Capita raramente di leggere, tutte assieme, inesattezze come quelle che Roberto Saviano ha condensato nel suo ultimo intervento sul settimanale L’Espresso, intitolato “Quando è reato il corpo delle donne”. Nel tentativo di commentare quanto accade in Spagna – dove l’esecutivo pare intenzionato a rivedere in senso restrittivo la normativa sull’aborto – lo scrittore partenopeo incorre infatti in una serie impressionante di luoghi comuni che stonano non poco col coraggio civile ed intellettuale da lui manifestato nel denunciare la criminalità organizzata. Per agevolare il lettore, scegliamo di focalizzarci su sei errori e stereotipi contenuti nel pezzo dell’autore di Gomorra, a partire dalle sue stesse parole.
1. «Ancora una volta il corpo della donna diventa terreno di scontro». Una frase contenuta nella prima parte dell’articolo e che mette già in luce la difficoltà – in Saviano, come in altri – di comprendere un fatto elementare, e cioè che dal momento della fecondazione in poi, come scrive anche Scott. F. Gilbert, autore di Biologia dello sviluppo, testo che fa indiscutibilmente da riferimento nella materia, siamo in presenza di «un nuovo individuo con un corredo genetico derivato da entrambi i genitori» [1]. E’ dunque assurdo insistere col ridurre il problema dell’aborto al solo «corpo della donna», quasi che il concepito fosse un po’ di grasso da rimuovere. Assurdo ma strategico: se infatti riduciamo l’aborto a questione individuale, diventa se non impossibile comunque difficile opporvisi. Peccato che individuale non sia e riguardi minimo due persone: la madre e il suo bambino.
2. «In Spagna le donne hanno tinto le piazze di lilla per protestare contro la legge oscurantista» che «ha strappato il Paese alla modernità per scaraventarlo nel Medioevo». Dispiace qui dare una brutta notizia allo scrittore napoletano ma la depenalizzazione dell’aborto procurato e la sua legalizzazione non solo non hanno nulla a che vedere con la modernità – semmai, con l’età contemporanea -, ma non sembrano neppure provvedimenti propri di regimi rispettosi dei diritti umani. E’ infatti la storia contemporanea a metterci al corrente del fatto che i primi Stati a rendere legale l’aborto sono stati l’URSS di Lenin, nel 1920, e la Germania di Hitler, coi nazisti ascesi al potere da neanche sei mesi quando, nel 1933, stabilirono per legge l’impegno a prevenire «le nascite congenitamente difettose»: due precedenti del genere, anche Saviano sarà d’accordo, non hanno esattamente il sapore del progresso dal Medioevo, anzi.
3. «Qualora questa nuova assurda legge dovesse passare in via definitiva, la malformazione fetale non sarà ritenuta motivo sufficiente per abortire». Questo è semplicemente falso, infatti la nuova proposta spagnola stabilisce che oltre la 22° settimana si possa abortire nel caso di malformazioni del feto incompatibili con la vita del feto stesso o nel caso di infermità estremamente gravi e incurabili del nascituro ma, a differenza della normativa precedente (2010), fissa come requisito il fatto che dette anomalie, per legittimare una richiesta di aborto, debbano per forza intaccare la salute della madre; il che, come insegna anche la prassi italiana, è tutt’altro che un argine invalicabile. Ma anche se anche la «malformazione fetale» non fosse ritenuta motivo sufficiente per abortire, che male ci sarebbe? E’ forse equo uno Stato che riconosce ai soli bimbi sani e privi di malformazioni il diritto di venire al mondo?
4. «In Italia la 194 non funziona a causa del numero, altissimo, di medici antiabortisti […] Ormai si va all’estero anche per abortire». E’ una tesi rilanciata da tempo anche da una parte del movimento neofemminista italiano ma priva di fondamento. Per comprenderlo basta rileggersi l’ultima Relazione del Ministero sull’applicazione della Legge 194/’78 nella quale si fa presente come «fin dai primi anni di attuazione della Legge 194, il personale sanitario» abbia «esercitato in percentuali elevate il diritto all’esercizio dell‟obiezione di coscienza» (p. 5): lasciare intendere che un tempo le cose fossero diverse e che «ormai si» vada «all’estero anche per abortire» significa dunque non conoscere l’argomento. Inoltre, tornando alla Relazione ministeriale si legge come il solo vero aumento di obiettori sia avvenuto nel 2005, per poi stabilizzarsi o perfino decrescere: «Si è passati dal 58.7% di ginecologi obiettori del 2005, al 69.2% del 2006, al 70.5% del 2007, al 71.5% del 2008, al 70.7% nel 2009 e al 69.3% nel 2010 e nel 2011» (p. 40). Al personale non obiettore, a conti fatti, toccherebbero 1,4 aborti a settimana: non uno sforzo pazzesco e che tale diventa solo in mancanza di adeguata organizzazione interna a strutture e ospedali [2].
