Non che fosse prima molto netto, tutt’altro, ma che il confine politica e psichiatria si sia ridotto a filo interdentale, è un dato da registrare con amarezza. D’altra parte, non si possono commentare altrimenti le parole con cui un deputato del Missouri, Emanuel Cleaver, ha nelle scorse ore concluso la preghiera (Cleaver è un pastore protestante) in apertura dei lavori del 117° Congresso Usa: «Amen and awoman». Obbiettivo della surreale trovata, introdurre la neutralità di genere della preghiera; come se secoli di preghiere siano state, nella loro chiusura, criptici ma micidiali inni al maschilismo. Un’assurdità che solo un luminare della psichiatria potrebbe, forse, aiutarci a decifrare.

Sta di fatto che persino in casa progressista la cosa non ha convinto, apparendo una forzatura controproducente. In effetti, nella misura in cui una battaglia che già non tutti percepiscono come epocale – l’approccio di genere al linguaggio istituzionale – viene estremizzata a simili livelli, che fanno a pugni con il latino oltre che con il buon senso, il boomerang è servito. Senza dimenticare che strizzare l’occhio a pratiche che umiliano la dignità femminile – dall’utero in affitto alla crioconservazione degli ovociti per donne in carriera, idea cara a quella Silicon Valley che tifa per i democratici nei quali milita Cleaver – per poi far i femministi 2.0, neutralizzando le preghiere, fa venire il dubbio che a qualcuno, ad essersi neutralizzato, sia stato il cervello. Amen.

Giuliano Guzzo