I giornalisti italioti, insuperati maestri nell’occultamento delle parole scomode di Papa Francesco, si sono limitati, laddove lo hanno fatto, a riportarle; ma nessuno s’è azzardato – pur di non tradire la linea – a conferire il minimo rilievo, per esempio con un titolo, alle dichiarazioni del Pontefice argentino sull’obiezione di coscienza rilasciate in aereo dal ritorno dal viaggio americano: peccato. Sì, perché quando a Jorge Mario Bergoglio è stato chiesto della congregazione delle suore che, facendo leva sull’obiezione di coscienza, si oppongono alle direttive sanitarie obamiane, e dei funzionari che negano la licenza tra matrimoni dello stesso sesso – con chiara allusione a Kim Davis, segretaria di Contea del Kentucky, arrestata perché rifiutatasi di rilasciare certificati di matrimonio a coppie omosessuali –, la sua risposta è stata nettamente alle posizioni di costoro.
Eccola: «Io non posso avere in mente tutti i casi che possono esistere. Ma posso dire che l’obiezione di coscienza è un diritto, entra in ogni diritto umano. E’ un diritto. E una persona non permette di fare obiezione di coscienza, nega un diritto. In ogni struttura giudiziaria deve entrare l’obiezione di coscienza, perché è un diritto umano, altrimenti finiamo nella selezione dei diritti: questo è un diritto di qualità, questo no…E’ un diritto umano […]». E i funzionari?, ha immediatamente incalzato l’intervistatore con palese riferimento al caso di Kim Davis:«E’ un diritto umano. Se un funzionario di governo è una persona umana ne ha diritto. E’ un diritto umano», ha ripetuto il Santo Padre. Insomma Papa Francesco, il pontefice delle mille “aperture” e del «chi sono io per giudicare?» sta dalla parte d’una vituperata funzionaria statale che si rifiuta di cooperare alla realizzazione di matrimoni gay.
E’ una notizia, no? Eppure in quasi nessun sito internet italiano la si trova. Invece all’estero – dove i giornalisti evidentemente non vivono con la quotidiana missione, quasi con l’ossessione di far apparire Papa Francesco un amicone del movimento arcobaleno – non l’hanno presa bene. Anzi, a leggere Huffpost Gay Voices, tempio dell’informazione progressista su questi temi, si direbbe che l’hanno presa malissimo. Lo si evince da molti elementi. Anzitutto, dall’enorme spazio dato, sul sito, alla notizia; in secondo luogo, dal titolo dell’articolo nel quale si fa il resoconto dell’intervista rilasciata sull’aereo: «Il Papa ha appena dato a Kim Davis una grande vittoria». Un titolo che, converrete, la dice lunga sul mal di pancia che le parole di Francesco sull’obiezione di coscienza, così accuratamente silenziate da noi, hanno procurato in certi ambienti. Il meglio, però, viene dai commenti che si possono leggere sotto l’articolo.
«Francesco è forse la nostra Corte suprema?», si chiede un commentatore, con tono spazientito. «La religione non dovrebbe mai essere rilevante, quando si riveste una carica pubblica. Può funzionare a casa sua, ma non qui», aggiunge un altro, non meno deluso. «Quindi il Papa sostiene anche l’addetto musulmano che non serve alcolici?», si chiede un altro ancora; e via di questo passo, in un crescendo di disappunto alla luce del quale non è azzardato supporre che più di qualcuno – dopo che il Pontefice argentino ha ricordato, ripetendolo, che l’obiezione di coscienza è diritto umano – di Papa Bergoglio non voglia più sentir parlare. Così, mentre l’ordine di scuderia di tante redazioni, qui, rimane quello di evidenziare solo alcune parole del Santo Padre – non si spiegherebbe, altrimenti, la scarsa visibilità riservata a quelle sull’obiezione di coscienza, che altrove, come si è visto, hanno fatto chiasso -, oltreoceano stanno capendo la differenza fra il Papa dei media, pronto a dire sì a tutto, e quello vero, un tantino diverso.
giulianoguzzo.com
L’ha ribloggato su Luca Zacchi, energia in relazionee ha commentato:
L’obiezione di coscienza è un diritto. Perchè lo è, non solo perchè lo dice il Papa. Ma se lo dice anche lui, tanto meglio.E i giornalisti italiani, come sempre, fanno finta di non sentire. Peggio delle tre scimmiette….