5. «Una legge che ha portato civiltà e non morte»: così l’autore di Gomorra descrive la 194/’78. Ora, posto che sarebbe meglio intendersi sul concetto di civiltà, su quello di morte non dovrebbero esserci molti equivoci. Ebbene, dalla sua entrata in vigore ad oggi la legge italiana sull’aborto procurato ha consentito l’eliminazione di 5.000.000 ed oltre di bambini, l’equivalente di una metropoli cancellata. Questa è forse «civiltà e non morte»? Già immaginiamo la replica: ma così si è salvata la vita a tante donne, altrimenti costrette all’aborto clandestino. Dispiace sfatare la leggenda ma, a parte che gli aborti clandestini vi sono tutt’ora in gran quantità – 15.000 all’anno, secondo le prudentissime stime del Ministero -, se ci atteniamo alla letteratura scientifica, risulta accertato come da un lato il divieto di aborto non risulti correlato alla mortalità materna e men che meno ad un suo peggioramento [3], e, d’altro lato, la pratica abortiva sia associata ad un maggiore tasso di mortalità, per le donne che vi ricorrono, sia rispetto all’aborto spontaneo che alla gravidanza portata a termine [4].
6. «Io e tanti, tantissimi insieme a me, apparteniamo al partito della scelta […] Non sarà la mia spiritualità a negare la tua liberà […] impedire a una donna di poter decidere cosa sia meglio per la salute della propria mente e del proprio corpo, significa solo questo: costruire infelicità». E’ lo scoppiettante finale dell’articolo. Che ci impone ancora una volta l’obbligo di ricordare che dal concepimento siamo in presenza di un essere umano a tutti gli effetti, che prima della nascita, oltre ad un cuore che batte, sviluppa una propria vita relazionale [5] fatta di ritmi giorno-notte [6] ed in grado a suo modo di rispondere alla voce materna [7], di memorizzarla fra le altre [8] e di avvertire un senso di dolore [9]: riesce francamente difficile, o addirittura pretestuoso, tirare in ballo il concetto di «spiritualità» laddove abbiamo davanti una realtà tanto evidente. Quanto invece all’idea che aiutando la donna a tenere il proprio bambino si possa costruire la sua infelicità – posto che abbiamo già visto come la gravidanza sia l’evento più favorevole alla longevità materna -, possiamo ricordare come l’evento dell’aborto, oltre a comportare la perdita di un figlio, aumenta del 30% nella donna il rischio di depressione, ansia o abuso di sostanze [10]: c’è forse un modo di «costruire infelicità» più drammaticamente efficace di questo?
Concludiamo sottolineando l’importanza, allorquando si affrontano temi di estrema delicatezza come sono quelli bioetici, di essere il più possibile documentati o, quanto meno, cauti. Un atteggiamento diverso, il mettersi a vergare sentenze senza un’adeguata padronanza dell’argomento porta solo a fabbricare slogan, ad alimentare pregiudizi e a diffondere quell’ignoranza che – ne siamo certi – in fondo Roberto Saviano aspira come noi a constrastare.
