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Se sono vere le parole riportate dal giornale argentino Voz del Pueblo, la notizia da commentare non è tanto che Papa Francesco legge La Repubblica – aspetto che ha attirato l’attenzione dei più –, bensì la scarsa stima che nutre nei confronti del nostro giornalismo. Se si fa attenzione sempre nella stessa intervista, rilasciata al quotidiano di Tres Arroyos, città della provincia di Buenos Aires, il Santo Padre si è infatti lamentato, peraltro in modo forte e inequivocabile, della scarsa professionalità dei giornali italiani: «I mezzi di comunicazione prendono una parola qui e una di là e la tolgono dal contesto […] contro nemici del genere non puoi fare nulla».

Ora, dato che il Papa ha specificato che non legge anche il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ma esclusivamente quello – «Leggo solo un giornale, la Repubblica» – e poiché, da decenni, non guarda la televisione – «La televisione non la guardo dal 1990» -, è più che legittimo supporre che quando critica «i mezzi di comunicazione» che «prendono una parola qui e una di là e la tolgono dal contesto» arrivando a definirli «nemici» possa, in fondo, avere in mente anche (o proprio) la testata diretta da Ezio Mauro. Ma allora – ci si potrebbe chiedere – come mai legge proprio quel quotidiano? La risposta, anche qui, è nelle parole di Francesco: «E’ un giornale per il ceto medio».

Il Papa ha cioè dichiarato che Repubblica, ben lungi dall’essere sorgente elitaria di cultura, altro non è che il foglio dell’uomo medio: fossi in uno dei tanti intellettuali e professori che ci scrivono pensando d’essere i migliori non lo prenderei esattamente come un complimento. E’ quindi plausibile che il Papa consideri Repubblica lo strumento migliore, oltre che per informarsi – quel quotidiano ha tanti difetti, ma è oggettivamente curato e denso di notizie -, per farsi un’idea sul pensiero dei più. E qui, in effetti, si potrebbe obiettare sul fatto che il quotidiano di Scalfari e Mauro rispecchi bene le posizioni della maggioranza evidenziando il rischio che il Papa possa, a causa di questa lettura, incorrere in errori di valutazione.

Ma ancora una volta è il Santo Padre stesso ad allontanare quest’ipotesi specificando il tempo che dedica alla lettura di Repubblica: «Non ci metto più di dieci minuti». Ora, chiunque abbia dimestichezza con la lettura dei quotidiani sa bene che con un giornale, in al massimo dieci minuti, si possono materialmente fare solo due cose: sfogliarlo, prestando attenzione ai titoli degli articoli, e leggerne uno. Punto. Del resto, si è calcolato come, per leggere tutte le pagine del Il Corriere della Sera – testata del tutto simile a Repubblica -, ci vogliano cinque o sei ore. Anziché esultare o dispiacersi perché Papa Francesco legge quel quotidiano, sarebbe quindi il caso di commentare la sola vera notizia: il Santo Padre di fatto sfoglia Repubblica. E la critica.