Dopo il Congresso mondiale delle famiglie di Verona, dispiace constatare come il mondo cattolico più accreditato e istituzionale risulti ancora attraversato da un enorme equivoco: quello secondo cui con la cultura dominante sia ancora possibile negoziare una tregua o, almeno, avviare un dialogo. Un equivoco agevolato dal fatto che questa cultura e i suoi corifei mica simpatizzano, stravedono proprio per cattolici dialoganti; ma non in quanto dialoganti, bensì perché dialoganti oggi significa irrilevanti domani. Un rischio per scongiurare il quale, fino a ieri, si parlava di «principi non negoziabili», tre parole oggi messe al bando, forse perché segnano un confine in un tempo in cui la colpa peggiore sembra avere le idee chiare.

Come ho già avuto modo di dire, l’evento veronese è criticabile. In ogni caso, ormai è alle spalle. Restano invece pericolosamente attuali il culto del dialogo e del basso profilo, che sono i motivi per cui – già prima del Congresso delle famiglie – l’ultimo oceanico Family Day non ha avuto alcun appoggio né vaticano né ecclesiastico. Allora i pericolosi politici populisti non c’erano, eppure chi poteva dare un appoggio comunque non lo diede. Questo sono fatti e davanti ai fatti, si sa, le chiacchiere stanno a zero. Lo si sottolinea perché alcuni che dicono di voler abbassare i toni, in realtà, stanno abbassando la testa. E poi magari ci chiederanno di nasconderla insieme alla loro sotto la sabbia, assicurandoci che va tutto bene. Laggiù.

Giuliano Guzzo