Per motivare la sua decisione di far coprire i manifesti di ProVita&Famiglia sui rischi della pillola Ru 486, il sindaco di Trento, Franco Ianeselli, ha spiegato che essi «sono subdolamente violenti e menzogneri». Ora, a parte che è curioso che si discetti di violenza nei confronti di una campagna sull’aborto – dato che mi pare, l’aborto, violenza ben peggiore -, sarebbe interessante capire in che cosa i contestati manifesti sarebbero «menzogneri». Ianeselli non lo ha chiarito. Forse è «menzognero» dire che la Ru 486, oltre ad eliminare il nascituro, «mette a rischio la salute della donna»?
Lasciamo la parola alle donne, a due donne, due autrici che proprio sul tema della pillola abortiva hanno scritto un libro, la docente universitaria Assuntina Morresi e la giornalista e politica Eugenia Roccella. Ecco che cosa scrivono sulle conseguenze dell’aborto chimico «i cui effetti collaterali usualmente» osservati sono «vomito, nausea, diarrea, dolori addominali, crampi, abbondanti perdite di sangue, e poi emicrania, febbre, vertigini […] I dolori e le perdite di sangue sono i meno tollerabili, quelli a cui può seguire una visita medica non programmata» (La favola dell’aborto facile, FrancoAngeli 2006, p.131).
Morresi e Roccella per caso esagerano, scrivono forse animate da faziosità? Non si direbbe. Anzi, come loro e più di loro è la letteratura medica specialistica a sottolineare che l’aborto chimico presenta un tasso di mortalità dieci volte superiore a quello chirurgico (N Engl J Med 2005; 353:2317-8), che provoca dolori, nausea e debolezza, con crampi quasi nel 94% dei casi (Obstet Gynecol 2005;105(2):345-51) e che almeno una volta su due costringe le donne che vi ricorrono alla sconvolgente vista del feto abortito (Br J Obstetr Gynaecol 1998;105(12):1288-95). Attenzione, perché purtroppo non è ancora finita.
Infatti quello tramite Ru 486 è pure un metodo abortivo con un tasso di fallimenti decisamente maggiore di quello chirurgico (Am J Obstet Gynecol 1997;176(2):431-7). Prima che qualcuno osservi che questi studi non sono recentissimi, facciamo notare che non sono stati superati. Affatto. Lo stesso Consiglio Superiore di Sanità, nel parere reso lo scorso agosto per dare il placet al day hospital per la pillola abortiva, si è guardato bene dal comparare gli effetti collaterali di aborto chimico e aborto chirurgico. Anzi, ha indicato che sarebbe consigliabile, per le minorenni che assumono la Ru, il ricovero ospedaliero. Chissà perché.
Ma torniamo al sindaco di Trento e al suo bocciare come «menzognero» il manifesto di ProVita&Famiglia: dove sarebbe tale? Quali sarebbero le bugie nel definire la pillola abortiva pericolosa per la salute della donna? La Food and Drug Administration, l’ente Usa proposto alla regolamentazione dei preparati farmaceutici, segnala che dal 2000 al 2018, in conseguenza degli effetti collaterali legati all’assunzione di Ru 486, si sono verificati 24 decessi. Di donne, ovviamente. Cosa dunque ci sia di «menzognero», nel denunciare i pericoli dell’aborto chimico, è un mistero. A meno che qualcuno non creda di sedere al Miniver; in quel caso, tutto a posto.
E ben si comprende dove stanno in realtà le “subdole menzogne”.
L’ha ripubblicato su Pastor Aeternus proteggi l'Italia.
“violenti e menzogneri”. Il secondo termine è figlio del primo. A parte il valore ascientifico del secondo è chiaro che l’uso contemporaneo denota solo l’ideologia che ammorba e comanda la testina del sindaco. L’abortismo del resto è e rimane solo ideologia: ammazzare le persone in fase di crescita (salvo che non ci sia rischio di perdere la vita per la gravida e salvo che la donna non sia stata oggetto di stupro) è solo sfruttare l’impossibilità del più debole di difendersi (vincere facile insomma). E’ solo una società (che ha “licenziato” la 194), una donna in gravidanza (che porta in grembo la vita) e un uomo che l’ha resa incinta (quello che quasi sempre “scarica” il “barile” sulla stessa donna…) uniti nel “grande” sforzo di eliminare un essere debole e incapace di difendersi a prescindere. Anche con la Ru486.
