I soldi non portano la felicità, si dice. Non so quanto sia vero – se non la portano i soldi figurarsi la miseria, direbbe Gino Bramieri – ma di certo non aiutano il buon senso. Ne è un chiaro esempio la politica adottata dalla più ricca fondazione al mondo, la Bill and Melinda Gates Foundation, che non sapendo dove buttare denari ha deciso di assegnare qualcosa come 100.000 dollari a chi per primo escogiterà un «preservativo di seconda generazione» portando «idee che aumentino o semplifichino un suo uso». Un preservativo che ti faccia venire voglia di usarlo, in parole povere. Bene, ma cui prodest?
Non giova certamente, per quanto molti pensino il contrario, ai Paesi impegnati nella lotta all’Aids e alle malattie venere: per maggiori informazioni rivolgersi in Uganda, dove il condom è l’ultima spiaggia e dove, grazie ad un intenso ed articolato programma di educazione alla fedeltà e alla sessualità, in pochi anni si è avuta una drastica diminuzione della percentuale di persone con infezione da HIV, scesa dal 21% al 7%, oppure a San Francisco, dove invece i preservativi abbondano e sono disponibili nelle scuole pubbliche fin dal 1997, e dove i dati «sulle malattie a trasmissione sessuale segnalati mostrano aumenti per la clamidia, la gonorrea e la sifilide precoce» [1].
Se dunque il preservativo in quanto tale non migliora alcuna situazione, siamo al punto di partenza: perché mai quelli Bill and Melinda Gates Foundation vogliono migliorarne la diffusione attraverso nuovi modelli? Hanno tanti soldi, questi signori, ma non molto buon senso. Se ne avessero saprebbero che il problema oggi non sono i giovani che non prendono con loro il condom, ma quelli che dimenticano il senso di responsabilità; non quelli che praticano il sesso senza rischi, ma quelli che non si prendono il rischio di amare; non i ragazzi che si comportano da cattivi ragazzi, ma i ragazzi che non diventano mai uomini. Qualche anima pia lo faccia presente a Bill e Melinda, o almeno ci provi.
[1] Cfr. San Francisco Monthly STD Report. Data for December, 2011. Report prepared January 30, 2012. Provider STD Reporting: 415-487-5555, 415-431-4628;
Forse sarebbe opportuno specificare che questa è una tua opinione personale, confutata da tutte le review di studi epidemiologici effettuate che attestano invece una sicura correlazione fra incremento dell’uso del condom e riduzione della diffusione di STDs. Citare i dati epidemiologici senza le dovute conoscenze di settore nè l’adeguata alfabetizzazione scientifica necessaria ad interpretare i dati può trarre il lettore in inganno.
Per una review degli studi su utilizzo del condom e STDs vedi
Holmes et al. Effectiveness of condoms in preventing sexually transmitted infections. Bull World Health Organ. 2004
Per la combinazione di diverse misure di prevenzione (behavioural e condom) vedi
Kurth et al., Combination HIV Prevention: Significance, Challenges, and Opportunities. Current HIV/AIDS report. 2011
Per la citata sifilide (e per una diretta analisi e confutazione della tua affermazione) vedi
Koss et al., A Systematic Review of Epidemiologic Studies Assessing Condom Use and Risk of Syphilis. Sexually Transmitted Diseases. 2009
Se sei interessato ad altri dati ed analisi statistiche non ha che da chiedere (o semplicemente usare google scholar, cosa che avresti potuto fare prima per controllare la fondatezza delle tue asserzioni).
Che sfoggio di preparazione, caspita: impallidisco.
Mah, il signor “gvdr” avrà sicuramente conoscenze di settore e adeguata alfabetizzazione scientifica (non possiamo controllarlo, ma gli crediamo sulla parola; noi siamo solo dei semplici medici di campagna, specialisti in medicina interna e docenti universitari di bioetica titolari di un corso universitario su questo argomento). La competenza del signor “gvdr” accresce lo stupore che sorge dal dovere rilevare che nelle sue citazioni di pubblicazioni scientifiche sembra non essere riuscito a cogliere la differenza tra efficacia del condom di per sé e i programmi di diffusione del condom tra la popolazione generale nel prevenire la trasmissione di malattie a trasmissione sessuale (MST). Limitiamoci all’HIV.
Nessuno nega che il condom riduca dell’80% la trasmissione tra partner sierodiscordanti quando usato perfettamente e ad ogni rapporto sessuale (1), nessuno nega che tale efficacia si riduca al 63% in un contesto come quello africano (2), ma già si dovrebbe avvertire qualche preoccupazione osservando che sempre uno studio condotto in Africa ha rilevato che 4 metodi per misurare l’uso del condom sebbene siano risultati associati ad una riduzione delle gravidanze, nessuno di essi è risultato associato con la riduzione di infezioni da HIV (3); se ne deduce una probabile minore capacità protettiva del condom nei confronti dell’esposizione all’HIV rispetto al seme maschile. D’altra parte che le cose possano stare così è confermato proprio dai dati dello studio Rakai in cui l’uso tipico del condom si associa ad un livello di protezione pari a zero. Oltre allo stranoto caso dell’Uganda (4) vi sono altri esempi che mostrano come nelle epidemie generalizzate di HIV il fattore rilevante sia la mutazione del comportamento sessuale (5).
