Sabato non ero presente, a Roma, in piazza San Giovanni all’oceanica manifestazione per la famiglia, né facevo o avevo fatto in qualche modo parte del comitato organizzatore. Certo, appoggiavo e tutt’ora appoggio senza titubanza alcuna ragioni e spirito dell’evento, ma la ragione per cui trovo doveroso rispondere alle osservazioni su quella piazza formulate ieri da don Mauro Leonardi su La Croce non è per difendere qualcosa a cui non ho neppure preso parte, né per polemizzare gratuitamente con un sacerdote dalla penna prolifica. No, il motivo per cui credo sia giusto replicare alle critiche di don Leonardi è perché queste, oltre ad essere espresse con pacatezza, risultano a ben vedere di portata generale condensando punti di vista assai diffusi, oggi, nel mondo cattolico. Le contestazioni mosse all’evento di piazza San Giovanni e alle sue conseguenze sono essenzialmente tre.
La prima riguarda il fatto che dalla piazza sarebbe emersa una «logica dello schieramento: un “noi e loro”, un “assediati e assedianti”» che non gioverebbe «assolutamente né alla Chiesa né all’Italia in generale». Ora, la critica sarebbe fondata se, in effetti, la manifestazione fosse stata contro qualcuno o contro alcuni, mentre invece era contro qualcosa; non c’era cioè alcun “noi e loro” e non solo perché è stato detto – e scritto – fino alla noia, ma perché risultava dall’immensa scritta che sormontava il palco dei relatori: STOP GENDER. Sappiamo che tanti non ammettono l’esistenza dell’ideologia del gender, tuttavia tutti concordiamo su un fatto: il gender non è una persona, ma un modo di interpretarla, una vera e propria antropologia che più di qualcuno – a mio avviso a ragione – ritiene autodistruttiva e da tenere lontano dai bambini. Nessuna «logica dello schieramento» dunque, ma solo fermo rifiuto di quello che Papa Francesco ha definito «sbaglio della mente umana».
«In seconda istanza – ha scritto don Leonardi – desidero dire con chiarezza che non è impedendo ai gay di sposarsi – anche se la Chiesa non è d’accordo col matrimonio omosessuale – o negando le unioni civili che noi salveremo le nostre famiglie». Sacrosanto. D’altra parte nessuno ritiene la lotta all’ideologia del gender come il modo per salvare la famiglia italiana – che ha già tantissimi nemici, dal divorzio ora pure express al fisco vampiresco -, ma semmai come punto di non ritorno. E’ quindi vero che «la famiglia è in crisi non perché ci sono le persone omosessuali» – cosa che del resto nessuno, tanto meno a Roma, ha mai insinuato -, ma se consentiamo alle leggi di creare nuovi modelli familiari e se permettiamo allo Stato di spiegarci che non esistono più padre e madre ma solo genitore 1 e genitore 2, come sarà possibile ripartire? La famiglia occidentale ora è come una casa in fiamme: proprio per questo circondarla di materiale esplosivo non sarebbe una buona idea.
Rileva, infine, il sacerdote scrittore che «innegabilmente il mondo laico ha identificato tutto il mondo cattolico con le posizioni espresse sabato 20 in piazza San Giovanni […] Questo è un grossissimo problema – se vogliamo è un problema di tipo “politico” – perché è un ostacolo insormontabile a cercare alleanze anche con chi la pensa diversamene ma su singole questioni può essere d’accordo e aiutare a conseguire risultati concreti». Il problema, qui, è solo interpretativo dato che lo stesso don Leonardi riconosce che l’evento romano è stato anzitutto espressione di «quell’agire laicale in prima persona, tanto auspicato dal Concilio Vaticano». Se poi si considera lo scetticismo – manifesto e preventivo – di parte delle gerarchie ecclesiastiche nonché di interi movimenti su quanto avvenuto sabato a Roma, è chiaro come il problema di chi identifica «tutto il mondo cattolico con le posizioni espresse sabato 20 in piazza San Giovanni» sia di ignoranza, e non può essere ricondotto alla manifestazione.