Dott. Guzzo, anch’io sono contro l’aborto, ma certe mistificazioni non fanno bene alla causa:
“l’aborto chimico presenta un tasso di mortalità dieci volte superiore a quello chirurgico (N Engl J Med 2005; 353:2317-8)”
Questo è ciò che aggiunge poi l’autore: “As tragic as the deaths of these young, healthy women are, they remain a small number of rare events without a clear pathophysiologic link to the method of termination.” Il numero a cui fa riferimento è quello di 4 donne morte di infezione.
“La Food and Drug Administration […] segnala che dal 2000 al 2018, in conseguenza degli effetti collaterali legati all’assunzione di Ru 486, si sono verificati 24 decessi.”
Questo è invece quello che dice l’articolo: “As of December 31, 2018, there were reports of 24 deaths of women associated with Mifeprex since the product was approved in September 2000, including two cases of ectopic pregnancy resulting in death; and several cases of severe systemic infection (also called sepsis), including some that were fatal. The adverse events cannot with certainty be causally attributed to mifepristone because of concurrent use of other drugs, other medical or surgical treatments, co-existing medical conditions, and information gaps about patient health status and clinical management of the patient.”
In realtà, l’intera letteratura medica è dominata da toni prudenti e da consigli di ulteriori approfondimenti, dunque non c’è nessuna mistificazione. In ogni caso, è lo stesso autore ad aggiungere, dopo il passo da lei citato, queste parole: “Patients should be informed of this risk before they consent to the procedure”. Un invito ad informare le donne del fatto che altre donne sono morte, come dire, parla da solo. Ad ogni modo le 4 donne morte di cui si parlava già nel 2005…non mi sembrano poche! Diversamente, mi chiedo e le chiedo: quante ne devono morire, di donne, prima che ci si possa iniziare a preoccupare?
Restando alla mortalità, sottolineo che la maggiore incidenza dell’aborto chimico è stata ripresa anche dalla prof. Assuntina Morresi la quale nel 2009 – commentando proprio i dati americani in seno alla commissione Igiene e Sanità del Senato – osservava che dal 1988 al 1997, si contarono 25 morti materne ad ogni età gestazionale (quindi, per tutto il tempo della gravidanza) su 13.161.000 aborti chirurgici. Dal 2001 al 2005, invece, sono risultate 5 morti materne per infezione da Clostridium Sordellii dopo l’aborto chimico, a fronte di un totale di 460.000 stimati aborti chimici (i quali normalmente non riguardano tutto il tempo della gravidanza): un rapido calcolo e i conti tornano, eccome.
Anche per l’Italia un dato significativo c’è: in 40 anni di aborto chirurgico, è stato segnalato solo un decesso associato all’intervento abortivo. In 10 anni di aborto chimico, invece, i decessi legati all’assunzione della Ru 486 sono già risultati 2. Mi pare abbastanza per allarmarsi anche perché – e vengo alla seconda osservazione – se i decessi in seguito alla sua assunzione non “possono essere attributi con certezza” al mifepristone, un legame con esso non può neppure essere escluso: non mi pare affatto poco, considerando che – da che mondo è mondo – nel dubbio prevale sempre la prudenza.
Ci vorrebbero quindi studi e stime più accurate? Certo. Peccato che l’onore della prova, per un banale principio di precauzione, spetterebbe a coloro che sostengono che la pillola Ru-486 non presenti particolari rischi.
Un caro saluto.
La ringrazio per la risposta, e sono d’accordo sul fatto che ai pazienti vadano esposti tutti i rischi legati ad un farmaco o un trattamento, ma l’articolo del dott. Greene va in tutt’altra direzione, tant’è vero che verso la fine riporta la raccomandazione di non lasciarsi condizionare da questi singoli casi e precludere alle donne l’accesso alla pillola abortiva: “Regulators should keep this rare complication in perspective and not overreact to scant data by prematurely foreclosing the only approved medical option for pregnancy termination.”
