L’opinione pubblica si concentra sul cosiddetto femminicidio e lei, sfidando la corrente, invita a guardare altrove e a considerare che esiste – nascosta, spesso non considerata e dimenticata – anche un’altra violenza: quella contro gli uomini. Di più: per Glenda Mancini, classe 1989, una laurea in scienze delle investigazioni e il desiderio di specializzarsi presto in psicologia criminale, la geografia della violenza, rispetto a come ce la raccontano, è diversa al punto che si può affermare «in molti casi le donne sono le carnefici e gli uomini le vittime». Ne è talmente convinta che all’argomento ha dedidato un intero libro pubblicato da poco – L’uomo vittima di una donna carnefice (Booksprint) – e che è destinato a far discutere. L’abbiamo avvicinata per saperne di più sul suo punto di vista e sulle sue ricerche.
Dottoressa Mancini, direi di partire dal suo libro. Già il titolo è, come si suol dire, un programma: L’uomo vittima di una donna carnefice. Com’è nata l’idea e perché la scelta di un titolo così provocatorio? «L’idea nasce dopo aver avuto la fortuna di imbattermi in alcuni studi internazionali nella quale la violenza domestica sembra essere agita in percentuali maggiori da donne sugli uomini piuttosto che il contrario. Il titolo originale della tesi era “o qualcuno è uomo o qualcuno è vittima” affermazione di Lenz, per rendere il contenuto più facile da comprendere a partire dal titolo ho deciso di cambiarlo per l’occasione del libro».
In effetti, della violenza contro gli uomini sappiamo poco. Che dimensione ha il fenomeno e, soprattutto, in che misura questa violenza è agita da donne? «In realtà che dimensioni abbia effettivamente non possiamo dirlo in quanto non ci sono studi ufficiali sul fenomeno, ma da quelli non ufficiali, di studi, sicuramente si può pensare che la dimensione sia più vasta di come si immagina e soprattutto sconosciuta in molte delle sue forme».
Qual è – per quel che ha potuto appurare nelle sue ricerche – la prima causa della violenza femminile contro l’uomo? «Queste sono valutazioni che dovrebbe farle uno psicologo, mi limito a raccontare e a mettere per iscritto quello che i dati ci comunicano. Quello che posso dire è qual è la forma di violenza più agita ed è sicuramente quella psicologica che può prendere la forma poi, nei casi di separazioni e divorzi ,del mobbing giudiziario».
Posto che i mass media ne parlano raramente, sembra che violenza delle donne – a differenza di quella maschile – sugli uomini non solo non sia oggetto di riprovazione sociale, ma venga spesso giustificata come meramente “difensiva”. Concorda? «Viene sostenuto abbia origine difensiva, ma questa tesi è del tutto speculativa, per diverse ragioni, in primo luogo non esiste nessuno studio che metta in correlazione peso ed altezza della vittima e del carnefice e se pur è ragionevole come ipotesi, in realtà dimentica la possibilità di armarsi o utilizzare strumenti più fini e subdoli come la violenza psicologica sotto forma di minaccia e ricatto, soprattutto quando si serve dei figli. Al di là della differenza di genere, entrambi i sessi tendono a rispondere con i medesimi istinti di lotta o di fuga».
Dunque esiste, secondo lei, il rischio di una polarizzazione culturale tale per cui l’uomo è riconosciuto sempre e solo come carnefice e la donna sempre è solo come vittima? Se sì, come uscirne? «Certo che esiste, e l’unico modo per uscirne è incominciare per lo meno ad interessarsi al tema della violenza in un’altra prospettiva quella, cioè, che vede vittima l’uomo. Sono temi paralleli che devono essere trattati insieme perché si toccano e, spesso, dall’uno dipende l’altro».
Ho letto che ha dichiarato sbagliati i dati femminicidio in Italia. A che dati allude precisamente, e perché questa critica? «Non sono errati i dati del femminicidio, è l’uso che se ne fa a non essere corretto nel momento in cui si dichiara che il femminicidio rappresenta la prima causa di morte in Italia o che l’Italia si il paese più pericoloso per le donne, non è assolutamente così: al contrario, è uno dei più sicuri».
La sensazione è che il suo libro – e le tue tesi, peraltro fondate e convincenti – le potrebbero procurare più critiche che elogi. Pronta a difendersi? «Sinceramente quello che ora mi preme è che si parli del fenomeno della violenza sugli uomini, le critiche se costruttive sono sempre ben accette e certo gli elogi non mi danno fastidio».


Questo è un argomento interessante che va approfondito. La violenza degli uomini sulle donne non esiste a senso unico. Sia la donna che l’uomo sono responsabili dell’escalation di una situazione difficile all’interno della vita domestica. Inutile parlarne e riparlane in televisione in Congressi e in altri luoghi o occasioni, se no si tiene conto che sono i caratteri dell’uomo e della donna che non incrociandosi tra loro, ne nasce poi una bufera. Prendiamo ad es. la legge sulla separazione. Il più penalizzato è il marito. A lui vengono tolti i figli, la casa e buona parte di quanto guadagni. Così è logico che la donna approfitti della situazione. spesso basta una semplice discussione tra i coniugi per chiedere la separazione, e come si è detto tutto a vantaggio della moglie, mentre al marito non rimane che vivere sotto i ponti o per strada facendo la vita da barbone. Infine la moglie non soddisfatta si cerca un altro compagno, come se questui fosse il cavaliere senza macchia. anzi spesso uccidono i figli della donna e ne abusano, per non dire che a l’ex marito rimane pure di mantenere questo bell’imbusto apparso all’orizzonte della ex moglie. Incominciamo a rivedere questa legge, poi si vedrà
Sì è vero, è un argomento interessante e in effetti certe situazioni di separazioni sono tali che quel poveretto di ex marito si ritrova messo male sul serio. E come donna penso che comunque è una cosa molto triste, se quello è era l’uomo che avevo scelto come compagno…anche se poi i fatti della vita e le circostanze hanno rovinato tutto…rimane l’uomo che avevo scelto, rimane il padre dei miei figli e io l’ho ridotto a vivere da barbone. Penso che difficilmente potrei arrivare a provare un odio a tali livelli per qualcuno, al punto da volermene approfittare fino a portarlo alla rovina.
ho scritto un commento a proposito e non lo vedo pubblicato e tre. per cortrsi asigno Guzzo, non mi mandi più niente.
ogni commento inviato abbisogna dell’approvazione del sottoscritto (sistema che preserva il blog da invasione di sciocchezze): di norma, non censuro nulla ma chi scrive commenti deve pazientare il tempo che io visioni quanto scritto; nella fattispecie il suo commento, che ho pubblicato, risale a 8 minuti va: non griderei alla censura. Ad ogni modo mi scuso di averla involontariamente spazientita. Buona serata.
La dottoressa Mancini, ha fatto e continua a fare una grande opera sotto il profilo informativo, soprattutto per ciò che concerne la corretta lettura della casistica inerente, gli atti di violenza sulle donne. Un saluto e un sentito grazie gentilissimo dott. Guzzo.