gender

 

 

 

 

 

 

 

Liberissimi di continuare a ritenere l’ideologia del gender un’allucinazione di pochi e magari un po’ fissati, ma ieri la Corte di Cassazione non solamente ne ha confermato l’esistenza, ma ne ha offerto una limpida e per certi versi raffinata formulazione. Con una sentenza destinata a divenire storica (prima Sez., Sent n. 15138/2015), la Corte – diversamente dai chiari pronunciamenti del Tribunale di Piacenza e della Corte d’Appello di Bologna, che avevano negato ad una persona il diritto ad ottenere la rettificazione degli atti anagrafici in assenza d’intervento chirurgico – ha infatti deciso che per ottenere il cambio di sesso all’anagrafe non è necessario l’intervento di adeguamento degli organi sessuali. Più precisamente, si è stabilito che «il desiderio di realizzare la coincidenza tra soma e psiche è, anche in mancanza dell’intervento di demolizione chirurgica, il risultato di un’elaborazione sofferta e personale della propria identità di genere». In questo modo, di fatto, si afferma l’inesistenza della natura maschile o femminile o, quanto meno, la sua subordinazione all’elaborazione «personale della propria identità di genere», che è esattamente il nucleo più originale ed estremo della teoria del gender, la quale riduce l’identità sessuale al solo dato genitale riservando tutto il resto alla percezione che ciascuno ha di sé. Sarebbe dunque ingenuo ritenere il pronunciamento della Cassazione circoscritto ad un singolo caso.

Il perché lo ribadisce con chiarezza la filosofa Michela Marzano la quale, commentando questa sentenza, scrive che la maggior «parte degli esseri umani non hanno bisogno di interrogarsi sulla propria identità di genere perché, fin dall’inizio, sono convinti di sapere se sono uomini o donne» (La Repubblica, 21.7.2015, p. 26). E’ chiaro? Non esistono più maschi e femmine, ma solo esseri umani «convinti di sapere se sono uomini o donne» e che, nell’eventualità mutassero questa loro convinzione sulla base di un’elaborazione «personale della propria identità di genere», dovrebbero essere assecondati anche in assenza d’interventi chirurgici che attestino la loro trasformazione. Ecco che allora, ben lungi dalla promessa liberazione della sessualità, la cultura occidentale ci sta traghettando verso la sua amara evaporazione, col dato sessuale oramai disgiunto non solo dall’atto coniugale e da quello generativo, ma persino dal dato corporeo: anziché verso una società di uomini e donne liberi, stiamo così andando verso una libera da uomini e donne, dove il rispetto per la differenza sta lasciando il posto alla sua negazione, al di là dell’ambito puramente percettivo. Il che, fino a ieri, poteva a buon diritto essere considerato come il terribile scenario temuto da pochi, ma ora – grazie alla Corte di Cassazione – è a tutti gli effetti uno scenario possibile. Resta solo da capire se, come cittadini, avremo la forza di avversarlo o finiremo, ancora una volta, per omaggiarlo tributandogli la corona del progresso.