Da parecchio tempo tendo a non leggere sui giornali o ad ascoltare alla radio notizie sul Papa: o ripete le solite quattro banalità assortite su pace, perdono e amore (che il mondo, cattolici compresi, smentisce sempre) o ribadisce concetti vecchi come il cucco, che oramai escono dalle orecchie (famiglia, divorzio, aborto & similia).
Cosa ci sia di interessante in queste ripetizioni continue, Dio solo lo sa. Il Papa, all’Angelus, dice da sempre le stesse, medesime, identiche cose: e ogni domenica il giornalista del GR2 ricorda che il Papa ha detto quelle cose che aveva già detto la domenica precedente e tutte le domenica prima, per omnia saecula saeculorum amen.
Una noia im-.mor-ta-le.
Ancora più fastidiosa è la sedicente sinistra quando fa il bricolage con le parole del Papa per sostenere le proprie tesi.
A mio modestissimo parere, in politica il Papa si dovrebbe ignorare – o, almeno, dovrebbe ignorarlo la sinistra.
Sull’obiezione di coscienza. sono d’accordissimo: ognuno deve poter obbedire alla voce della coscienza e non essere costretto a comportamenti che a essa ripugnano. Ovviamente, subendone le conseguenze: il dipendente pubblico che si rifiuta di registrare un’unione omosessuale (come la legge gli impone di fare) sarà sanzionato nella giusta misura. Nessuno lo ha obbligato a lavorare all’ufficio dello stato civile: ma se ci lavora, deve rispettare la legge.
Altrimenti io, che faccio il Presidente di Tribunale, affiderò i figli sempre al coniuge non cattolico, a prescindere da ogni altra condizione prevista dalla legge, perchè ritengo che i genitori cattolici non siano in grado di allevare figli, ma – al massimo – di indottrinarli. La mia coscienza mi impone di obiettare alle norme che, se applicate, consentirebbero al genitore cattolico di ottenere l’affido dei figli: e la mia coscienza ha lo stesso valore della coscienza della funzionaria anti-matrimonio omosessuale.
Oppure io, docente universitario, boccerò lo studente cattolico che difende, nella sua tesi su Buonaiuti, Pio XII: alla mia coscienza ripugna quello che io considero uno stravolgimento dei fatti.
Oppure io, membro della commissione d’esame, giudicherò negativamente la prova del concorrente cattolico perchè, qualora vincesse il concorso, diventerebbe giornalista e secondo la mia coscienza un cattolico non può fare il giornalista in maniera corretta.
Posso obiettare senza conseguenze, in tutti questi casi? Posso obiettare e continuare a fare il giudice, il giornalista e il professore senza nessun problema e senza nessuna sanzione?
In base a quale etica qualcuno che si avvalga di un “diritto umano” debba essere sanzionato per legge, francamente mi sfugge.
Tutta la casistica da Lei esemplificata è pragmaticamente risolvibile con forme di concordato.
Caro Spinola,
io sono l’unico farmacista del paese montano e, per motivi scientifici, sono contrario agli psicofarmaci, che secondo la mia opinione medica fanno male alla salute. La mia coscienza si oppone alla vendita degli psicofarmaci. Io quindi, visto che la fedeltà alla propria coscienza è un diritto umano, non vendo quei medicinali agli abitanti del paesino – che dista quaranta chilometri da una farmacia che invece tollera gli psicofarmaci.
Con quale forma di concordato risolviamo pragmaticamente la questione? Un bel distributore automatico di Valium e Torazina? Li facciamo vendere al giornalaio? Apriamo un’altra farmacia nel paesino montano?
Lei pone questioni interessanti. Effettivamente riconoscere il potere supremo alla decisione di coscienza del singolo porta inevitabilmente all’anarchia. Dubito che si possa fuggire da tale esito.
E però il cavallo di Troia è dentro le mura degli stati democratici liberali che riconoscono, come fa la ns. Corte Costituzionale, la libertà di coscienza come supremo principio dell’ordinamento giuridico: non solo valore da tutelare in mezzo agli altri, ma bussola e criterio per la legislazione e la giurisprudenza.
E la coscienza di cui si parla è proprio la coscienza del moderno liberalismo (“ciò che io sento bene è bene, ciò che io sento male è male”), tema poi sviluppato nel Novecento dalla filosofia analitica, che facendosi forte della “Legge di Hume” ha consacrato la grande divisione tra fatti e valori, tra proposizioni descrittive e prescrittive: le prime dominio della ragione, che però sulle seconde nulla ha da dire. Questa concezione della coscienza, secondo i liberaldemocratici, “salva” i diritti umani e permette la democrazia.