Sulla questione della mortalità, il tasso 10 volte superiore con l’aborto chimico rispetto all’aborto chirurgico è basato su quei 4-5 casi (su quasi mezzo milione) di donne infette con C.sordelli. Wikipedia riporta che: “A postmarketing summary found, of about 1.52 million women who had received mifepristone until April 2011 in the United States, 14 were reported to have died after application”. Quindi un tasso di mortalità dello 0,0009% circa. Come osservato da alcuni, un tasso anche inferiore rispetto a quello legato a gravidanza e parto. Direi che è evidente che il messaggio trasmesso dal manifesto con l’immagine della donna morta è fortemente fuorviante e allarmista.
Ritengo che la lotta all’aborto vada fatta sul piano etico-morale, lasciando che chi di dovere si occupi di valutare i rischi legati alla salute, e lasciando a loro e alla loro autorevolezza il compito di comunicarli al pubblico. La manipolazione di dati anche per un nobile scopo finisce per creare più danni d’immagine che conversioni (oltre che essere peccato), soprattutto in casi come questo.
Anche perché il maggior rischio legato alla Ru-486 (ancora da confermare con dati più solidi, ripeto) risulterebbe solo un’aggravante di quello che è il vero delitto, l’aborto in sé, che sia fatto in sicurezza o meno.
A me non interessa fare l’esegesi del pensiero del dottor Greene, ma il dato – allarmante – sulla mortalità che traspare dal suo pezzo. Un dato che, sarò testardo, non può certo essere una citazione di Wikipedia a confutare e neppure solo a ridimensionare. Anche perché prendo atto che non mi è stata data una risposta alla domanda su quante donne dovrebbero morire, prima di iniziare a preoccuparsi della Ru 486.
Io la mia l’ho già: ne sono già morte troppe.
Libero comunque lei o chiunque altro di ritenere la campagna contro la Ru-486 allarmistica, per me resta più che fondata. Del resto, dimostrare che la Ru-486 non comporti particolari rischi è semplicisissimo: effettuare nuove e più accurate ricerche. Che, guarda caso, nessuno da qualche tempo sta più effettuando. Chissà come mai.
Ad ogni modo, nel frattempo denuncio ogni aborto come crimine, preoccupandomi più per il colpevole silenzio della stragrande maggioranza dei cattolici (è un peccato pure quello, tremendo) che per i toni forse – forse, sottolineato tre volte – esagerati di qualcuno.
Dato che questo è il mio blog, dichiaro conclusa questa conversazione. Un saluto.
“The adverse events cannot with certainty be causally attributed to mifepristone because of concurrent use of other drugs, other medical or surgical treatments, co-existing medical conditions, and information gaps about patient health status and clinical management of the patient.”
Ma neppure il contrario però… Mi paiono comunque i discorsi di coloro che affermano che di covid non si muore, ma è tutta causa di patologie pregresse.
In ogni caso da ciò che ho letto, le dinamiche abortive di questo farmaco sono tutt’altro che una passeggiata (non parliamo poi degli effetti psicologici delle donne che vedono l’espulsione del feto, quale che sia il suo stadio di crescita), quindi piuttosto riduttivo se non cinico parlare solo della percentuale di mortalità.
Vorrei proprio vedere quale assentato genitore non si preoccuperebve minimamente della figlia (spesso giovane) che decidesse di assumere questo farmaco abortivo, ma, se la cosa non fosse chiara, si vede bene come la ratio sia quella di sottrarre giovani ragazze dalla tutela degli stessi genitori, quantomeno riguardo l’abominevole pratica dell’aborto.
“Mi paiono comunque i discorsi di coloro che affermano che di covid non si muore, ma è tutta causa di patologie pregresse.”
È diverso, nel caso del covid si parla di centinaia di migliaia di casi, con la pillola invece meno di 30, per cui anche la significatività statistica è molto differente.
