Riguardando le celebrate immagini degli studenti del liceo di Monza, che, indossando gonne, hanno manifestato «contro la sessualizzazione del corpo», «la mascolinità tossica» e «la parità di genere», mi sono reso conto che c’è una notizia urgente, anzi urgentissima che a costoro meriterebbe d’essere data.

Infatti, anche sorvolando su certe sciocchezze (che significa esser «contro la sessualizzazione del corpo»? Il corpo è sessuato, in ogni cellula), c’è un aggiornamento che urge condividere non solo coi liceali in gonna, ma anche con tutti che con essi simpatizzano: oggi la priorità non è la parità, ma l’esistenza del genere.

Si va instaurando a più livelli – istituzionale in primis -, il pensiero secondo cui il genere e, in definitiva, lo stesso sesso biologico non esiste. Tutto sarebbe un costrutto. Le oltre 6.000 differenze fisiche tra maschio e femmina sarebbero marginali e senza alcuna ricaduta sul piano attitudinale, comportamentale, psicologico.

Ecco che allora le donne diventano «corpi con vagine» (Lancet dixit) e gli uomini, al massimo, simpatici donatori di sperma. Ecco che una filosofa lesbica e femminista come Kathleen Stock è stata da poco costretta – a suon di minacce – a lasciare la sua università, quella del Sussex, perché convinta che il sesso biologico conti.

Ecco, insomma, qual è la vera battaglia. E spiace che tanti anche giovani si spendano per la parità di genere, che è un tema giusto (a proposito, perché non usare la parola «uguaglianza»? Troppo vintage?), ma drammaticamente superato dagli eventi. In effetti, che senso avrebbe poter garantire pieni diritti a donne che, poi, non possono più neppure essere chiamate tali? Sveglia.

Giuliano Guzzo

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