Il problema si manifesta con forza quando un dipendente pubblico (ma vale per qualsiasi cittadino che si trova a dover obbedire ad una legge) deve applicare una norma che ieri diceva A, oggi non-A e magari domani di nuovo A perché nel frattempo (magari nel giro di pochi anni) sono cambiate le maggioranze. Maggioranze che non legiferano su basi “razionali” (in un regime liberaldemocratico i valori sono incommensurabili e non sono “veri” o “falsi”) ma il cui diritto positivo è valido sulla base dell’effettività del proprio potere (Kelsen, grande liberaldemocratico, docet). Ed il dipendente pubblico (e il semplice cittadino), che può essere nella “ragione” o nel “torto”, non perché abbia effettivamente ragione o torto, ma solo perché ha il “merito” o la “colpa” di essersi trovato in maggioranza o in minoranza, che fa? Alla fine non gli rimane che obbedire in privato alla sua coscienza ed in pubblico abdicare ad essa, seguendo le leggi positive, quali esse siano: insomma un individuo schizoide, con il desiderio di rovesciare la situazione esistente e prendere lui il potere, per sanare la sua contraddizione esistenziale.
E questo è un bel problema per la democrazia liberale, in bilico perenne tra l’anarchia del potere privato delle coscienze ed il totalitarismo del potere pubblico (il quale non ha affatto maggior ragioni di quelle ma solo è in grado di affermarsi) che si trova a doverle far convivere.
Caro Michele,
si è già risposto da solo in premessa:
riconoscere il potere supremo alla decisione di coscienza del singolo porta inevitabilmente all’anarchia. Dubito che si possa fuggire da tale esito.
E non mi pare che sia a disposizione un cavallo di Troia abbastanza capiente. Se lei fosse un vignettista di Charlie Hebdo, io – musulmano o cattolico – potrei negarle i pennarelli che lei vuole comperare nel mio negozio, in quanto non voglio collaborare alla realizzazione dei disegni blasfemi cui quei pennarelli sono destinati.
E il geometra del comune di Calcutta può rifiutarsi di approvare il progetto di una moschea perchè, in tutta coscienza, considera il buddhismo la sola, vera e unica religione ed extra Buddham nulla salus.
Non se ne esce, caro Michele: toccherà sopportare un po’ di schizofrenia e, nei casi gravi, arrivare a una legge come quella sull’obiezione di coscienza al servizio militare o all’aborto. Altrimenti, non resta che decidere che bisogna disobbedire a Cesare e sopportare le conseguenze che Cesare deciderà – visto che spetta a Cesare evitare che l’anarchia devasti la civile convivenza.
Grazie.
Vede, il fatto è che le democrazie liberali tutelano e promuovono questa schizofrenia, affermando il principio della libertà di coscienza. Non se ne esce certamente, perché il liberalismo finisce in un’aporia, dovendo difendere i diritti della coscienza come supremi e dall’altra evitare il ritorno allo “stato di natura” comprimendo la libertà di coscienza.
Francamente non credo, in un panorama di sempre crescente pluralismo, che Cesare se la potrà cavare con qualche concessione in più all’obiezione di coscienza, perché finirà che queste concessioni diventeranno inarrestabili. Penso che i prossimi decenni saranno lì a testimoniare queste “conquiste”.
E il Cesare liberale non si accorge affatto dell’aporia in cui si trova, anzi si compiace di essa.
E il Cesare liberale non si accorge affatto dell’aporia in cui si trova, anzi si compiace di essa.
Non per fare il pignolo, ma come può il Cesare liberale compiacersi dell’aporia in cui si trova, se il medesimo Cesare liberale non si accorge dell’esistenza di quell’aporia?
Per compiacersi di qualcosa bisogna conoscerlo, quel qualcosa: io mi compiaccio della nascita di un figlio perchè so che un figlio è nato.
O no?
Per il resto, sarei più cauto nell’usare le parole. Non credo sia necessario tirare in ballo la schizofrenia: è sufficiente seguire la regola aurea. Quella che insegna a essere prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
La vita è complessa, non schizofrenica: e le scelte ethically hot sono pratica quotidiana e costante. Non faccia un dramma della normalità, suvvia.
Diciamo allora che si compiace della situazione in cui si trova, non riconoscendola come aporetica, anzi giudicando l’espansione della libertà di coscienza come suo scopo ultimo.
Vorrei spendere qualche parola in più sulla schizofrenia, perché di questo si tratta. Non è regola aurea o scelte eticamente difficili: la prudenza o la semplicità si possono manifestare nel pubblico o nel privato, in società, al lavoro o in famiglia, a seconda delle circostanze in cui ci troviamo ad agire.
