In principio furono gli eventi accaduti al riminese Cocoricò, ma quello fu solo il principio: oramai non passa più giorno senza che giornali e televisioni non ci mettano dettagliatamente al corrente di tragedie accadute all’interno o appena fuori dalle discoteche. Come se non Italia, di fatto, non accadesse nient’altro. Posto che naturalmente non è così, è quindi il caso di chiedersi: come mai? A cosa si deve l’attenzione quotidiana dei mass media nei confronti del fenomeno? Nessuno, finora, sembra esserselo chiesto, ragion per cui vale doppiamente la pena tentare di dare una risposta a partire da varie ipotesi. Che l’attenzione mediatica sullo sballo mortale sia dovuta – come a prima vista oggettivamente potrebbe sembrare – ad una sorta di volontà di denuncia? E’ possibile, ma difficile: i dati infatti dicono come da noi le morti per droga, inclusi i decessi avvenuti dopo notti danzanti, siano in calo come anzi più che nel resto d’Europa: furono 1.002 nel 1999, sono scese a 344 nel 2013. Intendiamoci: anche un solo morto per droga, tanto più se giovane, costituisce un fatto gravissimo, ma di certo non siamo, ultimamente, in presenza di allarmi che giustifichino l’attuale attenzione mediatica.
Una seconda ipotesi per spiegare l’interessamento di giornali e telegiornali potrebbe derivare allora dalla possibilità che, nell’estate 2015, il fenomeno dello sballo mortale sia in aumento: possibile pure questo, ma – posto che nessuno finora l’ha documentato – non sarebbe una novità assoluta giacché è noto come i decessi in seguito a serate in discoteca, in particolare fra i giovanissimi, coloro cioè che durante il resto dell’anno debbono fare i conti con la frequenza scolastica, siano una realtà che ha il suo apice durante la stagione estiva. Non rimane dunque che ipotizzare come quella che potremmo a questo punto definire “la scoperta delle discoteche” – quasi che fino a ieri fossero locali parrocchiali, dove si può consumare al massimo aranciata o chinotto – altro non sia che un’avvilente speculazione mediatica su drammi che certamente i media non inventano, nel senso che sono reali, ma la cui aumentata visibilità non risponde altro che ad esigenze di audience e di tiratura. Questo spiega come mai non solo le notizie non vengono accompagnate, in genere, da alcun commento serio, ma perché – appena accadrà qualcosa di più spendibile mediaticamente – sul dramma di quanti, assumendo stupefacenti, rischiano la vita, calerà il sipario; e continuerà ad occuparsene solo chi l’emergenza educativa l’ha a cuore veramente.
Interessante analisi. Da tenere presente, però, che viviamo nella “società dell’alcol”. Oggi l’alcolismo è diffuso e accettato, anzi incoraggiato, senz’altro privatamente se non pubblicamente. Ovunque ci giriamo esistono spacci per la somministrazione dell’ultima droga legale, ma tassabile. Non esiste grande accordo che non venga siglato scevro da allucinazione alcolica.
Continuiamo a demonizzare anfetamine e cocaina, senza renderci conto che la vera piaga della nostra società è la bottiglia, e gli psicofarmaci da somministrazione. Quante persone, soprattutto donne, in avanzata età guidano strafatte di Lexotan? Esiste un narco-test in per riconoscere chi guida abusando di sostanze psicoattive legali?
Il marcio è nel nostro modo efficientista di prendere la vita.
Viviamo nella società dell’alcol. E’ tutto oggi basato sull’allucinazione alcolica, prendiamone atto. Le giovani vittime sono un tributo sacrificale dovuto al nostro divino diritto di spacciare alcolici guadagnandoci sopra.
A margine dei motivi che possono condurre allo sballo giovanile, il punctum dolens emergente dai recenti fatti di cronaca è, a mio avviso, da individuare proprio nell`emergenza educativa cui si soggiunge a chiosa dell`articolo
Non so fino a che punto sia normale e tollerabile il fatto che un ragazzino a soli 16 anni si trovi in una discoteca di notte, a più di 200 km da casa, e perda la vita a causa della droga. Secondo il mio punto di vista non lo é affatto.
Ma gli adolescenti italiani di oggi fanno troppe cose che non solo per nulla consoni alla loro età, e questo perché le famiglie e la scuola hanno abdicato al ruolo di educatori cedendolo alla televisione, a internet (soprattutto a Facebook), ai videogiochi, ecc.
Non é normale ad esempio che gli adolescenti abbiano rapporti sessuali in età così immatura (anche se per legge l’età minima del consenso é di 14 anni, ma il fatto che lo preveda la legge non significa che sia quella giusta), che stiano in giro da soli la sera e la notte, che possano avere accesso alle discoteche, che bevano alcoolici, che fumano, e che peggio ancora si droghino. C’é troppo permissivismo, e in quella fascia di età, compresa tra i 12 e i 18, può solo essere un danno per loro in quanto li renderà degli adulti irresponsabili.
Anche questo, come per la diffusione delle droghe, é funzionale a chi sta ai vertici del potere, in quanto chi comanda sa che una società fatta a maggioranza da persone irresponsabili e menefreghiste di fronte a qualsiasi elementare norma di civile convivenza, prive di valori etico-morali, gli consente di mantenere il potere e di poter dominare sulle masse totalmente indisturbato.