Senza dimenticare, per concludere, un aspetto forse amaro ma fondamentale: il dialogo non è sempre possibile. E non perché non sia utile – lo è certamente, come metodo -, ma perché non è bene assoluto. Un esempio aiuterà a comprendere. Se «chi la pensa diversamene» esprime dissenso sul fatto che i bambini all’asilo vengano fatti giocare troppo con la palla e poco coi Lego, o perché alle scuole elementari, secondo lui, vengono insegnate materie troppo complesse, è un conto: e qui, evidentemente, il dialogo è possibile. Se però «chi la pensa diversamene» non ritiene problematico che ai piccoli vengano instillati dubbi sulla loro identità sessuale, che si faccia di tutto per neutralizzare le differenze fra i sessi o che addirittura dei bambini possano essere invitati alla masturbazione, non c’è dialogo che tenga. Questo legittima la violenza? No: difatti sabato non ve n’è stata. Tuttavia ci sono momenti in cui dei fermi no sono il solo modo per proteggere dei sì grandiosi: sì alla libertà educativa, sì alla famiglia, sì al miglior interesse dei figli.

Ottima “critica alla critica”, che sottoscrivo…
L’ha ribloggato su l'ovvio e l'evidentee ha commentato:
ci sono momenti in cui dei fermi NO sono il solo modo per proteggere dei SI grandiosi
C’è voluto meno di un secolo per completare la distruzione del matrimonio e della famiglia, riserva aurea della civiltà cristiana, sequestrata da minoranze rivoluzionarie, buttata a mare e rimpiazzata con luccicante bigiotteria modaiola da astuti mercenari prestati alla politica. Nessun argine sapientemente costruito nei secoli dai nostri migliori poeti, teologi, filosofi, e antropologi è resistito ai banali slogan di femministe e omo/transessualisti dell’ultima ora.
Una serie di cariche esplosive sono state disposte lungo una linea rossa che parte dalla “Declaration of Sentiments” del 1848, passa per Stonewall, prosegue per le pandemiche leggi su divorzio aborto facile e fecondazione artificiale, approdando all’attuale inaudita follia legislativa su gender e omosessualità.
E man mano che una carica esplodeva, i solerti pastori del “dialogo”, rassicuravano le masse in odore di bigottismo che nulla di irreparabile era successo, che per il cristiano nulla cambiava, che ben’altri erano i problemi…
Adesso ci risiamo, ma se esplode quest’ultima carica è la fine.
«C’è voluto meno di un secolo per completare la distruzione del matrimonio e della famiglia, riserva aurea della civiltà cristiana …».
Non credo si tratti di distruzione ma di normale evoluzione dei costumi. Come tutte le cose, nulla a questo mondo resta immobile o immutabile nel tempo. Tutto ruota e si trasforma.
La famiglia, intesa nel modo tradizionale, quell’ambiente in cui la maggior parte della mia generazione è nata ed è cresciuta, qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale, non esiste più.
La “famiglia” intesa come una volta, è finita nel momento in cui la donna ha conquistato il diritto di lavorare ed è riuscita con l’indipendenza economica ad affrancarsi dall’idea che soltanto nel matrimonio, spesso imposto o combinato, avrebbe raggiunto una possibile futura realizzazione.
Ciò che invece induce perplessità è il clima di confusione che aleggia tra coloro che vorrebbero insegnare agli altri come vivere.
Perché se c’è chi sentenzia con discutibile nonchalance che il ”femminicidio è colpa delle donne che lasciano gli uomini” e trova anche chi tra le donne lo applaude, c’è anche chi dall’alto della Cattedra afferma l’esatto contrario. All’indomani della presentazione del documento preparatorio del Sinodo, papa Francesco parla delle ferite nelle famiglie: “Ci sono casi in cui la separazione è moralmente necessaria”. E aggiunge: “Non tutti riconoscono, nella solitudine, un appello del Signore rivolto a loro”.
