Per tentare di motivare i benefici che apporterebbe la legalizzazione delle cosiddette “droghe leggere” con sempre maggior frequenza si cita a modello il caso dello Stato del Colorado, negli Stati Uniti, dove, dall’1° gennaio 2014, com’è noto, hanno aperto i primi negozi autorizzati a vendere la marijuana a chiunque abbia raggiunto i ventuno anni di età. In Colorado la legalizzazione della cannabis – si dice – si è dimostrata conveniente per le casse dello Stato, ed ha diminuito i crimini senza far aumentare le spese sanitarie. Affermazioni simili convincerebbero oggettivamente chiunque se però non fossero, come vedremo subito, estremamente incaute quando non perfino false e funzionali solo a semplificazioni propagandistiche.
Iniziando con la sbandierata convenienza per le casse statali, occorre subito precisare che si tratta di un effetto che non ha davvero alcunché di eccezionale e che sarebbe proprio della tassazione di qualsivoglia fenomeno. Anche legalizzando il commercio di organi – per fare un esempio certamente estremo, ma che rende l’idea – si otterrebbe un repentino miglioramento delle finanze statali, ma ciò non renderebbe automaticamente la decisione saggia e moralmente giusta. Per una seria valutazione degli effetti della legalizzazione delle cosiddette droghe leggere conviene dunque spingersi oltre quella che, comunque la si pensi, è una conseguenza del tutto ovvia e che pare persino offensivo per l’intelligenza sottolineare.
Anche il secondo argomento – la diminuzione dei crimini – appare assai poco convincente. Infatti, per giustificarlo si cita un report del Dipartimento di polizia di Denver che nel 2014 ha rilevato, per la prima volta dal 2009, una riduzione di furti totale del 3% e di quelli con scasso del 10%. E allora? Basta forse la semplice coincidenza temporale fra legalizzazione della cannabis e diminuzione di furti con scasso per asserirne con certezza un legame causale? Sarebbe meglio essere più prudenti. Anche perché con la stessa fallace logica, e consultando lo stesso report, si potrebbe osservare che dal 2013 al 2014 si è verificato un aumento dei crimini contro le persone – da 8.367 a 9.205 – addossandone la colpa all’avvenuta legalizzazione della cannabis, tesi che (giustamente) non piacerebbe agli antiproibizionisti.
Neppure, continuando, dell’osannata tesi del mancato aumento delle spese sanitarie, a ben vedere, c’è da fidarsi molto. Per una ragione molto semplice: ogni valutazione degli effetti della legalizzazione delle “droghe leggere”, a distanza di un anno, avrebbe ed ha a disposizione pochi dati, basandosi su un arco temporale di fatto troppo ridotto. Commenta Sharon Levy, responsabile del Comitato sulle sostanze da abuso dell’American Academy of Pediatrics: «È vero che non abbiamo ancora dati che documentino danni sulla salute dei bambini come effetto della legalizzazione di marijuana a Washington e in Colorado, ma ci sono volute molte generazioni, milioni di vite e miliardi di dollari per chiarire i danni dell’uso di tabacco sulla salute, anche se essi sono terribili».
Conviene dunque andarci piano, prima di sostenere che la legalizzazione della marijuana non sia pericolosa per la salute pubblica. Per due ragioni, che si aggiungono a quella della dottoressa Levy. La prima è che si sta pur sempre parlando di una sostanza – com’è provato – che incrementa il rischio di psicosi (Psychological Medicine, 2011), di crisi depressive (Can J Psychiatry, 2010), di ammalarsi di cancro (Cancer Epidemiol Biomarkers Prev, 1999), di avere problemi al cuore (Int J Cardiol, 2007), ai reni (Morbidity and Mortality Weekly Report, 2013) e che, almeno in alcuni soggetti, incrementa il pericolo di passare al consumo di altre droghe (Journal of Drug Issues, 2008; European Addiction Research, 2005; Journal of Health Economics, 2003). La seconda ragione è che depenalizzare l’uso di questa sostanza ne aumenta il consumo.
