
Tutti sanno o almeno dovrebbero sapere che in Cina la libertà religiosa, insieme in realtà a molte altre, non se la passa benissimo, per usare un eufemismo. Già meno note, invece, risultano essere le misure con cui il regime comunista si è attivato anche recentemente per reprimere la religione, in particolare il cristianesimo. L’ultima è la messa al bando dagli smartphone della parola «Cristo».
La scoperta è stata fatta da un gruppo religioso che su WeChat – servizio messaggistica testuale e vocale per dispositivi portatili, sviluppato dalla società cinese Tencent – stava consigliando delle letture, tra le quali figurava il noto libro L’imitazione di Cristo. Ebbene, il tentativo d’invio del messaggio è stato stoppato da un avviso secondo cui «la parola ‘Cristo’, che stai cercando di pubblicare, viola le normative».
Tale blocco rispecchia le nuove misure sui servizi d’informazione religiosa su Internet che Pechino ha varato il 20 dicembre scorso, previa la collaborazione di cinque di diversi dipartimenti. In realtà, anche nei social occidentali si sono visti periodi più felici per i cristiani – per dire, un deputato spagnolo è stato censurato, su Twitter, per aver scritto «Amen» -, ma queste notizie dalla Cina sono un drammatico assaggio di cosa sia capace un vero regime.
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«Giuliano Guzzo accumula una serie impressionante di dati per mostrarci una realtà che ignoriamo. E che dimostra che il Maestro non ha esaurito le carte da giocare» (Rino Cammilleri).
«Un prezioso manuale con corrette interpretazioni su moltissime tematiche. Può senz’altro contribuire a trasformare la “fede liquida” in una “fede forte”» (Unione Cristiani Cattolici Razionali)
«Un libro che mancava e che sfata montagne di pregiudizi sul cristianesimo» (Pro Vita & Famiglia)
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