«Il diavolo è nei dettagli», recita un antico adagio attribuito allo storico dell’arte tedesco Aby Warburg (1866-1929), che pare amasse ripeterlo. Il disegno di legge sulla fine all’inevitabilità del cognome del padre e sulla conseguente facoltà di scelta dei genitori circa il cognome da attribuire al figlio, che il Parlamento italiano sta affrontando non senza divisioni, apparentemente è pura quisquilia, questione di dettagli. Non solo: chi la sostiene non esita, mosso da evidente entusiasmo, a definirla emblema di progresso, doveroso passo in avanti che l’Italia, per rimediare ad un non meglio precisato ritardo culturale, deve decidersi a compiere. Parrebbe dunque assurdo anche solo pensare di opporsi ad una simile proposta.
Ad un esame meno superficiale e libero dalla lucente patina dei diritti, che oggi rende automaticamente inattaccabile tutto ciò che avvolge, le cose si rivelano però non solo critiche, ma addirittura inscritte in quella esiziale de-strutturazione dell’istituto familiare che il Legislatore, orientato da un clima culturale favorevole, persegue ormai con sconcertante ed implacabile ostinazione. Del resto è stato apertamente riconosciuto come la proposta depositata in Parlamento – che ne riprende altre, prima fra tutte quella francese, sbocco della «liberazione femminista e liberale» [1] -, se approvata, avrà sicuro impatto «nell’evoluzione di una visione nuova e diversa della famiglia» [2].
Ora, l’assunzione del cognome paterno, pur prevista dall’articolo 262 del Codice civile, non è già più prescrizione inderogabile alla luce della dichiarata non autorizzazione alla stessa in caso di pregiudizio per il minore (si pensi al caso della cattiva reputazione del padre) o allorquando «il minore» avesse già «maturato una precisa, infungibile identità individuale e sociale per il fatto di essere riconosciuto col cognome della madre nella cerchia sociale in seno alla quale è vissuto» [3]. Ma la proposta di legge delle depositata in Parlamento a firma della filosofa Michela Marzano mira ad andare oltre e non solo prevede espressamente l’accostamento del cognome materno a quello paterno, ma introduce ab origine – questo è il punto – la possibile estromissione del cognome paterno.
«Cosa resta ai padri, già privati della patria potestà, se togli loro anche la possibilità di dare il cognome ai figli? Perché un uomo dovrebbe ancora contribuire alla riproduzione? Per la gioia di versare assegni di mantenimento?», ha osservato lo scrittore Camillo Langone [4], riflettendo sulle conseguenze di questa possibile modifica legislativa e mettendo efficacemente in luce l’effetto per nulla paritario bensì apertamente discriminatorio – ai danni del padre – che verrebbe a concretizzarsi ponendo fine all’inevitabilità dell’assegnazione cognome paterno. «La legge sul doppio cognome è una legge di civiltà ed è anche una legge banale, se posso dirlo, perché riprende leggi che ci sono in Francia, appunto, in Spagna, in Germania, in Inghilterra» [5], ha sottolineato la sua già citata proponente.
Tuttavia il suo argomentare, pur scorrevole, risulta palesemente debole, quando non del tutto fallace. Anzitutto perché laddove vige l’osannato regime del doppio cognome esso – anche se l’on. Marzano non lo spiega – risulta spesso basato su una tradizione radicata e del tutto assente nel nostro Paese, in secondo luogo perché il disegno di legge di cui si sta trattando, lasciando massima discrezionalità alla coppia in fatto di attribuzione del cognome, non esclude la possibilità – a dir poco gravissima – che nel medesimo nucleo familiare figli degli stessi genitori possano ritrovarsi con cognomi differenti, scenario che sarebbe profondamente lesivo dell’interesse del minore, che a detta di autorevoli commentatori addirittura sarebbe da considerarsi quale «unico criterio di riferimento» [6].
Senza dimenticare che appare retorico e approssimativo un argomentare che rimandi agli ordinamenti esteri lasciando intendere come le scelte di questi siano, ove simili, certamente buone. E se fosse la scelta del doppio cognome ad avere risvolti critici? Perché trascurare in toto l’ipotesi? E ancora: se davvero s’intende prodigarsi contro le discriminazioni ai danni delle donne italiane, non vi sarebbero altri e più urgenti fronti da considerare, primo fra tutti quello della maternità, che da un lato diviene sovente occasione d’incompatibilità col posto di lavoro e, dall’altro, la stessa legge – rendendo gratuito l’aborto senza però mettere a disposizione aiuti concreti alle donne che non vogliono abortire – sembra avversare? Con queste priorità, ben prima di qualsivoglia discettazione sull’attribuzione del cognome, sarebbe opportuno confrontarsi.
Note: [1] Mottola M.R. Il diritto al nome, Giuffré, Milano 2012 p. 26; [2] Molteni N. in Preite L. Cognome materno, balletto infinito. Slitta ancora la legge della discordia. «LaStampa.it», 17/7/2014; [3] Cass. 26.5.2006, n. 12641 «Dir. Fam» 2006,4; [4] Langone C. Preghiera, 19 Luglio 2014: «IlFoglio.it»; [5] Marzano M. in Sappino L. Il Pd blocca la legge sul doppio cognome. «Espresso.repubblica.it»,17/7/2014; [6] Tramontano L. (a cura di) Codice Civile spiegato, Casa Editrice La Tribuna, Piacenza 2014, p. 263.
