Il calendario liturgico laico dice che oggi è il 21 marzo, ossia la Giornata mondiale della Sindrome di Down, istituita dalle Nazioni Unite per una nuova cultura della diversità. Ma di che cultura della diversità stiamo parlando? Sono infatti decenni che in Occidente i piccoli affetti da trisomia 21 vengono decimati tramite l’aborto. Negli Usa viene abortito il 67% dei nascituri Down (Prenatal Diagnosis, 2012), percentuale che sale ulteriormente tra le madri con più alti livelli d’istruzione (The Atlantic, 2020). In Europa, se possibile, la situazione è ancora più drammatica.
In Danimarca, primo Paese europeo a istituire lo screening per la sindrome di Down, quasi tutti i bambini con diagnosi di sindrome di Down vengono abortiti, esito che interessa il 77% di questi nascituri anche in Francia e il 98% in Islanda (Lejeunefoundation, 2017). Ad accelerare questo spietato processo di decimazione è una miscela di mentalità eugenetica e di diffusione di test prenatali. Un’indagine sugli ospedali inglesi ha messo in luce come, alla diffusione di tali test, i numero di bambini Down nati precipiti da uno ogni 956 nascite ad uno ogni 1.368 (The Times, 2019).
Il fatto ancora più sconvolgente è che non di rado si fanno pressioni sui genitori che aspettano un bambino con trisomia 21. Emma Mellor, una mamma inglese, ha dichiarato che a lei al marito, mentre aspettavano il loro piccolo, sono stati offerti 15 aborti, «anche se avevamo chiarito che quella non era un’opzione per noi. Eppure spingevano per questa scelta, volevano davvero abortissimo» (Bbc, 2020). Ora, in questo quadro che senso ha celebrare la Giornata mondiale della Sindrome di Down? Onestà vorrebbe che la si smettesse di cianciare di «inclusione», ammettendo di essere razzisti.
Oltretutto, razzisti nel modo più vigliacco – dato che l’aborto è l’eliminazione della vita indifesa per antonomasia – e più autentico, dato che è noto come Hitler avesse scatenato le sue pulsioni di sterminio contro i suoi concittadini handicappati ancor prima che contro gli ebrei. Naturalmente, le obiezioni possibili sono note: ma che dici, quello mica è razzismo, medievale che non sei altro, tu che vuoi costringere le donne a partorire figli indesiderati, ecc. È il solito ritornello che in Occidente si fa imparare a pappagallo. Ma pure il più indottrinato, prima o poi, non potrà fare a meno di chiederselo, come mai le persone con la sindrome di Down stiano sparendo.
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Ho letto testimonianze sconvolgenti, come questa
https://ilblogdibarbara.wordpress.com/2019/03/21/oggi-e-la-giornata-mondiale-della-sindrome-di-down/
(e commenti sconvolgenti, nel mio post, come quelli di “rettiliano verace”)
In compenso, per fortuna, ho conosciuto anche due mamme con un figlio down che hanno scelto di avere un altro figlio, rifiutando l’amniocentesi in quanto decise a metterlo al mondo in qualunque caso.
Ho avuto una scolara con la mamma dalla vivace vita sentimentale, che a ogni uomo che cambiava ci faceva un figlio. La seconda figlia era Down, e il padre (l’unico dei suoi uomini con cui si era sposata) appena ha saputo che la bambina era “difettata” ha abbandonato la famiglia. Quando è nata la terza figlia, la bambina Down si è mostrata una babysitter di tale affidabilità che la madre si fidava tranquillamente a lasciarla affidata a lei quando doveva uscire. Di tutti i genitori con figli down che ho conosciuto, non ne ho trovato uno che fosse infelice, o pentito di averlo fatto nascere, e chiunque abbia conosciuto persone Down può testimoniare quanta serenità trasmettono a chi le circonda.
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L’ha ripubblicato su Organon.