Né una fuga né una cacciata. L’allontanamento da Palazzo Chigi di Mario Draghi ha un altro sapore: quello dell’uscita di scena volontaria, dell’irritata presa d’atto dell’impossibilità di proseguire. Anche la giacca sartoriale dell’ex Presidente della Bce, per quanto reduce da mari tempestosi, non accettava più d’essere tirata a destra e a manca: da una parte i capricci pentastellati, dall’altra il centrodestra di governo stanco di questi tira e molla, dall’altra ancora un Pd non disponibile ad un esecutivo bis di cui si sarebbe stato l’azionista molto bis.

Così, Super Mario ha deciso di alzare i tacchi. Termina in questo modo l’autocommissariamento della politica, hanno osservato alcuni. Vero. Resta però che questa uscita di scena prima o poi si sarebbe dovuta consumare. Impensabile immaginare Draghi premier fino ad una rigenerazione della classe politica attuale. Esagerato pure esigerne, sequestrando la democrazia, la permanenza fino all’esaurimento di emergenze che, a ben vedere, negli ultimi mesi si sono moltiplicate. Per quanto finita prematuramente, era comunque un’esperienza temporanea.

Ora il centrodestra, Giorgia Meloni in testa, sta scaldando i motori e proverà a vincere le elezioni, mentre il centrosinistra proverà a fare ciò che gli riesce meglio: governare senza vincerle. Intanto, all’orizzonte, tutti vedranno il profilo affilato del banchiere chiamato dalla politica rimpicciolirsi; e sarà difficile non chiedersi quando, dopo Monti e dopo di lui, le chiavi del governo verranno di nuovo date ad un Super Mario di fiducia quirinalizia. Sta di fatto che ora la politica, nel bene e nel male, è chiamata a tornare protagonista. Ce la farà? Per quanto ambizioso e magari per alcuni populista sia il pensiero, vale la pena sperarlo. 

Giuliano Guzzo

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