Credevo che la mia generazione non avrebbe mai avuto l’onore e l’onere di battersi per la libertà; la ritenevo a tutti gli effetti una battaglia d’altri tempi, superata e, fortunatamente, già vinta. Una battaglia che – considerando fra l’altro la già tosta lotta quotidiana per un semplice posto di lavoro – contavo ci sarebbe stata risparmiata. Anche perché pensavo che, una volta scolpito nella Costituzione, il diritto di espressione non potesse più essere messo in discussione. Credevo, come molti, tutto questo. Ma evidentemente sbagliavo.
Il disegno di legge Scalfarotto, che da domani riprende in Senato il proprio iter, minaccia infatti seriamente la libertà di pensiero. Come? Semplice: stabilendo che chiunque manifesti idee che «istigano alla discriminazione» nei confronti di persone omosessuali e transessuali venga punito con la reclusione fino a un anno e mezzo, che salgono a quattro se si partecipa ad associazioni che promuovono queste idee, e addirittura sei per chi fondasse o dirigesse dette associazioni.
Ora, è giusto che chi discrimina paghi. Il punto è che con questa proposta si mira a punire non tanto e non solo chi concretamente pone in essere una violenza (cosa che oggi è già ampiamente prevista), bensì chi la istiga e – quel che è peggio – sulla base di istanze riconducibili all’omofobia, termine che furbescamente la proposta di legge introduce ma non definisce, demandando di volta in volta al magistrato di turno, cui spetterebbe il solo compito di interpretare ed applicare la legge, il dovere di farlo.
Morale: coloro che sostengono che matrimonio e famiglia debbano essere e rimanere intesi come fondati dall’unione fra uomo e donna, potrebbero essere perseguiti alla stregua di coloro che «istigano alla discriminazione». Ma vi pare possibile, e soprattutto, vi sembra giusto? Vi sembra giusto che chi pensa che la famiglia cosiddetta tradizionale debba essere abolita perché brutta e cattiva sia tutelato dal momento che esprime un pensiero e chi invece ritiene che la famiglia debba rimanere com’è, fra uomo e donna, possa essere spedito in galera per il solo fatto di manifestare quell’idea?
Chi sostiene che la contrarietà alle nozze gay – contrarietà peraltro condivisa da parecchi omosessuali in tutto il mondo, ma guai a dirlo altrimenti la favoletta dell’oscurantismo bigotto e liberticida crollerebbe miseramente davanti alla realtà – debba essere sanzionata col carcere, in realtà non vuole più diritti per qualcuno: vuole solamente proteggersi vigliaccamente dalle proprie paure. Perché se sei davvero convinto di un’idea, non hai certo bisogno d’imbavagliare il prossimo introducendo un odioso reato d’opinione: la difendi e basta; la porti avanti con la voce, finché ne hai, e col cuore.
Se invece per promuovere un determinato valore o un principio avverti il bisogno di conferire speciale protezione giuridica a quel valore o a quel principio con tanto di possibilità di sanzione per chi dissente, significa che hai paura. Significa che da solo non sei in grado di argomentare, di ragionare con efficacia e, forse, non sai neppure bene cosa vuoi. Personalmente appartengo a coloro che faticano non poco a convincersi che la famiglia naturale sia in realtà solo una imposizione culturale cattolica e oltretutto un po’ vecchia, superata; che quella che per molti è natura, in realtà, sia solo cultura.
Tuttavia difendo – e difenderei, se fosse minacciato – il diritto di espressione di coloro che così la pensano. E non capisco perché il diritto mio e di tanti altri di esprimersi in favore della famiglia tradizionale (l’espressione è pleonastica, ma efficace) non debba essere egualmente garantito. Le discriminazioni a danno delle persone omosessuali e transessuali sono già perseguite dal nostro ordinamento – chi ritenesse il contrario elenchi i casi di cittadini gay vittime di violenza i cui autori sono stati scagionati da un tribunale italiano, se ci riesce – e non si vede perché introdurre il reato di omofobia, fra l’altro senza neppure definirlo.
Per questo, per difendere non tanto la famiglia bensì il mio diritto di poterla pensare e descrivere così come mi è stata tramandata dalle generazioni precedenti senza per questo passare per istigatore di chissà quali violenze, venerdì prossimo, alle ore 18:00, manifesterò in Piazza Duomo a Trento con le Sentinelle in Piedi. Sarò silente come loro, in piedi come loro e come loro determinato a far parlare il silenzio di un’intera piazza contro una proposta di legge che vorrebbe imporlo per sempre. Come si fa nelle dittature, dove c’è fanatismo e paura, tanta paura del rumore, del boato che può fare la libertà.

“Tuttavia difendo – e difenderei, se fosse minacciato – il diritto di espressione di coloro che così la pensano.”
Caro Giuliano su questo non sono e non posso, in quanto cattolico, essere d’accordo con te. Noi non ci battiamo per la libertà, ma per la Verità. Non ci interessa poter esprimere la nostra opinione in merito (non è il nostro fine, è semmai un mezzo), ma ci interessa rivendicare la verità della diversità tra uomo e donna. La libertà è sempre una conseguenza della Verità. Quando viene conculcata la seconda viene meno anche la prima. E’ per questo che è naturale che oggi ci vietino di dissentire, perché una società che ha dimenticato la verità non se ne fa nulla della libertà. La vera libertà segue sempre la verità (la verità vi farà liberi; Gv. 8,23) mentre quella che oggi chiamano libertà non è altro che la conseguenza logica di quella falsa “liberté” che continuano a propinarci dalla Rivoluzione francese in qua e che ha portato allo sterminio dei vandeani e a tutto il resto. Quindi in piazza sì, ma per rivendicare il primato della verità sull’ideologia, ben consci che per un cattolico (ma anche per un uomo di retta ragione).non esiste ne può esistere un diritto all’errore. In altre parole non esiste diritto alcuno a dire che non c’è una differenza tra uomo e donna perché è falso, non corrisponde alla realtà. L’errore può essere tollerato per evitare un male maggiore, ma non ha alcun diritto. Altrimenti cadiamo in quello che la Chiesa ha condannato in modo infallibile più e più volte come “liberalismo” (il famoso Sillabo di Pio IX su tutti) e commetteremmo un peccato grave contro il primo Comandamento.
Caro Massimo, Ti ringrazio per la critica, che apprezzo per passione e precisione. Mi limito a precisare che non ho dubbio alcuno sul primato del Vero sul falso, solo che riterrei sbagliata – e umiliante per la stessa Verità, autoevidente a prescindere dal diritto (e spesso, ahinoi, nonostante il diritto) e non già grazie ad esso – la previsione del carcere per chi sostiene tesi false. Trovo inconcepibile e gravissimo, per fare un esempio, che a scuola s’introduca (o si parli solo d’introdurre) l’ideologia gender, ma se domani – ipoteticamente – si stabilissero sanzioni giuridiche per coloro che hanno la sola colpa di credere il gender-pensiero vero, non esiterei a ribellarmi. Tutto qua. A presto :-)
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