A dirlo, ironia della sorte, è proprio l’esperienza del Colorado dove, se i negozi autorizzati a vendere marijuana hanno aperto solo nel gennaio 2014, la legge che introduce il consumo, la coltivazione e la vendita della marijuana a scopo ricreativo risulta in vigore dal 10 dicembre 2012. Ebbene, le conseguenze già note non sono molto confortanti: se difatti tra il 2011 ed il 2012 la percentuale di coloro oltre i dodici anni che dichiarano di aver consumato marijuana risultava del 16,2%, fra il 2012 ed il 2013 era già del 18,9%; analoga tendenza, dopo la svolta antiproibizionista, per lo Stato di Washington (da 15,4% a 17,5%), mentre in quell’arco temporale negli Stati Uniti la percentuale di consumatori di marijuana aumentava di poco: dall’11,8% al 12,3% (Cfr. National Survey on Drug Use and Health, 2014).
Si può dunque sostenere che la legalizzazione delle “droghe leggere” sia un affare? Se ci si accontenta di dati parziali, raccolti in un arco temporale brevissimo e fornendo di questi letture semplicistiche, sì. Ma se invece si sposa il principio di precauzione – soprattutto alla luce della vasta letteratura che documenta la correlazione fra il consumo di queste sostanze, specie fra i giovanissimi, e gli effetti che questo determina sulla loro salute – si assumerà un atteggiamento di prudenza. Il punto è che la macchina antiproibizionista, anche in Italia, si è ormai messa in moto, supportata da una robusta corazzata mediatica e di questo passo, purtroppo, sarà sempre più difficile trovare spazi per un confronto serio, che tenga sempre presente che la priorità non è la salute delle casse statali, ma il bene comune: qualcosa, si converrà, di leggermente più importante.

E quindi?
Appurato che la marijuana fa male, è meglio il proibizionismo (che non mi pare impedisca né l’uso né l’abuso della droga)?
Purtroppo il proibizionismo è solo una limitazione, ma il punto non è solo applicare meglio la legge attuale, il problema è più profondo, è antropologico.
L’errore è stato far credere che la cannabis sia trasgressiva, che sia solo piacevole, che tutti l’abbiano provata.
In generale l’errore è far credere che un problema spirituale (la noia di vivere) si possa risolvere assumendo qualcosa come se ci fosse una pillola.
Insomma, bisogna puntare ad una rieducazione della società, non dicendo solo ai giovani di non drogarsi, ma anche agli adulti di non essere troppo materialisti.
Certe cose non si risolvono con una legge.
“bisogna puntare ad una rieducazione della società”.
E chi la deve rieducare, la società? E quali sono i parametri educativi di riferimento? E chi non vuole farsi rieducare che fine farà?
E come starà in piedi la società, visto che – essendo fondata sulla sovrapproduzione di beni materiali e immateriali – ha bisogno di consumatori sempre più compulsivi? Chi glielo va a dire al miliardo e mezzo di cinesi e al miliardo di indiani che devono smetterla di costruire smartphone e televisori al plasma e di tornare in campagna ad arare con il bue?
Voglio dire: c’è qualcuno che riesce ad andare al di là delle chiacchiere e delle sedicenti buone intenzioni? C’è qualcuno che riesce a spiegare come far funzionare nella realtà le proprie aspirazioni genericissime?
Grazie.
@ manliopittori
“E chi la deve rieducare, la società?”
Chiunque ne abbia il potere: genitori, scuola, Chiesa e mondo della cultura.
“E quali sono i parametri educativi di riferimento?”
Ci vuole un antropocentrismo diretto che valorizzi l’uomo in quanto tale e non in base a quanto produce o a quanto ha, una conseguenza particolare è che nulla che lo danneggi è degno di essere chiamato espressione della libertà, a partire dalle droghe.
“E chi non vuole farsi rieducare che fine farà?”
Dipende dall’educatore: la Chiesa ha, nei casi gravi, le scomuniche; la scuola non dovrebbe basarsi sul potere delle punizione perché i professori dovrebbero essere in teoria persone colte che sapranno rieducare argomentando; i genitori hanno modi che variano da famiglia a famiglia (a casa mia bastava una sgridata una tantum); il mondo della cultura purtroppo ha la gogna mediatica mentre anch’esso non dovrebbe avere bisogno di punizioni perché può esercitare una grande influenza.