“piuttosto riduttivo se non cinico parlare solo della percentuale di mortalità”. Anche la percentuale di ospedalizzazione è molto bassa. Comunque non credo che abbia molto senso spingere il dibattito sugli effetti collaterali, se fossero stati gravi e numerosi la pillola non sarebbe stata approvata in prima istanza. Che ci siano è normale, ogni farmaco ne ha, anche gli antiinfiammatori comuni.
Per questo penso sia molto più credibile (ed efficace) concentrare gli sforzi sugli effetti letali sull’embrione, che sono appunto il motivo per cui la pillola è stata ideata.
Gli effetti letali sull’embrione sono una certezza, ma su cosa si dovrebbe “spingere” visto che l’aborto è un “diritto” e l’embrione si e no un “grumo di materia”??
In ogni caso, un aborto non è mai senza conseguenze per la donna.
“su cosa si dovrebbe “spingere” visto che l’aborto è un “diritto” e l’embrione si e no un “grumo di materia”??”
Sul mettere in discussione il presunto diritto e la definizione di “grumo di materia”. Entrambi sono concetti che non reggono da nessun punto di vista, né scientifico né filosofico. Il grosso delle controargomentazioni in questi casi si limitano ad essere di tipo emotivo-identitario.
“un aborto non è mai senza conseguenze per la donna.”
Verissimo, ma questo vale anche per l’aborto chirurgico.
Entrambi non reggono… verissimo, ma paiono verità assodate e acclarate.
“Verissimo, ma questo vale anche per l’aborto chirurgico.”
Altrettanto vero (ed infatti non facevo distinzioni), e quindi??
Ho perso il filo della logica… dato che si applicano queste conseguenze (leggi sofferenze) a OGNI tipo di aborto – compresi invero quelli non voluti, cosiddetti “spontanei”,, non applichiamo allo specifico della RU-486?
Mi pare il discorso si stia facendo arido e inutile, quindi qui mi fermo.
Il meccanismo è il medesimo che indica Bariom, al di là dei numeri, e il parallelo tra “non è colpa della pillola” e “non è morto di Covid” è esatto.
Tanto più se parliamo di un farmaco prescritto non per una singola, specifica patologia ma per uno stato diffusissimo, trasversale e concomitante con pressoché la qualunque, quale la gravidanza.
Molto spesso, anche nelle pubblicazioni ufficiali, si mente come si trattasse di bere un bicchier d’acqua, tralasciando e confondendo a bella posta causa prima e causa ultima di morte. Si tratta solo di uno dei tanti vulnus della ricerca così come della comunicazione scientifica; nessun accanimento.
“Molto spesso, anche nelle pubblicazioni ufficiali, si mente come si trattasse di bere un bicchier d’acqua”.
In quali pubblicazioni si mentirebbe in questo modo?
@Luigi Bonini
Capisco le sue perplessità e ha ragione nel sostenere che il motivo principale per cui bisogna essere contrari all’aborto è il fatto che si tratta dell’uccisione di un essere umano innocente e indifeso (perché checché ne dicano gli abortisti un essere umano è tale dal momento del concepimento). Quindi, se anche le procedure di aborto (chirurgico o chimico che sia) fossero assolutamente prive di rischi, l’aborto rimarrebbe un’azione moralmente riprovevole.
Tuttavia, se dei rischi per la salute della donna esistono veramente, è giusto sottolinearli, perché tutta la propaganda abortista batte sempre sulla questione della difesa delle donne, dei loro diritti, della loro “auto-determinazione”. Quindi se tutta questa retorica da loro usata è falsa, perché le donne non le difendono veramente, bisogna dirlo.
Ora, lei sostiene che in realtà questi rischi per la salute delle donne siano quasi inesistenti, perché le morti occorse negli anni sono state, in rapporto al totale, pochissime. Posso anche darle ragione su questo punto, ma la salute della donna può essere compromessa in molti altri modi che non la sola morte. Per esempio a me interesserebbe sapere se sono stati fatti studi sul numero di donne che soffrono di depressione dopo l’aborto. Oppure se l’aver subìto un aborto può aumentare il rischio di complicanze in future gravidanze. Onestamente non lo so, ma se così fosse, sarebbe importante farlo sapere in qualsiasi modo possibile, anche usando dei giganteschi manifesti.
