Ci sono notizie infinitamente grandi – per straordinarietà e, soprattutto, per gravità – anche se riguardano l’infinitamente piccolo, anzi proprio per quello. E’ il caso dell’avvenuta autorizzazione, da parte del Regno Unito, alla prima manipolazione embrioni umani per scopi scientifici. Il nullaosta – annunciato nei giorni scorsi dalla Human Fertilisation and Embryology Authority (Hfea), l’ente britannico responsabile degli studi sulla fertilità e sugli embrioni – consentirà ai ricercatori del Francis Crick Institute di Londra di utilizzare, nei prossimi mesi, la tecnica Crispr-Cas9, che prende in esame i geni ‘malati’ nel Dna con l’obiettivo di neutralizzarli. Solo la Cina, lo scorso anno, aveva già battuto questa frontiera che adesso è anche europea e che, tanto per cambiare, da molti è stata subito salutata come positiva, per i possibili miglioramenti che potrebbe apportare rispetto ai problemi di infertilità e agli aborti naturali.
Ora, di fronte a tanto progresso e a tanto trionfalismo preventivo verrebbe davvero da esultare se non ci fosse un piccolo problema. Anzi, il più piccolo di tutti i problemi che però – anche in questo caso – è al tempo stesso il problema dei problemi: l’embrione. E’ impossibile infatti accogliere la notizia della manipolazione embrioni umani per scopi scientifici senza considerare che ne abbiamo sentito e ne sentiremo sempre più parlare – è dello scorso novembre la notizia di un summit, a Washington, tra accademie internazionali sul futuro dell’«editing genetico», tecnica che consente di alterare il «codice della vita» – e, soprattutto, senza farsi cogliere dal peso di un dilemma etico di prima grandezza, che è questo: è giusto sacrificare degli embrioni al fine di renderne migliori altri? A prima vista banalizzante, in realtà questo quesito non solo è attuale ma individua pienamente il cuore del problema.
Cuore del problema che riguarda la natura della risposta affermativa a questo tipo di quesiti. Infatti nella misura in cui uno Stato ammette la manipolazione embrionale, oltre ad approvare una tecnica, ribadisce una tesi fortissima: quella secondo cui l’embrione umano non è persona. Nel Regno Unito questo tipo di convinzione è radicata da decenni – almeno da quando, all’interno del Warnock Committee, trovò spazio “la teoria del pre-embrione”, secondo cui nei primi giorni dalla fecondazione si svilupperebbe del materiale biologico non meritevole di particolari tutele -, ma nonostante il tempo trascorso, solo una imbarazzante dose di superficialità può far escludere ogni dubbio circa la possibilità identità personale dell’embrione. Anche perché non occorre essere cattolici e neppure credenti per capire che a partire dalla penetrazione spermatica dell’ovocita si è in presenza di vita umana.
Basta infatti leggersi quanto scrive Scott. F. Gilbert, autore di Biologia dello sviluppo, testo che fa indiscutibilmente da riferimento nella materia e il cui settimo capitolo s’apre con le seguenti parole: «La fertilizzazione è il processo mediante il quale due cellule sessuali (i gameti) si fondono insieme per creare un nuovo individuo con un corredo genetico derivato da entrambi i genitori» (Developmental Biology, 2000). Ora, se si considera che ad analoghe conclusioni sono giunti altri autorevolissimi studiosi – da Kalthoff a Yanagimachi – e se si riflette sul fatto che ogni distinzione, con riferimento allo statuto dell’embrione, fra essere umano e persona, non risponde ad alcun criterio logico ma solo a scelte arbitrarie e convenzionali, si può ben comprendere quanto la manipolazione embrioni umani, ancorché per finalità scientifiche, porti con sé un carico di drammaticità immenso.
Se infatti non è ammesso utilizzare gli esseri umani come cavie per nessuna ragione – e sappiamo che gli embrioni sono certamente esseri umani -, com’è possibile interpretare queste notizie che ci giungono dal Regno Unito se non come l’ennesimo tentativo di piegare l’etica alla convenienza, il principio al profitto, la verità al vantaggio? E se cose stanno così, come tacere? Come non avvertire, da uomini prima che da cattolici, la necessità di gridare all’orrore? Certo, l’embrione – si sa – è qualcuno di infinitamente piccolo. Non protesterà mai, sia che gli tocchi la manipolazione sia che sia destinato alla definitiva distruzione; né alcuno avvisterà mai un embrione bussare furiosamente al Francis Crick Institute di Londra per chiedere a quei signori, il cui camice bianco sarà sempre più abito talare da sommi sacerdoti del Progresso, se sanno quello che stanno facendo. Eppure, nonostante tutto, quello è un figlio.
(“La Croce”, 2.2.2016, p.2).
giulianoguzzo.com
Bariom ha detto:
Suggerirei per il titolo un più appropriato “Ma quello è un Uomo”
Serena ha detto:
Anche negli Stati Uniti si sta procedendo in questa direzione… L’uomo che distrugge se stesso è un grande mistero, i gorilla ricevono più rispetto http://www.tempi.it/la-spagna-vieta-la-sperimentazione-e-laborto-per-i-gorilla-ma-non-per-i-bambini-e-gli-embrioni-umani#.VrRheNLhDcs
Max ha detto:
Nel campo bioetico, mi sembra che l’unica cosa positiva che fanno in Regno Unito sia respingere le leggi sull’eutanasia. Quasi tutto il resto e’ un disastro. A volte mi pare che le leggi che riguardano embrioni, da queste parti, li considerino poco piu’ che cellule epiteliali con cui si puo’ fare quello che vuole. Temevo che l’HFEA avrebbe dato l’autorizzazione, ed infatti….
tachimio ha detto:
Mia cara Paola sono rimasta sconvolta quando è stata data questa notizia che mi pare si sia diffusa tra l’indifferenza generale. Oggi notizie simili sembrano non interessare.e ciò lo trovo molto preoccupante.Si è presi solo dal fare i conti di quanti bambini muoiono nel mar Mediterraneo, senza peraltro nemmeno lì cercando soluzioni vere, e una notizia di tale gravità si tace. Non mi piace questo mondo, non mi piace davvero. Un abbraccio. Isabella