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Chi dubita che il Governo Monti abbia pensato alle famiglie e alla natalità – di gran lunga il più serio problema del nostro Paese – può trovare conferma delle proprie perplessità nel bonus asilo, che verrà introdotto nel 2013 per le mamme che lavorano. Provvedimento utile? Macché. E il bello è che a dirlo, anzi a scriverlo nero su bianco, è il Corriere della Sera, testata certo non iper-critica nei confronti dell’esecutivo guidato dal senatore Monti.  Ebbene sul Corriere di oggi, nel presentare questa misura, tesa a ridurre il numero di donne che abbandonano il lavoro dopo la gravidanza, si precisa che «i fondi a disposizione sono pochi: 20 milioni di euro l’anno per tre anni». In parole povere questi fondi «basteranno per poco più di 11 mila madri lavoratici, briciole se si pensa che l’anno scorso in Italia sono nati poco più di mezzo milioni di bambini» (Corriere della Sera, 30/12/2012, p. 15).

Ora, posto che se anche – per assurdo – alla maggioranza o a tutte le mamme italiane fosse assicurato il bonus in parola, difficilmente questa misura potrebbe correggere o iniziare a correggere la curva demografica, viene da chiedersi quanto tempo debba passare prima che la politica apra gli occhi sulla necessità non demagogica ma concreta di investire su famiglia e natalità. Qui non sono in gioco le preferenze di una parte dell’elettorato, ma le esigenze di un intero Paese, a partire dalle future generazioni, che si troveranno a dover sostenere, con i loro contributi, costi fissi paurosi e crescenti. Qui serve un investimento netto, consistente, decennale; altro che, con tutto il rispetto, dei bonus asilo. Misure senz’altro utili, per carità, ma minime rispetto ad una emergenza ben più radicale dello spread e che rischia di metterci in difficoltà non nei confronti della Germania o dell’Europa, ma della nostra stessa sopravvivenza.  E’ così difficile da capire?