Tutt’altra cosa è invece lo sdoppiamento della personalità postulato dalla democrazia moderna: in privato l’uomo segue come sovrani i propri appetiti individuali perché in questo consiste la libertà; nel pubblico (per evitare le interferenze tra i soggetti privati) l’uomo scompare e appare il cittadino: lì la volontà, la libertà e la coscienza dell’individuo spariscono e vengono sostituiti dall’obbedienza alle leggi positive. Eppure si tratta sempre del medesimo soggetto! Se non è sdoppiamento questo…
Ed in questo senso il padre nobile della democrazia moderna, Rousseau, che aveva ben visto l’antinomia, poteva scrivere: “Bisogna optare tra l’uomo e il cittadino poiché non si può nel medesimo tempo fare l’uno e l’altro”.
L’ obiezione di coscienza (come ogni altro diritto, anche fondamentale) va regolamentata, ma non essere negata o sanzionata nei casi specifici in cui diritti innovativi vengono introdotti in netto contrasto con sentimenti morali profondamente radicati nella cultura di un popolo.
Questo, credo, dovrebbe essere il senso concreto delle dichiarazioni del Papa.
Caro Spirola,
le sarei davvero grato se mi spiegasse come l’obiezione di coscienza (o una qualsiasi altra attività umana) possa essere regolamentata evitando però accuratamente divieti e sanzioni.
Anche la circolazione stradale e il commercio dei tabacchi sono regolamentati, ma quei regolamenti traboccano di divieti e di sanzioni
La prescrizione di un certo farmaco (regolarmente approvato dall’Aifa) in terapia, può esporre il paziente a rischi solo in parte noti.
Quando il medico, per esperienza e/o convincimento personale e in assenza di alternative valide, per il bene del paziente deontologicamente decide la non prescrittibilità, in sostanza rifiutando una cura, fa appello alla sua coscienza. Se per questo dovesse essere espulso dall’ordine, tutti i suoi assistiti dovrebbero trovarsi un altro medico, …che magari sta a 40km di distanza!
Questo per dire, caro Pittoni, che nei problemi con troppe incognite, le soluzioni “giuste” o non ci sono, o sono sempre più di una.
Caro Spirola,
legga meglio il mio intervento: ho scritto farmacista, non medico.
Immagini che il suo medico le prescrive un ansiolitico e io, unico farmacista della sperduta valle alpina, ritengo – in scienza e coscienza – che gli ansiolitici siano dannosi e quindi non glieli consegno.
Lei rispetta la mia obiezione di coscienza e si tiene l’ansia o mi denuncia per omissione di atti d’ufficio?
Caro Pittori
Ho posto l’esempio del medico per mostrare come, specularmente col caso del farmacista da Lei citato, anche la sanzione all’obiezione può creare qualche problema… chilometrico.
Un saluto
Caro Spinola,
certo che anche la sanzione inflitta all’obiettore di coscienza può creare qualche problema, ma pure l’esercizio dell’obiezione di coscienza può creare problemi a chi subisce la decisione di obiettare.
Se alcuni dipendenti dell’impresa edile che ha vinto l’appalto per la costruzione di un impianto militare fanno obiezione di coscienza, sull’esempio di san Massimiliano di Tebessa, l’impresa potrebbe perdere l’appalto, con notevolissimi danni economici per la società e gli altri dipendenti.
Se il farmacista si rifiuta, per ragioni di coscienza, di vendere il metodo Di Bella a un ammalato, potrebbe contribuire a provocare la morte di quest’ultimo, laddove – magari per una fortuita coincidenza – il metodo Di Bella per quell’ammalato funzionasse davvero.
Se lei e altri suoi venti sodali si sdraia sulla porta del Teatro Olimpico dove va in scena lo spettacolo “Prima lettera di San Paolo ai Corinzi” di Angélica Liddell, in quanto ritiene incoscienza doveroso impedire quella rappresentazione blasfema, danneggerebbe il teatro, la compagnia e gli spettatori che vorrebbero invece assistere a quell’opera.
Si possono fare mille esempi di obiezione di coscienza che provocano danni a chi ne deve subire le conseguenze: ma di questi ultimi mi pare che a lei importi poco o punto. Mi sbaglio?
Cordialità.
Il discorso di Manlio Pittori è fin troppo chiaro e soltanto chi non vuol capire non comprende.