Circa poi la “una sicura correlazione fra incremento dell’uso del condom e riduzione della diffusione di STDs”, forse sono sfuggiti alcuni dati provenienti da vari contesti (Cameroon, Botswana, Sud Africa, l’intera Africa sub-sahariana, gli Stati Uniti) dove a più alti livelli di distribuzione ed impiego di condom corrispondono più alti livelli di sieroprevalenza e poiché, almeno negli USA, la maggior parte dell’uso del condom non avviene per proteggersi dalla MST, ma a scopo anticoncezionale, questa correlazione sembra indicare come variabile indipendente l’uso del condom e la positività all’HIV come variabile dipendente. D’altra parte questo è coerente con la ben nota teoria comportamentale della compensazione del rischio (6) della cui attuazione nella vita reale si hanno evidenze anche a proposito del condom e del comportamento sessuale (7,8).
La lettura un po’ meno frettolosa della stessa revisione di Kurth e coll. citata dal signor “gvdr” gli avrebbe fatto notare che in essa si afferma espressamente che “gli interventi comportamentali che includono l’uso del condom hanno dimostrato di ridurre i comportamenti, sebbene nessun trial controllato e randomizzato abbia dimostrato avere impatto sull’incidenza dell’HIV” (9). Si tratta di un’affermazione che soltanto un lettore superficiale può confondere con l’idea che il maggiore uso del condom conduca ad una riduzione dell’HIV. Infatti in un position statement pubblicato su Lancet già nel 2004 firmato da 150 esperti, compresi alcuni premi Nobel, si afferma che il condom dovrebbe ricevere enfasi soltanto nei contesti di trasmissione concentrata, come quelli in cui il focolaio epidemico è alimentato dalla prostituzione, mentre nei contesti di epidemia generalizzata, per gli adulti la priorità dovrebbe essere data dalla fedeltà (10). Ecco, confessiamo di non usare google scholar, ma confidiamo che questo sarà un peccato da cui il signor “gvdr” ci assolverà.
Ah, a proposito, giochiamo a fare gli 007, il mio nome in codice è Bond, James Bond.
1.Condom effectiveness in reducing heterosexual HIV transmission. Cochrane Database Syst Rev. 2002;(1):CD003255.
2.Ahmed S, Lutalo T, Wawer M, Serwadda D, Sewankambo NK, Nalugoda F, Makumbi F, Wabwire-Mangen F, Kiwanuka N, Kigozi G, Kiddugavu M, Gray R. HIV incidence and sexually transmitted disease prevalence associated with condom use: a population study in Rakai, Uganda. AIDS. 2001 Nov 9;15(16):2171-9.
3.Minnis AM, van der Straten A, Gerdts C, Padian NS. A comparison of four condom-use measures in predicting pregnancy, cervical STI and HIV incidence among Zimbabwean women. Sex Transm Infect. 2010; 86(3): 231-5.
4.Murphy EM, Greene ME, Mihailovic A, Olupot-Olupot P. Was the “ABC” approach (abstinence, being faithful, using condoms) responsible for Uganda’s decline in HIV? PLoS Med. 2006 Sep;3(9):e379.
5.Halperin DT, Mugurungi O, Hallett TB, Muchini B, Campbell B, Magure T, Benedikt C, Gregson S. A surprising prevention success: why did the HIV epidemic decline in Zimbabwe? PLoS Med. 2011 Feb 8;8(2):e1000414.
6.Richens J, Imrie J, Copas A. Condoms and seat belts: the parallels and the lessons. Lancet. 2000; 355(9201): 400-3.
7.Kajubi P, Kamya MR, Kamya S, Chen S, McFarland W, Hearst N. Increasing condom use without reducing HIV risk: results of a controlled community trial in Uganda. J Acquir Immune Defic Syndr. 2005; 40(1): 77-82.
8.Chiao C, Mishra V. Trends in Primary and Secondary Abstinence among Kenyan Youth.
AIDS Care. 2009 Jul;21(7):881-92.
9.Kurth AE, Celum C, Baeten JM, Vermund SH, Wasserheit JN. Combination HIV prevention: significance, challenges, and opportunities. Curr HIV/AIDS Rep. 2011; 8(1): 62-72.
10.Halperin DT, Steiner MJ, Cassell MM, Green EC, Hearst N, Kirby D, Gayle HD, Cates W. The time has come for common ground on preventing sexual transmission of HIV. Lancet. 2004; 364(9449): 1913-5.
Mi rincuora avere ragione sul primo punto: nessun epidemiologo, nessuno specialista di STDs, nessun statistico. Ma, ora che ci siamo spostati sulle evidenze scientifiche (che mancavano del tutto nell’articolo a firma singola e senza referenze) questo è un po’ meno importante. Ora conta capire se gli articoli citati sono 1) robusti e 2) coerenti con la tesi. La tesi, se non vado errato, è riassumibile nel giudicare la promozione dell’astinenza e della fedeltà un migliore fattore di prevenzione (in termini di popolazione) che l’educazione all’utilizzo del condom. Ci sono poi alcune sottotesi: in Uganda il preservativo ha contribuito in modo minore rispetto alle campagne per l’astinenza; a San Francisco la diffusione dell’uso del condom ha peggiorato la situazione.
Se queste son le tesi, beh, nemmeno gli articoli citati in seguito e largamente misinterpretati la suffragano. Se invece la tesi è che la distribuzione di condom da sola non è afficacie se non abbinata ad una campagna di educazione al suo utilizzo e alla sessualità, beh, siamo talmente nell’ovvio che non v’è tanto da discutere.