«Life will always be difficult. Why make it more difficult?». Questo si chiede il professor Julian Savulescu dinnanzi all’ipotesi che dei genitori possano accettare di avere dei figli non perfettamente sani: la vita sarà comunque difficile – è il suo ragionamento – perché complicarla mettendo al mondo bambini problematici, con disabilità o altri difetti? «I do think we have an obligation to try to have healthier children», dovremmo avere l’obbligo di avere figli sani [1].
Ora, è chiaro che se la filosofia di Savulescu prende piede le cose si mettono male. E il punto è che il rischio è già assai concreto se si considera quanto prossimi già sono il rassicurante «to prevent disability» [2] ed il luciferino «to prevent disabled». Basti pensare a quello che accade nella civile Inghilterra dove il prestigioso Royal College of Obstetricians and Gynaecology, non più tardi di qualche anno fa, ha lanciato un appello a dir poco inquietante («Let us kill disabled babies» [3]) e dove la percentuale delle coppie che ricorrono all’aborto dopo aver appreso di attendere un figlio Down è pari al 92% [4].
Viene così il dubbio che Savulescu, tutto sommato, sia un interprete del suo tempo. Ma soprattutto viene il dubbio, ancora peggiore, che abbia ragione. E cioè che in un mondo che ha scelto di fare a meno di Dio, che ha bandito la verità ed ha miniaturizzato i valori nelle singole coscienze – tieniti la tua idea, grazie, che io ho già la mia – non ci sia posto per bambini che, con le loro “imperfezioni”, non rispondano a precisi canoni. In questo senso, la deriva eugenetica si pone come ribaltamento stesso della genitorialità: il figlio non è più un dono, ma una pretesa specifica; non è più amato per chi è, ma per come è.
Il punto è che di queste tendenze – già diffuse in alcuni Paesi, soprattutto di cultura anglosassone – non ci si cura più di tanto. Di qui il dubbio, accennato poc’anzi, che il professor Savulescu in fondo abbia ragione. E che i genitori che accettano di farsi carico di un figlio con gravi disabilità siano dei folli. C’è però un’altra possibilità. E cioè che i folli, in realtà, siamo tutti noi. Noi che non sappiamo più distinguere la bellezza della vita dalla sua presunta perfezione, che confondiamo i sentimenti con la soddisfazione, che ci soffermiamo su chi siamo senza pensare a chi, aprendoci del tutto alla realtà, potremmo diventare.
A questo proposito, la miglior risposta a Savulescu e alla nostra paura dei bambini “imperfetti” rimane forse quella delle pagine di Nati due volte, romanzo di Giuseppe Pontiggia (1934-2003) – a sua volta genitore di un disabile – nel quale si riferisce il commovente colloquio avuto dallo stesso Pontiggia con un medico, il quale, a proposito dei bambini handicappati, afferma: «Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita».
[1] http://www.sbs.com.au/insight/episode/transcript/505/Designing-Babies;[2] Cfr. M.H. –Forbes K.L. – Findlay I. (2001) Eugenics or empowered choice? Community issues arising from prenatal testing. «Australian and New Zealand Journal of Obstetrics and Gynaecology» ;42(1):10-4;[3] http://www.standfirminfaith.com/?/sf/page/1420; [4] Cfr. Baklinski T.M. UK Down Syndrome Pregnancies Rise Sharply – 92% End In Abortion. http://www.lifesitenews.com/news/archive/ldn/2009/nov/09110905
Al corso di genetica, il professore ci consigliò la visione del film “Gattaca” che, sebbene un po’ datato, propone alcune riflessioni in ambito di eugenetica.
Da un lato, nessuno potrebbe dire che “siamo felici e contenti di mettere al mondo bambini ammalati in partenza” (!) e pertanto personalmente non trovo moralmente sbagliata la scelta, da parte di una coppia consapevole di essere portatrice di patologia, di astenersi dall’avere figli. Astenersi in modo volontario, intendo.
Mi spiego meglio: se la signora XX sa di essere portatrice di un gene malato che potrebbe essere trasmesso alla sua prole, e suo marito XY scopre di esserne anche lui portatore, allora il genetista medico dirà: – Cari signori, guardate che avete una buona probabilità di concepire un embrione disastrato: vedete voi se è il caso di rischiare -.