“E come starà in piedi la società, visto che – essendo fondata sulla sovrapproduzione di beni materiali e immateriali – ha bisogno di consumatori sempre più compulsivi?”
La società l’hanno fatta basare sulla sovrapproduzione, ma in realtà è fatta di persone, non di consumatori. Se un sistema economico è contro l’uomo, si abbatte il sistema, non l’uomo. La minaccia della povertà rende solo egoisti e avvantaggia i ricchi.
“Chi glielo va a dire al miliardo e mezzo di cinesi e al miliardo di indiani che devono smetterla di costruire smartphone e televisori al plasma e di tornare in campagna ad arare con il bue?”
Il progresso tecnologico non va confuso con il progresso sociale: possiamo sognare una società evoluta materialmente come nei più ottimistici mondi alla Star Trek, solo lo scopo dell’economia dovrebbe essere la distribuzione razionale per tutti dei beni.
“c’è qualcuno che riesce ad andare al di là delle chiacchiere e delle sedicenti buone intenzioni? C’è qualcuno che riesce a spiegare come far funzionare nella realtà le proprie aspirazioni genericissime?”
Sempre a proposito della cannabis? Immaginando soluzioni fattibili con i mezzi attuali, perché non provano, quelli che comandano, a cambiare i tipi di martellamenti mediatici? Giusto per cambiare un po’ gli argomenti.
Ci martellano che il PIL deve salire, che gli omosessuali si devono sposare, che la CO2 deve calare, che però dobbiamo produrre di più; ci dicono che la promiscuità è liberante, che gli USA sono i più progrediti, che farsi la canna e che è normale divertirsi ubriacandosi eccetera…
Provi ad immaginare se con la stessa intensità ci proponessero cose più sane!
@ htagliato
“Se un sistema economico è contro l’uomo, si abbatte il sistema, non l’uomo”; “lo scopo dell’economia dovrebbe essere la distribuzione razionale per tutti dei beni”.
Vaste programme, avrebbe detto De Gaulle. Mi scusi, ma davvero non so cosa replicare a chi si propone di “abbattere il sistema”: non siamo neanche capaci di realizzare una cosa sacrosanta e banale come – un esempio tra i miliardi possibili – il divieto di fare usare gli smartphone ai bambini, e lei vuole “abbattere il sistema”?
Suvvia, siamo seri.
Sull’antropocentrismo siamo tutti d’accordo, credo: il problema è che occorrerebbe una nozione condivisa circa la “valorizzazione dell’uomo”. Per me il divorzio, l’aborto e la libera espressione omosessuale possono essere dei modi per valorizzare l’uomo; per un cattolico immagino rappresentino quanto di peggio si può augurare all’uomo. E ci sono, credo, milioni di musulmani che per “valorizzazione dell’uomo” intendono la poligamia e il burqa.
Sulla cannabis c’è poco da dire. E’ una droga, fa male e non si dovrebbe utilizzare. Ma vada a farlo a un diciottenne, questo discorso: le riderà in faccia, perchè la marijuana è buonissima, divertentissima e trasforma una giornata vuota e insulsa in un paradiso di risate e di benessere. E non solo: conosco molti 40-50enni – padri di famiglia e lavoratori – che non rinuncerebbero mai alle loro canne del sabato sera.
In un mondo di persone responsabili, consapevoli, fiduciose e decentemente colte non ci sarebbe bisogno di droghe – o il bisogno sarebbe minimo: peccato che il mondo sia pieno di poveri, di disoccupati, di ignoranti, di sfruttati e di immaturi. E di questa massa enorme di persone sono in pochi, in pochissimi, a pensarci.
Manlio quanto pessimismo. Ha ragione, la lotta è impari ma per questo bisogna mollare? Io ho figli, nipoti giovani e spiegherò loro cos’è la droga e perchè da un punto di vista umano (oltre che di salute) è sbagliata, cercherò di dar loro le fondamenta per non avere bisogno di drogarsi, per avere la forza di passare attraverso una giornata grigia senza rinnegarla. Ognuno faccia il massimo che può dove si trova.