Mercuriade ha detto:
Mah, io non darei tutta questa importanza al fatto. D’altronde non è da sempre che i figli ricevono il cognome del padre. Ad esempio, negli atti del processo contro Giovanna d’Arco, lei ad un certo punto dichiara che nel suo paesino, Domremy, i maschi prendevano il cognome del padre, le femmine quello della madre.
giulianoguzzo ha detto:
Tradizioni diverse si sono infatti affermate e radicate, a proposito dell’assegnazione del cognome. Ma il fatto che voglia essere introdotta in Italia questa novità (per noi) assoluta, per di più spacciata come inevitabile progresso civile credo dovrebbe farci stare quanto meno vigili. Staremo a vedere.
Michele ha detto:
Il progetto rientra nel piano generale di distruzione del concetto stesso di famiglia. Con questa eventuale legge si potranno avere non solo figli che portano il cognome della madre invece che il cognome del padre, ma anche figli che portano il cognome del padre invece che quello della madre, cioè fratelli e sorelle di cognome diverso…una baraonda. Ma il fine, come insegna Machiavelli, giustifica i mezzi.
Augsuto ha detto:
Concordo se si vuole favorire la famiglia ed figli non sarà certo un cognome in più o meno, ma la possibilità di avere un inserimento lavorativo e una stabilità per i genitori. Questo è importante per la possibilità che un figlio non sia solo un calcolo economico (che ci può comunque stare per agire in modo responsabile). E questo non per caccia alle streghe cattoliche ma per una legge che, non solo già c’è, ma che dovrebbe essere ispirazione per le altre, l’art.31 della costituzione:
” La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.”
Serena ha detto:
Perché avere cognomi diversi dovrebbe ledere l’interesse del minore? Qui in Canada c’è assoluta libertà nella scelta del cognome, non solo rispetto alla scelta tra quello di un genitore, dell’altro o di entrambi, ma addirittura la possibilità di scegliere un cognome del tutto inventato (ad esempio un mix dei due cognomi). Una mia amica e suo marito hanno deciso, ad esempio, che i figli maschi avranno il cognome di lui, le figlie femmine di lei. E quando le ho raccontato che in Italia i conservatori hanno affossato la legge sul doppio cognome mi ha risposto “Italy, right?” con un alzata di spalle, a significare che la nostra fama di paese retrogrado e familista è arrivata anche oltreoceano.
giulianoguzzo ha detto:
I pericoli del doppio cognome ho cercato di evidenziarli nell’articolo. Se sollevare una critica contro il dio Progresso è peccato, sopporterei questa prova senza particolare difficoltà. Ne vale la pena.
ennedineve ha detto:
Io sono sempre molto favorevole alle critiche, quando sono argomentate, e questa non lo è, per questo ho chiesto spiegazioni. Cito la frase a cui faccio riferimento: ” non esclude la possibilità – a dir poco gravissima – che nel medesimo nucleo familiare figli degli stessi genitori possano ritrovarsi con cognomi differenti, scenario che sarebbe profondamente lesivo dell’interesse del minore”. Ora, non mi è chiaro come avere cognomi differenti possa essere lesivo, “gravissimo” addirittura. Io, come quasi tutti i figli e tutte le figlie di coppie italiane, ho un cognome diverso da mia madre, ma questa cosa non ha mai costituito un problema, come immagino non sarebbe se avessi lo stesso cognome di mia madre e uno diverso da mio padre. Insomma, non vedo proprio dove sarebbe il problema.
giulianoguzzo ha detto:
Avere un cognome diverso dalla madre è un conto, che due figli della STESSA famiglia ritrovarsi cognomi diversi a me pare allucinante e conforme ad una logica distruttiva della famiglia in tempi nei quali la famiglia, com’è noto, se la passa già maluccio Se a Lei tutto questo non sembra grave o magari – che so – Le pare bello ed allegro, non posso che invidiarLe tanta tranquillità. Grazie ancora per l’attenzione.
ennedineve ha detto:
Che Le parga allucinante l’ho capito, ma saprebbe spiegarmi perché? Dove vivo io (in Canada) la gente si sposa molto più giovane e fa molti più figli (le famiglie con 3-4 figli non sono affatto una rarità) che in Italia, eppure c’è totale libertà nello scegliere il cognome per i figli. Non capisco quindi in base a quale principio avere un cognome diverso potrebbe distruggere una famiglia. Dubito che Lei voglia sostenere che l’affetto e il senso di attaccamento verso la propria madre sia in qualche modo ostacolato dal fatto di avere un cognome diverso, o sbaglio? Quindi esattamente dove starebbe la differenza se il cognome diverso fosse quello del padre (quello che Lei addirittura definisce una “guerra contro il padre”, senza però definire, per motivi a me oscuri, “guerra contro la madre” il fatto di assumere solo il cognome paterno)?
Mi sembra che questa “critica al dio progresso” sia più che altro una battaglia ideologica che si oppone all’abolizione di consuetudini ormai superate da un pezzo (in questo caso il fatto che l’uomo sia l’unico titolare di proprietà – figli inclusi).
giulianoguzzo ha detto:
Ci saranno anche famiglie con tre o quattro bambini, ma di fatto in Canada il tasso di natalità – con 10,28 nascite ogni 1.000 persone – non è di chissà quanto superiore a quello italiano (9,06 nascite) e, soprattutto, non sfugge all’inverno demografico occidentale. Ma al di là di questo, non penso che il doppio cognome affosserà “la” famiglia (ci ha pensato il divorzio, del resto, a fare molto di questo lavoro), ma semplicemente vi contribuirà ulteriormente; in che modo, ho cercato di spiegarlo nell’articolo. A molti è parso chiaro, se a Lei le ragioni non sembrano convincenti, me ne farò una ragione. Grazie ancora dell’attenzione. Saluti.