Allora, se questa coppia non è disposta ad accogliere tale eventualità, piuttosto che poi il tutto vada a finire in tragedia, meglio optare per altre alternative di maternità, per esempio, l’adozione, dato che i bambini in difficoltà da aiutare non mancano di certo, magari sani e belli, ma sfortunati per altri motivi.
L’alternativa è la fecondazione eterologa, e anche qui, secondo me non è tanto i problema se lo sperma che andrà a fecondare l’ovulo della signora XX è di un altro uomo (un bambino è sempre un bambino no?) ma il problema è che forse si feconderanno più ovuli, si produrranno più zigoti e poi si farà selezione di embrioni, scartando quelli malati e impiantando quello sano, o due sani.
L’ostetrica del mio ospedale di zona dice: – Mah, bisognerebbe capire se l’embrione è o non è un’entità… come lo vogliamo considerare, signora? -.
Come lo vogliamo considerare?!
Ma siamo noi che possiamo decidere o l’embrione è un’entità (una persona, casomai, più che un’entità) in sé e per sé?!
E già qui il problema è persino filosofico, giuridico, spirituale, umano ancor prima che scientifico, medico, genetico.
Ciò è lasciato all’arbitrio individuale: se io in conscienza ritengo che un embrione sia una persona, anche se portatore di patologia, allora l’essenza di tale selezione rimane quella dell’omicidio, come per l’aborto volontario.
Se invece ritengo che l’embrione non sia ancora persona, rimane comunque il fatto che lo diventerà, per quanto malato, cerebroleso, con uno stato di coscienza informe o frammentato…
…lo scienziato in questione (ma non è mica il solo!) ha pure lui una coscienza e non è un perverso, semplicemente, pensa di rendere un servizio all’umanità proponendo di sopprimere embrioni malati.
La discriminazione è sua base “di salute”, quindi il criterio di selezione non è il sesso, non è il colore della pelle o degli occhi (ci mancherebbe che si arrivasse a questo, all’ideale ariano, che poi neanche esiste come non esiste uno standard di razza in questi termini) ma è lo stato di salute.
Dai, diciamolo che “i malati ci fanno alquanto schifo”, io non ho ipocrisia e non ho peli sulla lingua, nel senso che se c’è qualcosa da ammettere lo ammetto.
Certo, ovvio che “i malati mi fanno schifo”, nessuna persona sana di mente potrebbe rimanere affascinata dalla patologia, dalla deficienza (uso questa parole nel termine medico, non come insulto) sia essa in ambito fisico che mentale.
Ovviamente ho sbagliato a scrivere “i malati fanno schifo”, piuttosto “fa schifo la malattia”. Non le persone.
Ma la provocazione lasciatemela, perché non riusciamo in realtà a separare il concetto di Persona dal fatto che tale persona, proprio quella, sia anche una persona con una malattia (agghiacciante malattia, terribile malattia).
Ecco che allora, inconsciamente, non ce la facciamo a dire: – Questa malattia mi fa venire i brividi, ma amerò la persona che ne è affetta -.
Perché guardate che la paura è paura…anche se non tocca noi personalmente…
Io non giudico il professore, ma ritengo discutibili le sue idee. Lui, il medico, lo scienziato, è probabilmente in buona fede e la sua coscienza può essere più limpida della mia, ma il professore semplicemente non sta prendendo in considerazione altre istanze.
Ovvio che un mondo che “nega o comunque respinge Dio, oppure se non l’idea di Dio almeno certi aspetti forse etici che il Suo Amore propone” si troverà in balia non dico di “forse diaboliche” per forza di cose, ma anche solo rimanendo in ambito solo naturale, di istinti e pulsioni naturali.
Diversi animali, pur mettendo al mondo tutta i cuccioli, poi scartano quelli malati dedicandosi ai sani. Non dico che uccidono i cuccioli ammalati ma non se ne curano più, al fine di dedicare la loro energia ai cuccioli sani, i quali hanno più possibilità di sopravvivere, diventare adulti e procreare, continuando la specie.
Gli animali seguono leggi di natura e lo scopo è quello di mantenere e continuare la specie, migliorandola se possibile.
