Sta generando un vero e proprio terremoto mediatico la notizia di queste ore secondo cui papa Francesco avrebbe aperto alle unioni civili, dichiarandosi favorevole alla legge che le regolamenta e definendole addirittura una famiglia. «Le persone omosessuali», avrebbe detto il pontefice, «hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo».
Queste esternazioni sarebbero contenute in un documentario in uscita oggi alla Festa di Roma a firma di Evgeny Afineevsky. Dagli spezzoni anticipati il Papa parla di «convivencia civil» (e non di «union civil»), quindi la prudenza è d’obbligo. Ad ogni modo, anche se quanto anticipato fosse vero, paradossalmente la notizia non consisterebbe nell’apertura di Papa Francesco alle unioni civili quanto nel contraddire sé stesso, sia rispetto ai suoi anni da cardinale – quando definì le unioni civili frutto dell’«invidia del Demonio» (22.6.2010) – sia ai suoi anni da pontefice, durante i quali ha più volte ribadito che «la famiglia è soltanto quella composta da uomo e donna» (16.6.2018). Come mai questo testacoda? Questo è il vero giallo.
Ad ogni modo, dato che tanti amici – sopravvalutandomi – mi stanno scrivendo allarmati da questa uscita papale che, se vera, sarebbe di gravità inaudita, rispondo loro qui dicendo che sono sereno e consigliando loro di fare altrettanto. La verità sulla famiglia e sul suo essere fondata sul matrimonio (tra uomo e donna) non è un fatto cattolico ma umano, come ho cercato di spiegare (senza mai citare un solo testo sacro né un Papa) nel mio primo libro. C’è infatti una massa sterminata di evidenze antropologiche e sociologiche – dagli studi di George Peter Murdock a quelli di Pierpaolo Donati – che dimostra come, pur con tutte le fluttuazioni sociali, religiose, anagrafiche, economiche, di codifica del rito, valoriali, la famiglia sia quella tra uomo e donna. Punto.
Non solo. Disponiamo di inequivocabili riscontri rispetto al fatto che tutte le società, antiche e recenti, che hanno provato a liquidare la famiglia hanno avuto due esiti soltanto: sono tornate sui loro passi oppure sono scomparse. E rispetto a questo, attenzione, nessun legislatore, nessuna Corte Costituzionale perfino nessun Papa può dire nulla: contra factum non valet argumentum. Senza naturalmente dimenticare che, anche sotto il profilo morale, la verità cristiana sulla famiglia come unione nuziale tra uomo e donna poggia, pur avendole fecondate e rinnovate, sulle basi della morale classica, quindi su una tradizione plurimillenaria. Stiamo insomma sereni, amici. La famiglia è e resta quella di sempre. E le parole di nessuno potranno mai cambiare questa realtà granitica.
“C’è infatti una massa sterminata di evidenze antropologiche e sociologiche – dagli studi di George Peter Murdock a quelli di Pierpaolo Donati – che dimostra come, pur con tutte le fluttuazioni sociali, religiose, anagrafiche, economiche, di codifica del rito, valoriali, la famiglia sia quella tra uomo e donna. Punto.” Ok, siamo d’accordo, ma detto questo, prendiamo atto che Papa Francesco la pensa diversamente. PUNTO !!!
E questo non è senza conseguenze.
Da credente cattolico non ritengo le coppie omosessuali vere coppie secondo il progetto di Dio. Ma è quello che, sostanzialmente, afferma pure il nostro Pontefice: il matrimonio cristiano è solo quello tra uomo e donna che si amano nella libertà e nella castità, come Cristo ci ha insegnato. Tutti gli altri tipi di unioni che non rientrano nel matrimonio, così biblicamente inteso, sono accoppiamenti illeciti. Del resto tutte le grandi religioni monoteiste accettano il matrimonio in riferimento a Dio.
Quindi il matrimonio tra omosessuali non può esistere per i cattolici, e, per quanto ne sappia, ancor meno dalle altre grandi religioni. Oggi ci sono tante altre possibilità: il matrimonio civile, i riconoscimenti di unioni civili e quanto altro vogliono. Se é quello che desiderano, che gli omosessuali lo facciano e lo ottegnano pure: ne hanno diritto, in quanto anch’essi creature di Dio nate per essere felici; va detto, però, che tutte le unioni contrarie alla castità non possono definirsi cristiane, così come tutti gli stati contrari alla castità non sono stati di vita cristiana.
https://lanuovabq.it/it/papa-e-gay-frasi-sconcertanti-ma-il-fedele-e-obbligato-a-pensare-il-contrario
rimando all’intervento chiaro di S.Fontana su La Bussola Quotidiana di oggi: che una legislazione nazionale introduca una regolamentazione di unioni civili differente dalla Famiglia (uomo e donna) lo trovo logico, purtroppo, dato che la ns cultura ha smarrito il sensus di questa Istituzione naturale che non è ispirata SOLO dal “desiderio soggettivo” di due persone che si uniscono, ma da una finalità superiore che comporta effetti positivi, fondanti per la società tutta (amarsi e procreare figli, completarsi a vicenda, crescer la prole in modo equilibrato, educarli alla vita…). E il fatto che la ns cultura abbia smarrito questo senso di un dovere (che poi, essendo un dovere fondato su principi moralmente buoni comporta anche pienezza e felicità per chi lo compie) lo si vede chiaramente nello sfacelo di tanta società di oggi, spesso basata sul soddisfacimento dei propri “desideri” personali, assurti a “diritto”.
