Dev’essere stato un brutto colpo per i sostenitori delle unioni civili, immagino, leggere l’ultimo articolo di Roberto Saviano con il quale lo scrittore partenopeo, con un tempismo perfetto che polverizza ogni tentativo di tenere distinti disegno di legge Cirinnà ed utero in affitto, si è lanciato in una vera e propria apologia della cosiddetta «maternità surrogata» che – dico seriamente – credo meriti di essere analizzata anche da chi dissente perché offre un esempio dell’agenda progressista su questi temi. L’autore di Gomorra, senza nascondere una certa delusione, esordisce facendo presente «che si parla di naturalità con troppa leggerezza, e spesso viene percepito come naturale ciò che non lo è affatto, ma che è entrato a far parte delle nostre vite tanto da sembrare un “prodotto di natura”». Già qui si potrebbe obiettare che ultimamente, più che altro, pare si parli di amore «con troppa leggerezza» comprimendo il più nobile dei legami nel tunnel di un sentimentalismo retorico quanto effimero, celebrato ma terribilmente volatile, ma evitiamo di sottilizzare.
Fatta la discutibile premessa per cui si parlerebbe «di naturalità con troppa leggerezza», Saviano se la prende con chi «percepisce come innaturale e quindi artificiale la fecondazione assistita, l’eterologa o la pratica della maternità surrogata, ma non le cure che dovessero rendersi necessarie per portare a termine una gravidanza difficile». Il lettore che pensasse che confondere la natura intesa come conformità alla legge morale naturale e quella di cui parla Piero Angela quando descrive i criceti è una gran brutta cosa, stia tranquillo: non è solo. Ad ogni modo, a chi non fosse ancora convinto dell’abbaglio preso dallo scrittore partenopeo, rifiliamo il resto del ragionamento: «Qui faccio un salto logico: spesso chi è contrario alla fecondazione assistita, all’eterologa e poi alla maternità surrogata con l’argomentazione che avere un figlio non è un diritto, poi magari è assolutamente favorevole alla vita sostenuta da macchine e contrario a qualunque forma di eutanasia anche quando non si tratta di suicidio assistito, ma come nel caso di Piero Welby, di una “naturale” conseguenza della malattia».
Ci risiamo: la legge naturale cui giganti come san Tommaso d’Aquino hanno dedicato imponenti volumi viene ridotta – in un autentico «salto logico», nel senso che ci catapulta tutti fuori dalla logica – ad antitesi all’artificiale. Il meglio però arriva quando, ripetendo un pensiero purtroppo diffuso, Saviano scrive che «avere un figlio non è un dovere, ma un piacere che nessuno può vedersi negato». Capito? Qui siamo già oltre, e di un pezzo, l’adozione del figliastro, oltre l’adozione alle coppie dello stesso sesso, oltre l’adozione ai single: qui siamo direttamente all’equiparazione del figlio a una birra media, «un piacere che nessuno può vedersi negato». E c’è poco da ridere perché qui il problema non è l’allucinante articolo pubblicato da L’Espresso: il guaio è che tutto questo è veleno. Il guaio è che se oggi inizia a circolare – scritta nero su bianco, senza la minima vergogna – l’idea che il figlio sia «un piacere che nessuno può vedersi negato», significa che la propaganda a favore utero in affitto è già al lavoro. Ovviamente con le stesse paroline magiche con cui, dal sessantotto in poi, si rimbambiscono le generazioni: Amore, Diritti, Felicità.
Perché di legge naturale non si può parlare, di giustizia nemmeno. Il solo parametro etico concesso ancora oggi all’uomo della strada – tenetevi forte – è costituzionale/incostituzionale. Tutto il resto, secoli di tradizione giusnaturalistica e tomista inclusi, via: nell’immondizia. Col risultato che la Trinità progressista – Amore, Diritti e Felicità, appunto – sta assumendo i connotati di un’autentica tirannia, che predica la tolleranza ma non ammette il dissenso, che esalta la felicità ma censura la sofferenza, che fabbrica diritti sempre nuovi per evitare che possano ritornare a galla quegli antichi doveri, primo fra tutti quello di guardare alla realtà, che potrebbero rompere l’incantesimo del Mondo Nuovo che ci stiamo costruendo attorno. Il solo modo per fermare tutto questo – spezzando la criminale sovrapposizione fra il Giusto e il Possibile – è accorgerci che non c’è bisogno di alcuna legge sulle unioni civili, perché nel momento in cui s’inizia a parlare dei figli come di «un piacere che nessuno può vedersi negato», significa che la Follia è già entrata nella nostra mentalità e non occorre alcuna conferma legislativa per capire che è meglio farsi passare questa sbronza e piantarla con la Ragione surrogata, prima che sia troppo tardi.
giulianoguzzo.com
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
Come la Smavt… Saviano non mi piace, non mi è mai piaciuto, ma qui supra se stesso, in negativo ovviamente!