Non va dimenticato che l’obiezione di coscienza può interessare soltanto chi lavora nel pubblico, dove non c’è il “padrone” e dove qui in Italia non ti buttano fuori nemmeno se hai sottratto milioni o se sei un assenteista incallito, come ci raccontano le cronache quasi tutti i giorni e anche di fronte a una condanna in giudicato bisogna sempre vedere se si perde il lavoro e si finisce in galera.
Negli Stati Uniti c’è un’aria diversa: una volta dentro gli anni di galera te li fai tutti, anche se ti condannano a novantanove anni.
Nel rapporto di lavoro privato l’obiezione di coscienza semplicemente non esiste e chi non fosse disposto a rispettare il mansionario di competenza, la porta è sempre aperta, tanti saluti e baci.
Nel privato molte donne assunte sono costrette a firmare le dimissioni in bianco nel caso sopraggiungesse una gravidanza. Possiamo dunque immaginare il clima cui sono sottoposti i lavoratori. Chi mai oserebbe parlare di obiezione di coscienza in quel contesto?
Esiste una gerarchia nei diritti.
Anche uno sciopero può procurare disagi diretti e indiretti coinvolgendo tantissime persone e attività, compromettendo programmi inderogabili.
Compito del buon legislatore è cercare di contemperare interessi e diritti diversi. Compito difficile ma non sovrumano, se non si ha la pretesa della perfezione.
Mi pare che l´articolo sia stato smentito dal Vaticano, onesta richiede una ammenda.
Caro Guzzo,
sembrerebbe proprio ufficiale (http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2015/10/02/0749/01616.html#ita).
Dichiarazione su un incontro di Papa Francesco con la Signora Kim Davis alla Nunziatura di Washington, DC (P. F. Lombardi, Direttore della Sala Stampa della Santa Sede), 02.10.2015
Il breve incontro fra la signora Kim Davis e il Papa presso la Nunziatura di Washington ha continuato a provocare una serie di discussioni e commenti.
Al fine di contribuire a una comprensione obiettiva di ciò che è avvenuto posso precisare che:
Il Papa ha incontrato presso la Nunziatura di Washington successivamente diverse decine di persone invitate dalla Nunziatura per salutarlo in occasione del suo congedo prima della partenza da Washington per New York City, come avviene durante tutti i viaggi del Papa. Si è trattato di saluti molto brevi di cortesia a cui il Papa si è prestato con la sua caratteristica gentilezza e disponibilità. L’unica “udienza” concessa dal Papa presso la Nunziatura è stata ad un suo antico alunno con la famiglia.
Il Papa non è quindi entrato nei dettagli della situazione della signora Davis e il suo incontro con lei non deve essere considerato come un appoggio alla sua posizione in tutti i suoi risvolti particolari e complessi.
Non crede che una rettifica sarebbe d’uopo? Una cosa come
Papa Francesco non sta con Kim Davis
mi parrebbe acconcia.
Per quanto riguarda l’imbufalimento o il disimbufalimento dei progressisti e dei regressisti, veda lei se ci può ancora stare.
Rettifica? Non direi: la “smentita” di Padre Lombardi ha fatto sbellicare – tanto è strampalata ed in contrasto con altri elementi – i vaticanisti di mezzo mondo: http://www.lastampa.it/Page/Id/2.4.1806472938 Buona giornata 🙂
E allora, caro Guzzo, direi che siete proprio malmessi, se addirittura il direttore della Sala stampa della Santa Sede – non un oscuro praticante: il direttore in persona – fa sbellicare i vaticanisti di mezzo mondo con le sue smentite strampalate e in contrasto con altri elementi.
Ma molto, molto male.
Per il resto, mi limito a considerare che il papa non ha avuto nessuna remora a fare nomi e cognomi, quando si è trattato di tirare sonori ceffoni al sindaco di Roma: “Io non ho invitato il sindaco Marino, chiaro? E neppure gli organizzatori l’hanno invitato”. Quindi, se il papa voleva essere chiaro sulla faccenda della, ehm ehm, obiettrice di coscienza, l’avrebbe potuto fare tranquillamente, come tranquillamente ha sputtanato Marino in mondovisione.
Comunque la si guardi, questa faccenda, a mio sommesso parere la si vede proprio male.
Tutte belle parole! Concetti più o meno inappuntabili.Filosoficamente sofisti. Ma come si conciliano con l’obbligo del cittadino, e il dovere di chi governa di garantire la vivibilità migliore possibile? L’obiezione è un diritto, ma come tutti i diritti ha un prezzo e chi la vuole esercitare deve pagare questo prezzo: Il guaio moderno è quello di volere tutto gratuito specialmente ciò che non possiamo permetterci: Immaginate soffermandovi : tutti obiettori!