Amo Trento e adoro il suo silenzio. La notte, salvo il fugace passaggio di qualche taxi, la città perde infatti ogni rumore e si riempie di bellezza. Il centro storico diviene elegante come una nobildonna e spazioso come un luogo dove passeggiare in compagnia di stupore, pensieri, a volte di sogni. Chi per esempio avesse avuto la fortuna di ammirare Piazza Duomo deserta e innevata, sa bene a cosa alludo, a quale meraviglia e a quale insuperabile incanto.
Detto questo – e precisato che se qualcuno stravede per Trento silenziosa, quel qualcuno sono io –, non si può non denunciare l’atteggiamento persecutorio col quale da tempo si mira ad eliminare tutti i ritrovi serali per giovani e studenti: bar e caffè limitati negli orari e locali costretti a chiudere, ormai, non si contano più. Col paradosso per cui i danari dei giovani vanno benissimo finché vanno ad onorare contratti di locazione, a pagare rette universitarie, caffè, pizze e palestre, ma divengono un problema dopo le 21, orario nel quale scatta una sorta di coprifuoco.
Al punto che gli stessi Amministratori comunali, probabilmente senza comprendere la gravità delle loro dichiarazioni, ormai non si vergognano di dire che in fondo, la sera, loro i giovani li vedrebbero bene in periferia, lontano, magari stipati in qualche remota baita. Così – è il ragionamento di questi cervelloni prestati alla politica – Trento può continuare a dormire. Ebbene, non credo ci voglia molto a comprendere l’idiozia di un simile approccio; a capire che la via di mezzo tra una città deturpata dalla movida e un cimitero, se si vuole, è possibile. E, soprattutto, a vedere che #trentoègiovane.
Durante gli studi (vivo a Bologna)sono diventata molto amica di un ragazzo di Trento che diceva appunto che Trento è bella fin che sei bimbo e poi anziano perchè tutto è comodo preciso tranquillo. Poi una mia amica è venuta a studiare a Trento e dopo un anno di fuori sede ha deciso che tutti i venerdì sarebbe tornata a casa perchè si era rotta che l’unica possibilità del sabato sera e o feste fosse stare in una baita ad ubriacarsi. Come dice lei credo che una via di mezzo donerebbe una nuova vita alla città.
Grazie per il commento Elena 🙂
Ho mia sorella e la sua famiglia a Trento. I miei nipoti non si sono mai lamentati di non trovare locali notturni nella loro città. Amano le baite, ma non si ubriacano. La baita non è sinonimo di ubriacatura, mentre il locale in città no
Non conosco la realtà di Trento ma trattasi di un problema di giovani in quella città ovvero un problema dei giovani oggi, in tutte le città, sono loro che creano problemi alla comunità cittadina con la loro la maleducazione. Il non rispetto per l’altro diversamente considerato, perché non più giovane e non la pensa come loro, non riconoscendo i giovani d’oggi quei valori idonei per una civile convivenza sociale. Se i giovani fossero più educati e più silenti nei loro raduni, ci sarebbe un’ atmosfera più tranquilla nella città, non ci sarebbe necessità di protestare per nessun motivo.
Giuliano Guzzo, commentare per commentare non ci vuole molto, ma come fa Elena a farsi portavoce di un trentino che si lamenta dell’ordine della sua città, quindi non adatta ai giovani bensì ai bambini e agli anziani?! Cosa vuole dire questo suo compagno universitario, che Trento dovrebbe “disordinarsi” un po’, creando quelle situazioni di baldoria e musiche notturne, che altre città vorrebbero invece “riordinare”, arginare? Se questo ragazzo e i suoi coetanei rifiutano la baita perché sinonimo di ubriacatura, mettono il sospetto che la loro idea di divertimento non è certamente migliore; diversificata, forse, ma ugualmente trasgressiva, fuori dalle regole del buon gusto.
Gabriella Tescaro, siamo omonime, e ho il piacere di condividere con te anche il pensiero. Ho mia sorella a Trento e i suoi ragazzi non si sono mai ubriacati né in cittá, né nelle baite. Uno è quello che vuole essere. Andare ad ubriacarsi in baita è certamente più impegnativo per chi volesse ubriacarsi senza fare tanta strada…