Anche noi, nella nostra natura materica, fisica, animale, siamo soggetti alle leggi di natura, compresa quella inevitabile che è la morte del corpo fisico.
Ma se noi crediamo che non siamo soltanto terrestri, soltanto animali, ma anche spirituali (doppia natura quindi per noi umani), che siamo Anime oltre che corpi, allora non possiamo limitarci a seguire leggi naturali. Non sto dicendo che dobbiamo stravolgere, perché sarebbe una follia farlo, ma laddove si tratta di prendere in considerazione la Persona come Anima e Corpo, allora le leggi naturali vanno superate, non prevaricate stoltamente, ma superate, da quelle soprannaturali, che ineriscono lo spirito e non la materia.
Se un embrione è già Anima oltre che corpo, sia o non sia esso ammalato nel corpo, allora si pongono le questioni etiche.
Se una persona affetta da deficit cognitivo (handicappato mentale) congenito o acquisito è ancora un’Anima integra nonostante le terribili deficienze del corpo in cui è temporaneamente infusa, allora sopprimere quell’individuo equivale a privare quello spirito, quell’Anima, del mezzo di cui dispone per la sua esperienza terrena…esperienza che secondo la logica del mondo è priva di valore in quanto il corpo è “decisamente troppo compromesso nella sua integrità”, ma la logica del mondo terreno non sempre è in linea con quella di ben altre e più elevati dimensioni e della più elevate, suprema Mente che le ordina.
Allora vedete che, al di là di quanto il medico, in buona fede, propone per quanto concerne l’uso della scienza naturale, ci sono le istanze relative alla doppia natura umana, che è anche spirituale, che è anche soprannaturale.
Ma se il mondo non vuole credere, allora cosa pensate che prevarrà di tutto questo? Speriamo ci voglia prima o poi credere almeno il suddetto professore dal volto simpatico e sorridente della foto…
P.S. Sono alquanto perplessa tuttavia dal fatto che un medico come quello dell’articolo affermi che “noi tutti abbiamo il dovere di mettere al mondo figli più sani”. E NON dice (il che mi rende perplessa) che quello che il più delle volte concorre a mantenere lo stato di salute e a trasmetterlo ai propri figli non è il corredo genetico da solo ma è lo stile di vita.
Io possono anche avere una buona genetica, ma se il mio stile di vita non è sano (se per esempio mi metto a fumare, a bere, vado in sovrappeso, respiro aria inquinata o con agenti cancerogeni, mi sottopongo a radiazioni etc.) probabilmente io mi ammalerò ma c’è il rischio che avvengano mutazioni anche nei miei gameti (le cellule uovo per le donne, gli spermatozoi per gli uomini) e quindi a farne i conti sarà la mia prole.
Gli studi dimostrano che, salvo il caso di patologia genetica dominante, quindi sicuramente espressa, per tutto il resto dei casi a fare la vera differenza in termini di salute psicofisica di una persona è lo stile di vita, quindi il vasto range dei fattori ambientali, come la persona vive, in che tipo di ambiente, l’alimentazione, lo stress, il clima, l’attività fisica, la purezza dell’aria e dell’acqua, il sonno, le relazioni umane, la vita sessuale ecc.
Mi pare strano che uno scienziato non ci tenga a farlo notare, perché in ambito di salute è assurdo NON fare l’educazione sanitaria agli individui, tanto più a quelli che intendono procreare.
Ci preoccupiamo del nostro genotipo e fenotipo e quindi di quello dei nostri figli, e NON ci preoccupiamo di come stiamo vivendo ADESSO?
I casi di cancro in Italia sono in aumento, per molti di essi la causa è riscontrabile nello stile di vita della persona prima che nella sua genetica, prima che in fattori di tipo virale.
Le mutazioni poi avvengono anche in modo spontaneo per cui anche una persona con un buon corredo genetico può andare in contro a mutazioni, sia a motivo dell’ambiente che per eziologia virale o altre cause.
Ecco che anche una persona “geneticamente perfetta” poi nel corso della sua vita non è detto che rimanga tale, anzi…
…avremo bambini più sani se il nostro stile di vita diventerà più sano, che strano che questo scienziato non si batta su questo fronte, della consapevolezza, dell’amorevolezza, dell’educazione alla salute e allo stile di vita sano e psicologicamente felice.