Quest’ultime sono proprio le considerazioni che ha sempre fatto chi non ha fede o non segue il Magistero cattolico.
Simone
Il suo riferimento alle parole attribuite dalla stampa a Kiko Arguello sul femminicidio è del tutto fuori luogo perché fondato su una falsa ricostruzione dei fatti, basta ascoltare le registrazioni; quanto alle parole del Papa sulla separazione, non sono che la conferma dell’insegnamento della Chiesa.
[Catechismo della Chiesa cattolica: 2383 La separazione degli sposi, con la permanenza del vincolo matrimoniale, può essere legittima in certi casi contemplati dal diritto canonico. Se il divorzio civile rimane l’unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato,
senza che costituisca una colpa morale].
Falsa ricostruzione dei fatti?
Può essere, ma ciò che ho ascoltato e il concetto che ne ho tratto è piuttosto chiaro. Il femminicidio è causato dalla lontananza degli uomini da Dio. Chi a causa di questa lontananza ha perso la dignità di persona, cerca nel ruolo sociale di marito, di compagno e/o di padre di sopperire con l’amore che riceve in famiglia alla mancanza dell’amore di Dio. Nel momento in cui l’amore in famiglia viene meno, perché la moglie o la compagna si allontana e lo abbandona, il poveretto sperimenta quello che i cristiani chiamano inferno. Egli, il poveretto, sente una morte tanto profonda che cerca subito di vendicars, infliggendo la violenza alla moglie e ai figli. Il tutto si giustifica, perché il poveretto e tutti noi non possiamo vivere senza essere amati.
Va bene, non resta quindi che convincere i giudici.
Su ciò che prevede il Catechismo, Lei ne sa senz’altro più di me e quindi mi affido. A me importa che si ammetta che “Non tutti riconoscono, nella solitudine, un appello del Signore rivolto a loro”.
Simone.
Il matrimonio è passato attraverso molti cambiamenti nel corso dei secoli, ma ha sempre conservato quel carattere di “rito di passaggio” sulla cui importanza ci parla abbondantemente l’antropologia. Di conseguenza la famiglia è sempre stata qualcosa di più che una convivenza sancita da un contratto.
Sposandosi si fa una scelta esistenziale, si intraprende n’avventura che esige sacrificio, coraggio, fantasia, e soprattutto fedeltà senza se e senza ma.
Nella famiglia si sperimenta l’alterità sessuale nella donazione reciproca, e l’alterità generazionale nella vita in comune con i figli.
Come ci si potrebbe, maschi e femmine, “realizzare” meglio?
@Simone,
ciò che riporti nel commento giugno 25, 2015 alle 19:12 è già ben diverso da quanto scrivi nel tuo primo delle 09:36.
Mi pare strano che un persona come te che reputo piuttosto intelligente (non sto dando patenti di intelligenza o stupidità, è per capirci…) non abbia compreso dove stia il nocciolo del discorso a cui fai riferimento.
Come a non capire che il senso di tale discorso non ha nulla a che fare con giudizi e o condanne in sede civile o penale che sia…
Come sempre ravviso la difficoltà di mettersi nel panni del “poveretto” che è a tutti gli effetti un omicida (quando lo è) come se questa cosa MAI potesse riguardare noi (e qui permettimi c’è un profondo inganno!)
Ad ogni modo se hai volgia e tempo e tanto per non riportare qui, ciò che ho scritto altrove, ti lascio questo link:
Giusto per approfondire… poi magari resterai della stessa idea.
D’altri invece questo commento mi è molto piaciuto:
Simone, quel “tutto si giustifica” non esiste nelle parole di Kiko Arguello. E di certo non esiste nella sua mente e nel suo cuore. E lei ben comprende che, tolte quelle te parole, non resta nulla di condannabile.
E intanto oggi, al senato, è passato l’insegnamento gender nella scuola grazie alla fiducia.
