Era matematico che si manifestassero: nipotini di quelli divorzisti e abortisti, figli legittimi di quelli pro fecondazione extracorporea e pro unioni civili, ecco i cattolici sostenitori del ddl Zan. Si tratta, nello specifico, dei giovani dell’Azione Cattolica di Castel di Lucio, i quali, per non lasciar spazio a dubbi circa la loro posizione, hanno pensato bene non solo di farsi immortalare con le mani pitturate con la nota scritta, ma anche di rafforzare l’iniziativa spiegando che l’omobitransfobia sarebbe un «peccato contro i precetti evangelici». E poi dicono che la Chiesa è rimasta indietro: devono ancora aggiornare il Codice penale, ma il Catechismo qualcuno l’ha già modificato…

Battute a parte, è evidente che il problema, qui, non son quei giovani siciliani; e non è neppure il responsabile della loro formazione, con cui pure sarebbe bello scambiare due parole. No, qui il problema è un certo mondo cattolico che, ormai da anni, commette tre errori fra loro drammaticamente concatenati. Il primo è quello di trascurare la formazione e lo studio. Dopo che Arcilesbica, fior di femministe e persino personalità gay hanno espresso pesanti riserve sul ddl Zan, che dei giovani di parrocchia lo sostengano significa solo una cosa: che non l’hanno letto né, tanto meno, hanno riflettuto sulle sue conseguenze. E ciò, lo si ripete, è anzitutto frutto d’una preparazione scarsa, per non dire inconsistente.

Tale errore, a sua volta, è espressione di un più grande abbaglio che purtroppo ha attecchito da anni anche in ambito teologico e, addolora dirlo, tra lo stesso clero. Il riferimento, qui, è ad un presunto conflitto tra dottrina e pastorale o, se si preferisce, tra verità e misericordia. Sta cioè sempre più passando l’idea che il rigore dottrinale sia l’antitesi alla fraternità. Ritieni fondamentale l’antropologia cristiana, e le conseguenze in fatto di etica e morale sessuale? Eh, allora vuol dire che sei scollegato dalla realtà, che te ne stai sulla tua bella torretta d’avorio, che non vedi «le ferite». Triste a dirsi, ormai si ragiona davvero così. La cosa è molto avvilente perché dimostra la non conoscenza di due aspetti.

Il primo aspetto è quello della misericordia cristiana. Magari a Castel di Lucio han dei vangeli diversi, ma in quelli a noi noti l’abbraccio misericordioso del Signore è sempre – sempre – vincolato all’impegno a non commettere più gli stessi peccati, come prova anche il famoso episodio dell’adultera: «Gesù allora le disse: “Neppure io ti condanno; va’ e non peccare più”» (Giovanni 8,11). Dunque ciò che il Cristianesimo propone non è una deroga all’adulterio, alla pratica omosessuale o ad altri peccati. Tutt’altro: è la possibilità di salvarsi previo incontro con la Verità. Il secondo aspetto non colto da chi vede scontro tra verità e misericordia è quindi il fatto che la seconda è sempre vincolata alla prima, pena la degenerazione in buonismo.

Il terzo errore che da tempo domina del mondo cattolico, e senza il quale non si spiegano certe sbandate, è la mancanza di coraggio. Abbiamo oggi pastori, anche ad alti livelli, che spiegano come secondo loro il ddl Zan «andrebbe migliorato». Ora, queste parole vanno benissimo se le dice – e infatti le ha dette – Aurelio Mancuso, ex Presidente nazionale di Arcigay. Dai pastori, però, devono venire indicazioni assai meno tiepide. Bisogna cioè avere il coraggio di dire la verità, vale a dire che il ddl Zan è un mostro giuridico che non aggiunge nulla alla tutela delle persone di tendenze omosessuali o di altro tipo ma incardina nell’ordinamento del nostro Paese ideologie aberranti. Questo è, purtroppo.

Se continuiamo a non dirle, queste cose, preferendo sussurrare se non addirittura parlare in codice – non sia mai che si facciano arrabbiare Alezzandro Zan, Elodie o Fedez! -, non siamo destinati ad andare lontano. E questo, si badi, non è un guaio dell’Azione Cattolica di Castel di Lucio. No, questo è un clamoroso tradimento proprio del Vangelo che, lo si deve capire una volta per tutte, non è il libro Cuore con sopra una spruzzatina di religione e neppure un vademecum di buoni sentimenti. È invece la santa base di duemila anni di fede vissuta, di sana dottrina, di misericordia autentica e non zuccherosa. Se non si è convinti di questo, tanto vale lasciare la Chiesa e iscriversi davvero solo a qualche movimento Lgbt. Almeno si evita l’ipocrisia.

Giuliano Guzzo

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