sui giornali perché si era “permessa” di dare alcune risposte sull’omosessualità, reperibili su google, non si spiega se non sottolineando l’intenzione netta e chiara di non fare giornalismo, bensì di creare a tavolino vincitori e vinti, assegnare il bollino di “giusto” o “sbagliato” non all’azione, ma alla persona.
E’ un bel problema.
I giornalisti sono ormai funzionari di un sistema che farebbe impallidire Orwell
Infatti, stanno tutti tradendo la deontologia per servire il potere!
Se il solito complotto mediatico massonico transgender t’impedisce di diffondere maggiori ragguagli sulla pedofilia laicale allora trasforma il blog nella tromba dello scandalo della modernità amorale e disperata: conterai i contatti su di una mano; purtroppo per te la pedofilia sacerdotale rimarrà più scandalosa: che vuoi farci, it’s an unfair game.
Qui il confronto non era tanto fra sacerdoti e laici, ma fra due insegnanti di cui uno condannato a undici anni e l’altra rea d’essere cattolica: è l’ultimo commento buttato giù a casaccio che ti pubblico, Paolino: stammi bene. Bye.
Giornalisti, psicologi, insegnanti. Le tre categorie più esposte all’asfissiante propaganda dell’ideologia del gender (che, ovviamente, non esiste…ci mancherebbe).
Questo insegnante che voleva fare sesso con propri alunni fa schifo alla stessa maniera di un parroco che sevizia un/una bambino/a in sacrestia. Entrambi vanno pesantemente puniti dalla legge, ed entrambi non devono più svolgere le loro professioni, e penso che su questo siamo tutti d’accordo.
É chiaro che in quest’articolo il dott. Guzzo, pone giustamente una questione, ovverosia, perché la gaffe commessa dal parroco trentino ha avuto un risalto mediatico enorme, mentre invece la vicenda di questo essere spregevole ne ha avuto molto meno, per non dire nessuno? Non fa una piega.
È un assordante silenzio colmato dal grido ancora muto per la perdita di molte libertà. Mala tempora…
Il motivo, semplicemente, è dato dal fatto che l’insegnante in questione sta subendo un processo penale che, ove accertata la veridicità dei gravissimi fatti contestati, lo porterà ad una privazione della libertà personale. Tutte cose che (ovviamente) non accadranno al sacerdoti che ha prima accostato pedofilia ed omosessualità per poi affermare che tra le due, forse la prima è un po’ più giustificabile. Mi spiego: che il primo abbia fatto una cosa ripugnante non è che ci sono dubbi. A che pro ribadirlo sui giornali? Francamente non vedo nemmeno di cosa si debba discutere; a meno che qualcuno non pensi che chi è omosessuale tende ad assumere un certo comportamento; lo sappiamo tutti che non è così, giusto?
Nel secondo caso, invece, si è voluto sottolineare come certe opinioni paiono ancora trovare spazio nella comunità ecclesiale …se non ci fosse stato tale servizio televisivo, nessuno, forse, avrebbe avuto nulla da ridire sull’attività pastorale di un sacerdote che pensa le cose di cui sopra. Ovviamente era sotteso il confronto con il caso di Charamsa: del tipo…lui lo cacciate e questo no? Ed è chiaro che, per chi è dotato di una certa dose di ragionevolezza e di buonsenso, a prescindere da tutti i discorsi sul celibato dei sacerdoti, appare francamente una cosa incomprensibile (e, si badi bene, mi riferisco all’opinione pubblica in generale).
In ultimo, è chiaro che prete-pedofilia è un accostamento troppo ghiotto per un ceto giornalistico intellettualmente molto mediocre e dalle pratiche eticamente discutibili.
Ma rimane pacifico che si tratta di due vicende che si muovono su piani assolutamente differenti
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La domanda del dott. Guzzo è legittima e tuttavia ci consola che questo spregevole individuo è stato condannato a 11 anni di carcere e questo avvalora la gravità del gesto.
Il minor risalto mediatico è dovuto a mio parere al fatto che il giornalismo che si occupa di cronaca segue da sempre la legge della domanda e dell’offerta e quindi l’inviato pronto a fiondarsi munito magari di tecnologia satellitare, si muove soltanto se il “fattaccio” garantisce un’audience adeguata e giustifica il costo della trasferta e in questo caso siamo già giunti alla condanna.
Diverso è il giornalismo d’inchiesta, che non essendo legato alla quotidianità, può raccontare, immergendosi e sviscerandoli gli aspetti più ripugnanti della società. Si tratta quasi sempre di inchieste complesse, spesso pericolose pubblicate poi nei contenitori televisivi dedicati come “Report”, “Presa Diretta”, “Speciale TG1” o sui settimanali, ma di solito non sui quotidiani.
Ha perfettamente ragione e concordo con l’amico Daniele quando dice: «…Se non ci fosse stato tale servizio televisivo, nessuno, forse, avrebbe avuto nulla da ridire sull’attività pastorale di un sacerdote che pensa le cose di cui sopra». Siamo di fronte a una visione raccapricciante per uno che si dichiari “educatore” e buon conoscitore della psicologia infantile …“Perché io sono stato tanto a scuola e i bambini li conosco …”!
Ed è altrettanto corretto dire che era sotteso il confronto con il caso Charamsa. Un confronto legittimo, valutando la gravità della situazione.
In questo “banale” confronto è racchiuso il dramma della Chiesa dei nostri tempi, che da sempre offre risposte inadeguate, mai esaustive, mai trasparenti. Ed è proprio a causa di questo reiterato e mai emendato comportamento autolesionistico che molti si allontanano dalla Chiesa, accusandola di “omertosa complicità” e perdono a ragion veduta la necessaria fiducia.
Prendiamo ad esempio l’ultimo scandalo che ha messo a subbuglio l’ordine dei Carmelitani a Roma, parrocchia di Santa Teresa d’Avila, in cui è coinvolto un alto prelato della Curia generalizia. Nel dossier consegnato al cardinale Vallini uno dei prostituti di Villa Borghese, racconta il rapporto con un alto prelato della Curia generalizia: «Abusava di alcol e di eccitanti come il prickly poppy».
Oggi le notizie raggiungono in pochi secondi l’intero globo e restano disponibili nella rete per un tempo inimmaginabile. E quindi le reazioni dovrebbero essere immediate e infatti una reazione immediata c’è stata, quella dei parrocchiani: sono crollate le nuove iscrizioni di bimbi al catechismo da 46 a 15 presenze e non è finita.
E nonostante tutto chi dovrebbe agire continua a non voler vedere e magari non si rende ancora ben conto del perché di queste continue defezioni.
Buona domenica.
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Sfortunatamente per molti, la pedofilia, nella vicenda di Moncalieri, non c’entra nulla: si tratta di una scuola superiore dove studiano ragazzi tra i 14 e i 19 anni. Il professore ha fatto quello che faceva padron Silvio, ma senza chiamarsi padron Silvio e senza avere i suoi soldi: e infatti è stato condannato a 11 anni – no, dico: 11 anni (unici anni) di galera.
Guzzo ha pure l’aggravante di essere un aspirante giurista, almeno a stare al “Chi sono” qui sopra: ma non conosce la differenza tra pedofilia, prostituzione minorile e atti sessuale con minorenni. E questo è piuttosto grave – sia per un aspirante giurista sia per un aspirante giornalista, entrambe categorie alle quali parrebbe appartenere Guizzo.
Chiedo scusa: il “Guizzo” in fondo non è una presa in giro, ma un errore. Chiedo venia.
Figurati se non mettevano in mezzo Berlusconi. Sti poveri rotti in culo sempre perseguitati!