Spero che, cristianamente, l’autore possa darmi alcune delucidazioni onde evitare che si pensi che egli stia mentendo (credo sia un peccato di quelli importanti).
«ai piccoli vengano instillati dubbi sulla loro identità sessuale, che si faccia di tutto per neutralizzare le differenze fra i sessi o che addirittura dei bambini possano essere invitati alla masturbazione»
A prescindere dalle legittime opinioni, l’autore può dare qualche riferimento su dove trovare prova di quanto afferma?
Ti rispondo io, Mu.
http://www.imolaoggi.it/2014/09/15/follia-gender-in-svezia-decostruire-il-concetto-di-mascolinita/
Imolaoggi ha l’affidabilità di una banconota da tre euro, e la “notizia” non risponde alla legittima domanda che ho posto.
Quello che non quadra nella riposta è che non è che una certa situazione funziona perché ci sono dei vincoli e delle leggi, soprattutto quando si tratta di amore e dedizione. Bisogna lasciare il libero arbitrio di poter scegliere ma più di tutto bisogna dare la possibilità di essere come si è. se una persona nasce etero e quindi ha tutti i diritti e i doveri automaticamente solo perché è etero e invece una persona (uomo, umano) non le ha perché omosessuale, allora fate una distinzione non di gender, ma sessuale e quindi generalizzate a priori e condannate a priori e quindi è contorta la mente che è maliziosa, mancate di purezza. Vi auguro tutte le più belle famiglie del mondo, ma non le avrete cercando di chiuderle in una bolla di sapone evitando di vivere la realtà, che purtroppo è un’altra, e cioè l’80% dei clienti delle prostitute trans sono padri di famiglia, i più grandi scandali per abusi su minori avvengono direttamente nella chiesa, le persone omosessuali valgono meno degli altri, hanno gli stessi doveri ma i diritti scarseggiano ampiamente ecc ecc ecc…hai voglia di scrivere slogan. fatevi un mea culpa e aprite gli occhi e le braccia prima di condannare.
Le persone nascono con limiti d’ogni tipo, per questo le società funzionano solo con le regole, e anche imponendo un ordine, che è tanto più giusto quanto più corrisponde al significato ontologico del dimorfismo sessuale. Il quale significato non può “snaturarsi” allargandosi a piacimento a causa dell’esistenza più o meno ampia “in natura” di alterazioni rispetto alla norma.
Caro Bariom,
Al di là di ogni polemica, su che cosa volesse dire davvero Arguello, polemiche inutili dal forte sapore liceale, quando si voleva far credere a parole che un qualsiasi poeta volesse dire questo piuttosto che quello. Ho sempre ritenuto che importa ciò che ognuno coglie ascoltando quelle parole o quella musica e se per me “L’Infinito” di Leopardi rappresenta l’apoteosi poetica, per altri forse non è così, ma non è detto che siano degli imbecilli.
Per evitare di ricadere nelle inutili polemiche fatte sulle chiacchiere, proseguii gli studi scegliendo una materia scientifica, dove ogni intuizione per quanto brillante va avvalorata da consistenti osservazioni e possibilmente dimostrata dal formalismo matematico, nell’attesa di verifiche sul campo.
La discussione è interessante e se mi autorizzi utilizzo la mail che appare nel tuo blog, altrimenti mi limito a questo.
Quando il collega Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, dotato di conoscenze e di tecniche collaudate non comuni, scrive che chi rinnega il rapporto filiale con Dio vive un inferno interiore, una dimensione esistenziale devastante in grado di piegarlo all’orrore, ebbene non sto qui a illustrarti ciò che provo.
Sono oltre quarant’anni che ho interrotto le comunicazioni con Dio, ammesso ci siano mai state, e come tantissimi altri vivo una vita familiare normale, basata su solidi principi messi in pratica e sul rispetto reciproco, allietata da un paio d’anni da un fagottino rosa che tutto intravvede nel nonno fuorché l’inferno interiore e men che mai una dimensione esistenziale devastante in grado di piegarlo all’orrore.