“Saviano scrive che «avere un figlio non è un dovere, ma un piacere che nessuno può vedersi negato». Capito? Qui siamo già oltre, e di un pezzo, l’adozione del figliastro, oltre l’adozione alle coppie dello stesso sesso, oltre l’adozione ai single: qui siamo direttamente all’equiparazione del figlio a una birra media, «un piacere che nessuno può vedersi negato». E c’è poco da ridere perché qui il problema non è l’allucinante articolo pubblicato da L’Espresso: il guaio è che tutto questo è veleno. Il guaio è che se oggi inizia a circolare – scritta nero su bianco, senza la minima vergogna – l’idea che il figlio sia «un piacere che nessuno può vedersi negato», significa che la propaganda a favore utero in affitto è già al lavoro. Ovviamente con le stesse paroline magiche con cui, dal sessantotto in poi, si rimbambiscono le generazioni: Amore, Diritti, Felicità.”
«avere un figlio non è un dovere, ma un piacere che nessuno può vedersi negato».
Mentre avere un Padre e una Madre Ragionevoli e un diritto che a un figlio purtroppo viene spesso negato.Davanti ai figli hai doveri, i bambolotti puoi trovarli in qualunque cartolibreria.
Nemmeno questa sottigliezza ti sfugge,tu non puoi “avere” un figlio non nel mero senso quantitativo ma pure in quello qualitativo,l’avere è il verbo principale dell’uomo moderno per disegnare infondo una quantità nell’esercizio del possedere,tu puoi solo essere un padre,e per esserlo devi condurre, guidare, non avere,sarà tuo figlio il tuo peggior giudice,e ci sono solo doveri non piaceri da anteporre ai figli,perchè il piacere nella sua stessa natura fugace e va in tutte le direzioni contrapposte,ma forse c’è solo un il luogo in cui va un padre,tutto quello che faccio nel bene e nel male,non è per avere “un” figlio.L’edonismo non è che il desideri di avere un piacere per sè e fine a sè,ma con ragione e dedizione si porta un figlio,rinunciando se nè si e capace spesso al proprio edonismo.Sacrificio serve per un figlio non vuoto inutile edonismo.E tuo figlio ha diritto, se sei un uomo,che tu della rinuncia del proprio edonismo.
Guidare anche con autorevolezza,non implica “avere” un figlio,nel senso più profondo del verbo.L’avere è un verbo di ciò che Saviano stesso combatte,l’avere e solo soltanto l’avere per produrre un piacere, è il fine ultimo pure di questo infondo:della criminalità.
«avere un figlio non è un dovere, ma un piacere che nessuno può vedersi negato».
E pensare che costui è uno dei principali maitre a penser del nostro Paese. Ci vuole una mente davvero contorta per arrivare a formulare un pensiero del genere.
“Prima il piacere, poi il diritto, e infine, se è rimasto spazio, il dovere” 🙂
Caro Giuliano, si è mai chiesto com’è possibile che tutto questo “surrogato” di razionalità stia esplodendo proprio ora? Come mai, in una civiltà lanciata verso un imponente progresso tecnologico, si diffonda una cultura di massa che concede all’uomo solo il valore limitato della materia di cui è fatto?
Solo un’etica del piacere edonistico rimane, quando ogni riferimento a ciò che precede e sovrasta la “natura” viene oscurato perché non manipolabile e non negoziabile.
Certamente, non occorre essere cattolici per capire cos’è degno e cosa non lo è per l’uomo, ma senza una certa connessione soprannaturale non c’è ragione che tenga, e tutto diventa possibile.
Ma chi legge e revisiona gli articoli sul l’Espresso?! Nessuno di loro ha fatto un’ora di filosofia in terza liceo tale da spiegare al perduto autore cosa si intenda per natura? Aristotele? Sostanza? You know? Mio Dio… qui o c’è ignoranza invincibile o malafede satanica, tertium non datur.
Che giorni pesanti, sono esausto da questo clima antiumano.