Il fatto che i decessi per droga alla discoteca siano in netto calo é positivo, ma non significa che il fenomeno sia debellato, come ha evidenziato correttamente il commento che mi precede, c’é il problema dell’alcolismo, fenomeno in preoccupante crescita tra i nostri adolescenti.
Grazie, Giuliano, per la maturità dei tuoi giudizi.
Maurizio
Grazie a Lei e a Voi che seguite il blog 🙂
E non ha piovuto per settimane ma non ci hanno assillato con le polveri sottili…
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Post illuminante: alla conclusione che che i giornali pubblichino le notizie che garantiscono “audience e di tiratura” credo non ci fosse arrivato nessuno, prima di Guzzo.
Credo che la distinzione fra pubblicare genericamente notizie che garantiscono “audicence e tiratura” e insistere morbosamente su alcune di esse per “audicence e tiratura” sia chiara a chiunque. Ad ogni modo, grazie lo stesso per la sua ironia: c’ha provato. Saluti.
Si sbaglia: non era ironia, era sconforto.
Anche perché lei si attende addirittura “commenti seri” da parte dei giornali., come se i giornalisti non fossero strutturalmente incapaci di commentare e di dire cose serie.
E anche perché lei, con pavloviana puntualità, esibisce la. oramai stomachevole, “emergenza educativa”. Quasi quarant’anni fa c’erano sedicenni che ammazzavano poliziotti a colpi di pistola e una generazione di ventenni che è stata falcidiata dall’eroina, ma quella educativa è una “emergenza”: oggi, adesso.
Come se il bisogno di assumere qualsiasi sostanza in grado di illudere che si possa modificare il rapporto con la realtà sia qualcosa sbucato all’improvviso, giusto l’altro giorno. Come se il Cocoricò sia la causa (o la concausa) e invece non una banale e fungibilissima e bypassabilissima occasione di incontro.
Ma tutto ciò è inevitabile, dato che lei è giovane* e scrive su un giornale**.
Ironia? Ma le pare: è sconforto, l’ennesimo sconforto.
* E quindi non solo nulla sa di che cosa è successo prima di ieri, ma nemmeno è stato in qualche maniera messo in guardia dagli immortali versi del Poeta.
** E quindi è (o ambisce a essere) giornalista e perciò il cerchio si chiude.
Pubblico questa ennesima sua replica – l’ultima, per esaurimento della mia pazienza dinnanzi a provocazioni fini a se stesse, per le quali le riconosco originalità e talento -, e la saluto cordialmente.
Mi perdoni, ma vorrei capire meglio – per evitare di far perdere tempo a lei e soprattutto per evitare di perderlo io.
Intende dire che non pubblicherà più miei interventi in calce a questo post o che non pubblicherà più i miei interventi nel suo blog?
Spero che vorrà chiarire il mio dubbio, così da – se del caso – togliere il disturbo.
Grazie.
Intendo dire che, essendo il mio blog, pubblico i commenti che mi pare (e che riesco a leggere, dato che ne arrivano diversi al giorno) e rispondo, conseguentemente, a quelli che mi pare. Saluti.
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Mi accodo a Pino e Werner per dire che mi fanno ridere (è modo di dire, dato l’argomento) quelli che si lanciano alla caccia allo spacciatore – che può benissimo essere un “caro” amico/a della vitima di turno, o chi pretende misure draconiane contro le discoteche (che hanno comunuqe spesso precise responsabilità se non di connivenza quanto meno di omessa sorveglianza…).
Sembrerò cinico, ma mi lasciano interdetto le manifestazioni di solidarietà di piazza come se la vittima di turno fosse vittima di chissà quale “mostro”…
La domanda reale da porsi (e me la porrei io per primo come genitore se – Dio non voglia – fossi coinvolto) è: “perché mio figlio/a deve darsi allo “sballo”?!
Perché prima di arrivare alla ferale pasticca, si deve già essere bevuto/a di tutto e di più, tanto che se anche gli fosse rimasto un minimo di buon senso, questo è del tutto già affogato nell’alcool?
Perché questi figli non sono in grado di dire a CHIUNQUE offra loro stupefacenti di qualunque genere: “sai cosa devi farne?!”.
Perché è questo il loro “giro” di (supposti) amici?
Perché il problema NON è la discoteca se si va SOLO per ballare – fosse anche fino allo sfinimento…
E’ inutile poi dopo, piangere sul latte, anzi sangue, versato…
Nella loro debolezza psicologica e umana, molti di questi ragazzi sono vittime predestinate di alcool, droga, di un incidente stradale, di rissa, di uno scherzo idiota finito male, ecc. ecc.
E’ comodo “cercare il mostro”, il tramite materiale del dramma… è comodo NON farsi le domande che ti pongono come genitore sul “banco degli imputi”.
Non perché tu sia condannato, ma almeno perché si possa cambiare e aiutare altri a farlo.
E’ comodo cercare UN colpevole e chiedere “giustizia”…
(Anche se fare il genitore ed essere educatore OGGI, credo sia una delle cose più difficili del mondo.)