Questo al mio paese, come diceva il grande Totò … è terrorismo puro per chi non possiede gli strumenti adeguati per rispondere e contrastare quelle tesi, ma di nuovo non è colpa di chi diffonde quelle idee, ma di chi ascolta, spesso applaudendo.
E mi meraviglio non te ne renda conto.
PS. Sul perché non intervengo su quel blog, te lo spiegherò in privato se ne avrò la possibilità.
Saluti.
Caro Simone,
credo ti avessi già “autorizzato”… anzi invitalo, qualora lo volessi al cottato extra-blog.
“Mi meraviglio tu non te ne renda conto”…
E’ che invece mi rendo ben conto di come un qualsiasi discorso spece su questi temi possa da alcuni risuonare assolutamente “cristallino” e per altri “terrorrismo”.
Se mi permetti è gratuita l’epressione che chi fatichi a comprendere le ragioni dell’uno o dell’altro, consideri ipso-facto l’antagonista un “imbecille”.
Chi mi vieta allora di pensare tu consideri me tale, cioè un emerito imbecille? (Pur esendo convinto tu non lo pensi per tue precedenti affermazione e giacché mi pari persona seria…)
Io fatico invece a comprendere perché una persona di buona cultura, di sana intelligenza e diciamo anche “sani principi”, debba quando ascolta determinati “discorsi”,che andrebbero poi contestualizzati nel momento e (n.b.) nell’uditorio a cui sono indirizzati, debba subito porsi sulla difensiva o peggio viverlo come un j’accuse addirittura PERSONALE…
Sono molto contento nel sentire che la tua vita scorre nella diciamo “normalità” e che gode del dono di un “fagottino rosa” (che già oggi defirlo tale (rosa…) può esser da taluni contestato ( ;-) :-| ).
E’ (dal mio punto di vista s’intende) la dimostrazione (ahimé forse non “matematica”) che nonostante tu abbia da oltre 40anni interrotto i tuoi rapporti con Dio… Lui non li ha interrotti con te :-D
Resto in attesa tue “notizie”.
Perdonami la coda di commento, ma c’era un altro punto molto importante nel tuo commento…
La tua piccolissima nipotina è ben giusto che “tutto intraveda nel nonno fuorché l’inferno interiore e men che mai una dimensione esistenziale devastante in grado di piegarlo all’orrore.” non solo per la tenerissima età, ma anche perché presumo, non ci sia nulla del genere da intravedere nel nonno. Né è detto ci sarà mai…
Ecco qui di nuovo il fraintendimento secondo il quale il discorso di Kiko voglia fare “terrorismo” o peggio accusare di presenza di un “inferno interiore”, TUTTI e dico tutti, coloro che o non conoscono Dio, o hanno con Lui “interrotto rapporti”.
Perdonami se ritorniamo alla spiegazione a mo’ di liceali, ma è piuttosto importante… E’ per me evidente che il discorso si riferisce a chi, per una serie di vicende che divengono vere e proprie tragedie, si trova a viverlo questo “inferno interiore”.
NON come una sorta di punizione divina (ma per carità!) pre-comminata, ma come concreta esperienza psicologico-spirituale (e possiamo intendere spirituale anche in senso laico-agnostico). Forse che di un “inferno interiore” nessuno a mai parlato prima di Kiko Arguello? Forse sempre e solo se ne è parlato in un’ottica di Fede?
E non ultimo, se anche tu non ne avessi mai fatto esperienza diretta, mai hai conosciuto persone che vivono in questo “inferno interiore”? No?
Beh… io si purtroppo. E per costoro, facendo uno sforzo di immedesimazione per alcuni notevole, per altri non difficile (per mie esperienze non mi risulta difficile), forse allora il discorso in questione non suona come una via d’uscita, piuttosto che una irrevocabile condanna?
