Ci sono storie che si svolgono al bar e bar che diventano storie. Nell’ultimo libro di Andrea G. Pinketts, Mi piace il bar (Barbera 2013), il centro della storia, diversamente da come spesso capita, sono proprio loro, i bar. Per la precisione i tanti bar frequentati dall’autore nel corso della sua movimentata esistenza – Pinketts, oltre che scrittore di noir, è stato ed è giornalista, investigatore, perfino sceriffo – e che, da semplici luoghi di ritrovo, vengono suggestivamente raccontati come luoghi carichi di atmosfera, luoghi di crescita e con delle regole precise per farsi valere. Prima fra tutte quella per cui al bar, scrive Pinketts, «non è importante quando arrivi, l’importante è che tu sia l’ultimo ad andarsene» (p. 33). Che potrebbe apparire come un irresponsabile inno all’ubriacarsi, mentre invece rappresenta un invito pinkettsiano a godere compiutamente delle possibilità, spesso non considerate, che tutti i locali offrono.
Al bar per esempio Pinketts scrive a macchina (non ho idea di come vi riesca) o trova l’ispirazione per farlo, sempre accompagnato da una birra. E attraverso i bar, in particolare quelli milanesi, vede il mondo cambiare: dagli anni Settanta a quelli della Milano da bere, con l’arrivo di quelle modelle americane che incarnavano i sogni di tanti italiani e che invece l’Autore, che le ha frequentate, descrive a loro volta come alla ricerca di sogni. In Mi piace il bar si racconta inoltre delle risse, dei caffè che diventano teatro di conferenze improvvisate nonché dei veri e propri – e immancabili – personaggi da bar, «generalmente autodistruttivi come gli eroi romantici ma allo stesso tempo», a differenza loro, «assolutamente a portata di mano» (p. 55). Il libro è dunque bel un diario dell’Italia che cambia; non quella dei colletti bianchi evidentemente, ma quella della strada. Nota curiosa: il testo è stampato con caratteri più grandi della media. Dev’essere un regalo di Pinketts per concederci di leggerlo, se crediamo, anche dopo una birra. Ovviamente al bar.


in poche parole Pinketts la cultura l’apprende direttamente dalla vita e non dai libri. Di una persona del genere non si può che ammirare la sua intelligenza. E’ così che gira il mondo voglia dire Pinketts. Non basta acculturarsi sui libri, ma sono i luoghi ad es, il bar che raccontano la vita di ogni giorno di un individuo sotto in ogni suo aspetto. Non amo leggere e come Pinketts mi piace osservare ciò che mi accade intorno, comunque se dovessi capitare in libreria così per caso, comprerò questo libro, se non altro per confrontarmi come vede lui il mondo attraverso i tanti occhi che ci circondano.