“Tuttavia, se dei rischi per la salute della donna esistono veramente, è giusto sottolinearli”.
Beatrice, è giustissimo illustrare, come ho già detto, gli effetti collaterali di un farmaco, ma l’impressione è che non ci sia, almeno a livello istituzionale, una volontà di nascondere o minimizzare gli effetti avversi della pillola.
Dall’ultima circolare ministeriale sull’utilizzo della Ru-486 (http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato228648.pdf) si legge in particolare questo passaggio: “si raccomanda di effettuare il monitoraggio continuo ed approfondito delle procedure di interruzione volontaria di gravidanza con l’utilizzo di farmaci, avendo riguardo, in particolare, agli effetti collaterali conseguenti all’estensione del periodo in cui è consentito il trattamento in questione.
Tale monitoraggio sarà preso in esame anche ai fini della Relazione annuale del Ministro al Parlamento sulla attuazione della legge 194/1978, attraverso i dati correntemente rilevati dal Sistema di sorveglianza IVG.”
Ne consegue che i medici sono tenuti ad effettuare un servizio di supervisione e raccolta dati, trattandosi per di più di un cambiamento recente nella modalità di somministrazione di tale farmaco (non essendo più prescritta l’ospedalizzazione).
“a me interesserebbe sapere se sono stati fatti studi sul numero di donne che soffrono di depressione dopo l’aborto”.
E’ stato pubblicato uno studio al riguardo, su di un’autorevole rivista, JAMA Psychiatry, “Psychological Responses of Women After First-Trimester Abortion”. La conclusione che ne è derivata è però la seguente: la maggior parte delle donne è stata contenta di aver abortito, non ha riportato conseguenze psicologiche e sarebbe disposta a rifarlo; “Most women do not experience psychological problems or regret their abortion 2 years postabortion, but some do. Those who do tend to be women with a prior history of depression.”
“se l’aver subìto un aborto può aumentare il rischio di complicanze in future gravidanze”.
Non sono assolutamente esperto sull’argomento, ma secondo le evidenze correnti “Il tipo di trattamento scelto per la gestione dell’aborto del I trimestre non influisce sul tasso di fertilità della donna.” (https://www.saperidoc.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/516).
Guardi se a lei piace credere che sottoporsi a un aborto sia una passeggiata (un po’ come togliersi un dente) è liberissimo di crederlo. Io sono convinta che abbia invece pesanti conseguenze fisiche e psicologiche su chi decide di farlo. È qualcosa che intuisco da donna, perché nel nostro intimo siamo fatte tutte allo stesso modo, anche se siamo capacissime di raccontarci menzogne e di fingerci diverse da ciò che siamo. Tutte nasciamo con questo grandissimo dono di poter accogliere in noi la vita e anche quando per problemi di sterilità ciò ci è precluso, conserviamo lo stesso un istinto materno che è innato e non eliminabile dalla nostra natura. Rinnegare questo istinto è esercitare una violenza su sé stesse prima ancora che su qualcun altro e farlo non può non avere conseguenze.
Partiamo da quelle psicologiche. Qui c’è un articolo scritto dallo psichiatra Tonino Cantelmi e dalla psicologa Cristina Cacace che sostiene come l’aborto aumenti il rischio per le donne di soffrire di disturbi psicologici più o meno gravi: http://www.post-aborto.it/wp-content/uploads/2014/01/Aborto-volotario-e-salute-mentale-della-donnaT.-CantelmiC.Cacace.pdf
È un articolo molto lungo, ma puntuale e preciso nel riportare i dati di studi e ricerche sul tema.
Quanto alle problematiche fisiche legate all’aborto ne parla in maniera approfondita questo articolo di Lorenza Perfori: http://www.libertaepersona.org/wordpress/2018/05/la-194-ha-fallito-anche-l%E2%80%99aborto-legale-fa-male-alla-salute-delle-donne/