Note: [1] Gilbert S.F., Developmental Biology, VI ed 2000, p. 185; [2] Cfr. Volpi R. Le sciocchezze sull’obiezione di coscienza raccontate dai bioeticisti alle vongole, 23/6/2013, «Il Foglio»; [3] Cfr. Koch E. – Thorp J. – Bravo M. – Gatica S. – Romero C.X. – Aguilera H. – Ahlers I. (2012) Women’s Education Level, Maternal Health Facilities, Abortion Legislation and Maternal Deaths: A Natural Experimentin Chile from 1957 to 2007«PLoSONE»;Vol. 7(5):e36613; [4] Cfr. Reardon D. – Coleman P. (2012) Short and long term mortality rates associated with first pregnancy outcome: Population register based study for Denmark 1980–2004. «Medical Science Monitor»; Vol. 18(9): PH 71 – 76; Gissler M. – Berg C. – Bouvier-Colle M.H. – Buekens P. (2004) Pregnancy-associated mortality after birth, spontaneous abortion, or induced abortion in Finland, 1987-2000. «American Journal of Obstetrics & Gynecology»; Vol. 190(2): 422-427; Reardon D.C. – Ney P.G. – Scheuren F. – Cougle J – Coleman P. Strahan T. (2002) Deaths associated with pregnancy outcome: a record linkage study of low income women. «Southern Medical Journal»; Vol. 95(8):834-41; [5] Cfr. Veldman F. (2001) Confirming Affectivity, the Dawn of Human Life. The pre-, peri- and postnatal affective-confirming. Haptonomic accompaniment of parents and their child. «Neuroendocrinology Letters»; Vol. 22:295–304; [6] Cfr. Serón-Ferré M.- Torres-Farfán C. – Forcelledo M.L. – Valenzuela G.J. (2001) The development of circadian rhythms in the fetus and neonate. «Seminars in Perinatology»; Vol. 25(6):363-70; [7] Cfr. Jardri R. – Houfflin-Debarge V. – Deliona P. – Pruvo J.-P. – Thomas P. – Pins D. (2012) Assessing fetal response to maternal speech using a noninvasive functional brain imaging technique.«International Journal of Developmental Neuroscience»;Vol. 30(2):159–161; [8] Cfr. Moon C. – Lagercrantz H. – Kuhl P.K. (2013) Language experienced in utero affects vowel perception after birth: a two-country study. «Acta Paediatrica»; Vol. 102(2):156-60; [9] Lowery C.L. – Hardman M.P. – Manning N. – Hall R.W. – Anand K.J. – Clancy B. (2007) Neurodevelopmental changes of fetal pain. «Seminars in Perinatology»; Vol. 31(5):275-82; Van de Velde M. – Jani J. – De Buck F. – Deprest J. (2006) Fetal pain perception and pain management. «Seminars in Fetal & Neonatal Medicine»;Vol. 11(4):232-6; Fisk N.M. – Gitau R. – Teixeira J.M. – Giannakoulopoulos X. – Cameron A.D. – Glover V.A. (2001) Effect of direct fetal opioid analgesia on fetal hormonal and hemodynamic stress response to intrauterine needling. «Anesthesiology»; Vol. 95(4):828-35. Smith R.P. – Gitau R. – Glover V. Fisk N.M. (2000) Pain and stress in the human fetus. «The European Journal of Obstetrics & Gynecology and Reproductive Biology»; Vol. 92(1):161-5; Giannakoulopoulos X. – Sepulveda W. – Kourtis P. – Glover V. – Fisk N.M. (1994) Fetal plasma cortisol and beta-endorphin response to intrauterine needling. «Lancet»; Vol. 344(8915):77-81; [10] Cfr. Bellieni C.V. – Buonocore G. (2013) Abortion and subsequent mental health: Review of the literature. «Psychiatry and Clinical Neurosciences»; Vol. 67(5):301-310.
L’ha ribloggato su Il blog di Laura Corsaroe ha commentato:
Saviano: tanti luoghi comuni, che nn vanno oltre l’apparenza ma ci catapultano nella negazione della dignità dell’essere umano, tale dal momento del concepimento! Leggiamo il commento di Giuliano Guzzo…
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Grazie, l’ho ribloggato sul mio Blog
Grazie a Lei, buona giornata.
Siamo una società che non merita bambini. Dopo tante battaglie perché i cani non debbano rimanere fuori dai locali, adesso ci sono ristoranti vietati ai bambini; ed è vietato, ai bambini, giocare nei cortili condominiali.
Questo è il risultato di 35 anni di aborto legalizzato.
triste…
I ristoranti che non vogliono bambini sono più il prodotto di genitori incapaci, che educano i figli come piccoli re e lasciano agli altri le responsabilità di questi figli ingestibili. Non vale per tutti, ma è la tristemente la maggioranza.
Dare la colpa di questo alla legge sull’aborto è puerile, anzi semplicistico. E sicuramente penserai che parlo così perché donna.
Il punto è proprio questo:ancora si parte a discriminare dal genere di appartenenza… Ma civiltà dove?
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Sinceramente per quanto mi riguarda non ho mai dato peso su tutto quanto possa dire Saviano. E’ una persona ambigua, come a dire ora mi butto di qua, ora mi butto di là, per galleggiare, per puro desiderio di essere visibile. Perciò per quanto possa dire sull’aborto lo trovo impreparato nell’argomento.
Rispondo a Jovi.
No, certamente i genitori che non sanno educare i figli non sono colpa della legge sull’aborto; e il fatto che lo pensi una donna non cambia nulla, per me.
