
Capisco pochino di calcio e non lo seguo granché. Lo premetto per non millantare competenze e non passare come uno dei milioni ct della Nazionale ora in servizio permanente nella nostra penisola. La scarsa alfabetizzazione calcistica non mi impedisce però di provare gran gioia per il risultato degli Azzurri a questi campionati di europei, specie dopo la vittoria di ieri sul Belgio, squadrone di prima grandezza. Tuttavia, la raggiunta semifinale è solo una faccia della medaglia che, comunque vada, l’Italia si è già aggiudicata; l’altra, si chiama orgoglio ritrovato. È un senso di appartenenza e fraternità che, sotto certi punti di vista, è pure un risarcimento del destino, se non proprio provvidenziale.
Risarcimento di che? Ma dell’ultimo tragico anno e mezzo. Per carità, la pandemia – lo dice già la parola – non è stato, né è solo affare nostro. Però l’Italia, pure per responsabilità politiche e sanitarie da accertarsi su cui non è qui il caso di soffermarsi, ha pagato un prezzo altissimo. Penso alle vittime, a chi ha perso un familiare, ma penso anche a chi si è dovuto sorbire mesi di restrizioni; a chi non ha più un lavoro. Ora, nessuna vittoria calcistica, lo so bene, può ripagare cose simili. Quest’amara consapevolezza non ci privi però dell’entusiasmo che i ragazzi di Roberto Mancini, che forse non ha una squadra di fenomeni ma ha saputo creare un fenomenale senso di squadra, ci stanno offrendo.
Perché effimera finché vuole, ma quella che si sente nell’aria è una leggerezza festosa e rigenerante, un toccasana che non capita spesso. Un dono. E se è vero, come diceva Winston Churchill, che «gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio», chissà che non sia vero pure che, vincendo partite come fossero guerre, non si possa – grazie alle imprese fin qui regalateci dagli Azzurri – risollevarsi nel profondo. Dopotutto, la lezione della squadra di Mancini (a parte la triste telenovela sulla genuflessione, transeat) è notevole: non importa se, davanti ad una impresa, parti favorito o no. Conta quanto la desideri. Soprattutto, conta quanto ti decidi a desiderarla con chi ti sta accanto.
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Orgoglio ritrovato inginocchiandosi solo perché lo hanno fatto gli altri? Quella che è stata scritta ieri è una pagina vergognosa dello sport in generale e dello sport italiano in particolare.
Effettivamente… Mi è parla una cosa talmente innaturale…
Che dietro ci sia stata una perentoria richiesta degli sponsor?
“Follow the money” aveva suggerito Giovanni Falcone; per tutt’altro tipo di cose, ma credo possa benissimo valere anche per questo genere di pagliacciate.
Una considerazione interessante.
L’ha ripubblicato su Organon.
Inginocchiarsi ai BLM, organizzazione criminale e suprematista razziale afroamericana, è umiliante per chi la fa. I nostri calciatori l’hanno fatta perché la mafia liberalprogressista controlla anche il calcio, e se non si allineano, le loro carriere verrebbero stroncate attraverso i procuratori. Quindi personalmente li perdono.
Sono sicuro di una cosa, che i liberalprogressisti nostrani, fanatici dell’immigrazione e della società multietnica, gufano contro la Nazionale di Mancini perché “troppo bianca”. Come se per una rappresentativa calcistica di un paese europeo non fosse normale avere la rosa formata esclusivamente da individui di razza bianca. Eh no, per loro la “normalità” sarebbero la Francia, il Belgio e altre, che sono piene di africani.