Da ormai qualche anno, per il quotidiano La Verità, curo «Settimana Santa», una piccola rubrica in uscita il lunedì con la quale, in poche battute, presento i santi non del giorno bensì, appunto, della settimana. Il che, se da un lato è un notevole sforzo di sintesi – passare, ogni volta, dai volumi della mia biblioteca a meno di dieci righe non è così semplice -, dall’altro si traduce, mi sono accorto, in un esercizio spirituale molto più che giornalistico. Ma sì, perché studiare o ripassare la vita dei santi equivale ad immergersi nel Vangelo vissuto in fondo, e a comprendere quanto larga può diventare l’esistenza di ognuno, nel momento in cui è vissuta con lo sguardo rivolto verso l’Alto.

Per questa ragione oggi assaporo la festa di Ognissanti come mai, per oltre 30 anni, avevo fatto prima, del tutto consapevole che loro, i santi, sono i veri ribelli. Nessuno più di un santo, infatti, rigetta la mentalità del mondo anteponendo la Verità al vantaggio, la Giustizia alla corruzione, la testimonianza dell’Eterno al godimento dell’effimero. Sono così estremi e pure estremisti, questi uomini e queste donne, che a volte appaiono oggettivamente fuori dal mondo, e – in un certo senso – è proprio così. Infatti essi obbediscono anzitutto al Signore e solo in subordine, come riflesso, a tutto il resto. Sono cioè nel mondo ma non appartengono in alcun modo ad esso, per dirla con la Lettera a Diogneto. Più che vissuti, dunque, sembrano come atterrati.

L’aspetto sconvolgente poi è che, con la loro esistenza sulle orme di Cristo, i santi non si limitano a dare una testimonianza fine a sé stessa, ma incoraggiano a fare altrettanto, a spendersi per le Cose di Lassù. Ribellione totale, dunque, rispetto a una mentalità mondana che ci sprona ad un costante e puramente materiale carpe diem. Come se tutto finisse subito, o stesse per finire a breve. Ebbene, grazie ai santi sappiamo che non solo esiste un’alternativa, ma che questa è la sola che realizza appieno la nostra vita; perché la affida a quel Dio che può, Lui solo, traghettarci in quell’eternità in assenza della quale tutto diviene evanescente e, in definitiva, assurdo e inutile. Preghiamoli, allora, perché come una nave altrimenti vagante nella notte, anche la nostra anima abbisogna di stelle splendenti.

Giuliano Guzzo