Non voglio farti “il verso”, ma possibile tu non te ne renda conto?
Un abbraccio.
E’ l’assurdità del male che esige risposte concrete, introvabili al di fuori di Cristo. La nostra vita procede normalmente, occupati come siamo nella nostra ordinaria e dignitosa quotidianità. E’ quando un meccanismo d’improvviso si inceppa, che torna prepotentemente la domanda. Quando il nostro cuore è straziato per l’assurdità di un evento irrimediabile che ci coinvolge, senza quella risposta un’inferno si installa in noi e lentamente ci devasta.
O nella migliore delle ipotesi, quando si riesce, si rimuove…
Si ricaccia il “male”, il dolore, nel più profondo di noi stessi… si cerca di “dimenticare” o di allienarsi.
E piano piano il cuore si riempie di “buchi neri” (ma ne basterebbe uno), che se anche cerchiamo di spingere nella “galassia più lontana”, continuano ad esercitare la loro magnetica forza che tutto risucchia e quando ci trovassimo, per i casi della vita, nuovamente nella loro “orbita”… ci ritroveremmo punto daccapo.
Come il giorno di ieri che è passato.
@ Antonio Spinola.
«E’ l’assurdità del male che esige risposte concrete, introvabili al di fuori di Cristo … Quando il nostro cuore è straziato per l’assurdità di un evento irrimediabile che ci coinvolge, senza quella risposta un inferno si installa in noi e lentamente ci devasta».
E allora devo proprio pensare che soltanto quando la nostra ordinaria e dignitosa quotidianità s’inceppa e il nostro cuore è straziato da un evento drammatico e irrimediabile si sente forte il desiderio di avere fede in qualcosa per trovare il senso e le risposte agli inspiegabili “perché” dell’accaduto?
Ma se così fosse, non vale: troppo facile chiedere aiuto, quando si è disperati. E poi chiedere aiuto proprio a chi fino a ieri in modo convinto e deliberato si è deciso di ignorare, perché non ci ha convinti?
No, non va bene. In questo modo e lo dico in modo convinto, non si fa altro che barare, prendendo in giro se stessi.
Qualche giorno fa ho letto un articolo dedicato alle mancanze e agli errori dell’attuale società. Tra i tanti concetti espressi mi ha colpito questo breve passaggio: «… E oggi gli umili non hanno nemmeno più la fede che valorizzava l’esser povero, che dava un senso al sacrificarsi, al duro lavoro, che prometteva un compenso eterno all’abnegazione, la dignità della croce. Non c’è più un “perché” a quel che ti si rovescia addosso, la sofferenza non ha più senso. Il suicidio è ovviamente la via d’uscita accettabile».
E qui ci risiamo: di nuovo la fede in Dio serve soltanto a dare un significato alle privazioni, giustificare le sofferenze, spiegare i “perché” di quel che ti cade sulle spalle e che altrimenti rimarrebbe senza risposta?
Simone
Non è così Simone…
Ma ci torneremo, ora è un po’ tardino.
😉
Il male che ci coinvolge, quasi mai è un male che riguarda precisamente noi e il nostro vivere quotidiano. E’ uno squarcio che si apre spudoratamente sulla realtà e ci costringe a guardarla.
E ci pone una sola alternativa: immolarsi in difesa di un’immacolata coerenza rifiutando la mano tesa di Colui che ci ha dato la libertà di ignorarLo e pure di tradirLo, o liberarsi dal binario del proprio convinto e tranquillo ateismo (teorico o pratico che sia) aprendosi al rischio e alla fatica della conversione.
Pure la vita nascente che diventa rifiuto ospedaliero, quanto quella che invece abbiamo con gioia e tremore portato all’esistenza, ci pongono la domanda implicita del perché è stato fatto. E abbiamo un bel dirci che è stato un’atto d’amore… con un deficit di consenso.
Perché, o la vita – bella e tragica com’è – ha un fine che la trascende o non ne ha nessuno che ne valga la più piccola pena.