Più aiuti economici e/o più asili nido? Si celerebbe in questo dilemma, secondo i più, la soluzione alla denatalità italiana. E’ positivo che si torni a parlare del problema – solo per questo, il premier Matteo Renzi meriterebbe d’essere ringraziato -, ma la questione, sia detto con rispetto, è un tantino più complessa. Analisi svolte ad esempio in Inghilterra hanno infatti rilevato come alla riduzione del numero dei nati, di fatto, concorra un variegato insieme di fattori quali il calo dei matrimoni celebrati, una maggiore accettazione sociale di uno stile di vita senza figli, una più estesa partecipazione femminile all’istruzione superiore alla quale, spesso, segue una ricerca di stabilità finanziaria che non di rado si realizza compiutamente quando, per un figlio, è biologicamente tardi o quasi (Cohort Fertility – «Office for National Statistics», 2012;1-18:5).
Né vanno taciute, in aggiunta anche al fenomeno dell’aborto procurato, le difficoltà di pianificare il proprio futuro e la tendenza femminile, talvolta, a sovrastimare la propria fertilità futura (Population: An English Selection, 1989; Vol.44(1):237-259). Attenzione: qui non si vuole affatto colpevolizzare la donna, ma solo confutare lo stereotipo secondo cui, con più aiuti – o più asili –, le culle oggi vuote tornerebbero magicamente a riempirsi. Magari. In Finlandia, per esempio, non solo è presente un welfare storicamente incensato dai media, ma dal 1938 alle donne in attesa di partorire arriva un “pacco neonatale” che contiene davvero di tutto (vestitini, copertina, un completino pesante, cuffiette, calzini, un set di lenzuola, uno per l’igiene del bambino completo di spazzolino da denti e forbicine per le unghie, materasso e bavaglino) e che, spesso, diventa pure la prima culla del bambino. Una cosa che, la promuovesse Renzi, verrebbe apostrofato come incallito natalista.
In effetti, con tre figli – tutti con la stessa moglie – l’ex sindaco di Firenze incarna una piacevole anomalia in un panorama assai ricco di divorziati e separati con al massimo uno o due figli. Ma torniamo alla Finlandia, dove al citato “pacco” segue un sistema, a partire dai frequentatissimi asili nido, indicato da tanti come esemplare. Eppure, nonostante tutto questo, anche laggiù la denatalità non solo esiste, ma peggiora: si è difatti passati dalle 10,8 nascite ogni 1.000 abitanti del 2001 alle 10,45 del 2006 fino alle 10,36 del 2012. L’Italia versa certamente in una situazione peggiore, ma se neanche in un Paese che tanto offre alle neomamme le culle si riempiono, urge una riflessione più seria. Ben vengano quindi aiuti ed asili nido, ma non ci s’illuda di sanare una questione culturale decennale – che oggi ha nella ricorrente stigmatizzazione della gravidanza il suo apice -, in questo modo. Sarebbe un sogno. La realtà, invece, è più complessa.
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