Tuttavia, la cultura nella quale questi genitori nascono è la stessa che ha portato alla legalizzazione dell’aborto.
Mi spiego: quando si parla di aborto, chi è a favore non parla mai del bambino. Come se non esistesse, come se non fosse un essere umano. Non si tratta di un omicidio, perché il feto non è un essere umano.
Si tratta di un insulto alla scienza, per come la vedo io; o meglio, di una manipolazione della scienza a proprio vantaggio. Un atto di immenso egoismo.
Ed è lo stesso egoismo che porta, all’altro estremo, a trattare un bambino come un giocattolo: lasciarlo davanti alla televisione perché non si ha tempo di stare con lui, iscriverlo a mille corsi per esibirlo all’occorrenza, viziarlo perché dire di no costa… e sbarazzarsene al ristorante.
Forse qualcuno non sarà d’accordo, ma io la penso così.
Grazie per la valida riflessione sulle parole di Saviano pubblicate su L’Espresso, fornisce molti spunti e dati interessanti (ho fatto solo un po’ fatica con le note che si potrebbero organizzare meglio per essere più leggibili e associabili al suo testo, proprio per poter documentarsi ancora meglio).
Sui commenti letti: concordo che sia pretestuoso pensare ad una cultura generale che sia, unica, insieme “pro-abortista” e antieducativa. Esiste una cultura per la vita e per l’educazione, ma all’opposto vedo più che altro tante diverse tendenze che, anche con effetti sinergici per carità, ostacolano in Italia la formazione di una famiglia, la fecondità e una buona crescita dei figli. La bassa natalità italiana non è legata alla legge sull’aborto evidentemente, ma ad un insieme di fattori sociali e culturali su cui una politica che vuole promuovere la vita dovrebbe concentrarsi non limitandosi alla sola difesa dei diritti delle mamme e dei nascituri.
Propongo a chi legge qui una riflessione personale, in relazione al punto “chi è pro-abortista non parla mai del bambino” (vero in buona sostanza). Non vedo in questo per lo più una intenzione cosciente, ma un limite vero e proprio della capacità di un uomo e di una donna di comprendere come uno zigote, un embrione, anche un feto magari, sia già un individuo. Mi spiego: è chiaro che la comprensione teorica è possibile a fronte di studi scientifici e accessibile a tutti, grazie ad esempio alla visione di immagini o filmati ormai a disposizione grazie alla tecnologia odierna… Tuttavia la comprensione vera, “carnale”, sulla propria pelle, non è la stessa cosa: solo a fronte di questa la scelta di un aborto (o meno) è davvero consapevole e reale (portando in caso di aborto a conseguenze importanti per la donna che la compie su di sé o peggio ancora se le è imposta). Vorrei insomma dire in qualche modo che insistere (a livello di confronti sul tema) sul punto scientifico e biologico della nuova vita dal concepimento, se pare decisivo e forte concettualmente, lo è molto poco nella percezione comune e spontanea, di chi non vive la gravidanza in quel momento, ma ne ragiona e si interroga. Mi viene in mente “la pillola del giorno dopo” o l’ “aborto farmacologico”… non è attraverso una comprensione razionale della biologia (o solo quella) che si può intendere che quell’atto può interrompere la vita di individuo, ma grazie ad un lavoro educativo molto più lungo e faticoso dove le doverose nozioni scientifiche possono trovare terreno fertile.
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andate tutti a vivere nello Stato del Vaticano a baciare tutti preti e bla bla bla. La DONNA e l’UOMO o solo la DONNA ha diritto di scegliere se un poco più che zigote, ammasso di cellule che potrà rifare letteralmente 400 volte nella sua vita, debba proseguire il suo sviluppo o meno. Voi volete imporre il vostro credo a tutti senza libera scelta. Siete ridicoli, e le scemenze e quisquilie a cui vi attaccate nel discorso di Saviano sono di poco conto.
Davanti ad un argomentare così lucido, denso e suadente c’è da togliersi il cappello. Complimenti.
Grazie Giuliano. Mia figlia è nata con una malformazione rarissima e gravissima, non compatibile con la vita. adesso ha 19 mesi, è viva ed è sana, anche se sottocontrollo. Quando abbiamo vissuto in ospedale ho sempre considerato questo Dono una Grazia, perchè mi sono scoperta capace di “stare”. Sono felice di averLa Accolta e Amata, e questo mi ha reso una donna e una madre felice e fiera di aver vinto la paura, tutto insieme al papà di mia figlia, mio sposo…e con attorno una grande rete. Questo ha molto di spirituale (noi crediamo), ma la verità è che tutto nasce dalla natura delle cose, dal corpo, dal nostro essere fatte per custodire e accogliere. Se una madre uccide è perchè è stata uccisa a sua volta,è stata lasciata sola. è questa la verità che va detta, accogliere e sostenere le future mamme dovrebbe essere nella natura dell’Uomo, che percepisce semplicemente la bellezza di una vita che nasce.
bravissimo! Il post è scritto benissimo ed è molto chiaro. Finalmente qualcuno che dà voce alla verità! Ma perchè le donne invece di lottare per l’aborto non lottano per la creazione di realtà che aiutino a non abortire??
Grazie Arianna!!!
Secondo me c’è anche un’aspetto puramente “legale” che non viene mai preso in considerazione. Anzi, mi farebbe piacere avere dei commenti in merito.
Perché è soltanto la donna a decidere? Il padre non ha assolutamente nessuna voce in capitolo, eppure la donna non si riproduce per gemmazione.
Che sia un “errore” (come lo chiamano molti), che sia un gesto impulsivo, o per qualsivoglia altri mille motivi, per far concepire un figlio servono un uomo e una donna. Allora perché il potere decisionale è soltanto per le donne?
Perché il padre non può dire “ok, te non lo vuoi, ma io sì. Tu rinunci alla patria potestà e me ne occupo io”.
Idee?
Il diritto alla vita di un essere umano allo stadio iniziale della sua esistenza non può essere considerato negoziabile.
Perché se decidiamo che ci sono esseri umani che hanno diritto alla vita e altri che non lo hanno, o almeno non sempre (tipicamente, non lo hanno quando sono deboli e non desiderati), allora si pone il problema di chi decide chi ha diritto alla vita e chi no. E io vi assicuro che a prendere questa decisione sarà sempre il più forte, e a subirla sarà sempre il più debole.
È triste che, contro ogni evidenza scientifica, si neghi al nascituro l’appartenenza al genere umano.
È anche molto triste che non si rifletta su quali sono stati i casi analoghi in cui, nel corso della Storia, alcuni hanno deciso che altri non appartenevano al genere umano a pieno titolo: gli schiavi, gli appartenenti a culture meno tecnicamente avanzate, gli appartenenti ad una certa razza, e così via.
Noi siamo qui a discutere se l’aborto possa talvolta essere un “bene” per la donna (e non lo è mai), ma prima ancora di questo dovremmo indignarci per l’assassinio di una persona come noi, debole, inerme e bisognosa di attenzioni, come ciascuno di noi è stato nella fase iniziale della propria vita, prima e dopo la nascita (una persona, tra l’altro, che, nella metà dei casi, è anch’essa una donna).
Come ha scritto Reagan, “ho notato che tutti coloro che sono a favore dell’aborto sono già nati”…
È vero, a nessuno di noi che leggiamo questo blog potrebbe accadere di essere abortito/a. Ma attenzione… perché, se il criterio per avere diritto alla vita non è “assoluto”, ma “relativo”… se il più forte può decidere di sopprimere il più debole in certi casi, quando questo è debole e non desiderato… allora teniamo presente che anche a noi ed alle persone che amiamo capiterà, prima o poi, di essere dalla parte del più debole, dell’indesiderato… come erano deboli ed indesiderati, per fare un esempio, gli ebrei sotto il terzo Reich… come saranno deboli ed indesiderati, in un futuro ormai prossimo, gli anziani ed i malati.
Dobbiamo levarci per difendere tutti, ed in modo particolare i più deboli, perché altrimenti non saremo in grado di difendere nessuno, neanche noi stessi.
Aborto
Col suo battito lieve, silenzioso,
un esserino sullo schermo appare,
fragile, mite, inerme, fiducioso;
ma la sua mamma non lo vuol guardare…
Un uomo, un padre, impaurito ed ansioso
parla, persuade, senza nominare,
mai, questo figlio così minaccioso
che la sua quiete vorrebbe turbare.
Buio che invade il cuore e la mente,
oscura la ragione e la speranza:
par che non ci sia, oramai, più niente
da argomentare, che nessuna istanza
possa salvare il piccolo innocente
dalla segreta, brutale mattanza.
Un errore grave che ha fatto Saviano è stato quello di inventare la parola “sversare” che è assolutamente napoletana, facendola diventare italiana. In italiano si dice ri versare enon sversare