Ma che IL PAPA – che dovrebbe aver chiaro non solo quanto sopra, ma sublimarlo, annunciando con forza che questo “dovere buono” da compiere si chiama Vocazione di Dio e risponde a un disegno del Creatore, alla Sponsalità di Dio stesso con la Chiesa e che si chiama Matrimonio – non affermi in modo inequivocabile tutto questo , anzi dica frasi che appaiono come un conformarsi al Grande Inganno che attacca la base della società e del Bene, io lo trovo quantomeno sconcertante. Preghiamo per la Chiesa e per il ns Papa che possa esser aiutato da noi a dare un rinnovato Annuncio e una chiarezza su questo.
E questa sarebbe carità cristiana?
Ma come può, non dico un cristiano, ma una persona seria qualsiasi affermare che il diritto alla felicità passi per la palese falsificazione del concetto di famiglia!
E nostro Signore Gesù Cristo sarebbe venuto sulla Terra per offrire a chiunque lo desideri una velenosa contraffazione del progetto di Dio?
@Roberto
Nessun uomo nasce per essere felice, anzi se c’è una cosa certa come la morte è il fatto che tutti quanti prima o poi nella vita proviamo una qualche forma di sofferenza fisica o psicologica. Questo non ce lo dice solo il Vangelo, o Leopardi, ce lo dice il senso comune. Semmai tutti nasciamo per amare ed essere amati, perché è l’Amore che ci ha creato (“Deus caritas est” come dice un’enciclica di Benedetto XVI). Infatti è proprio l’amore spesso a portarci a scegliere l’infelicità, come fece Gesù quando scelse di morire in croce per noi.
Se con l’espressione “gli omosessuali sono creature di Dio nate per essere felici” intendevi dire che hanno, come tutti, il diritto al perseguimento della felicità, ti rispondo che in realtà questo diritto è problematico da garantire, perché la mia felicità potrebbe voler dire l’infelicità di qualcun altro (per esempio potrei desiderare di portar via il marito a un’altra donna). Non tutti i desideri dovrebbero trasformarsi in diritti, pena l’attuazione di una società fortemente individualista, dove il bene comune viene sacrificato sull’altare degli egoismi personali. Non è un caso che solo la Costituzione americana inserisca questo diritto tra quelli fondamentali (qui un noto filosofo ateo spiega perché questa scelta sia tutt’altro che pacifica: https://espresso.repubblica.it/opinioni/la-bustina-di-minerva/2014/03/19/news/il-diritto-alla-felicita-1.157770 ).
Ora, io ti chiedo: in molte società mediorientali e africane esiste la poligamia, oggi ci sono sempre più immigrati che arrivano da quelle zone, quindi, se un domani volessero veder garantito il loro diritto alla felicità con l’approvazione di una legge sulla poligamia, tu saresti d’accordo? Non mi dire che sarebbe umiliante per le donne, perché si potrebbe prevedere per par condicio anche l’unione tra una donna e più uomini, del resto anche in Occidente si sta diffondendo sempre più il cosiddetto “poliamore”, teorizzato pure da Jacques Attali, il maestro di Macron. Per esempio il cantante Pupo ha una relazione con due donne e a loro sta bene, perché sono felici così, quindi gliela diamo anche a loro un’unione civile ad hoc per tutelarli legalmente se la chiedono a gran voce?
E che cosa dire dell’incesto? Tu pensi che sia ancora un tabù oggi? Ti sbagli: nella serie tv “Il trono di spade” c’è una relazione incestuosa tra due fratelli che viene romanzata sempre con la solita tiritera del “love is love”, infatti in una puntata ricevono pure il benestare della figlia nata dall’incesto, che dice di accettare la loro relazione perché li rende felice. Io stessa a una conferenza della scrittrice Simonetta Agnello Hornby ho sentito con le mie orecchie che alludeva positivamente a una possibile relazione incestuosa occorsa tra Jane Austen e la sorella Cassandra (cosa questa assolutamente falsa e neanche lontanamente plausibile). Quindi un’unione civile per tutelare le relazioni incestuose ti andrebbe bene? Tanto non è paragonata alla famiglia naturale!
Oggi l’unico tabù rimasto in ambito sessuale è la pedofilia, ma anche lì ci sono già inquietanti aperture (vedi film Netflix “Cuties”). Ai fautori dell’ideologia gender non interessava che venissero garantiti diritti ai membri della comunità LGBTQ+, quelli ce li avevano già, come del resto li hanno i conviventi (qui trovi un breve elenco: https://costanzamiriano.com/2016/01/27/unioni-civili-ma-quali-diritti-mancano/ ). Agli Zan e alle Cirinnà interessava fare un primo passo verso la valorizzazione sociale della relazione omosessuale. Perché la legge crea mentalità, fa percepire come lecita una cosa inizialmente non accettata da tutti. Lo dimostra la legge sull’aborto: nata come tolleranza verso un male per impedirne un altro (cioè la morte delle donne sottoposte ad aborti clandestini), oggi è diventato un diritto che deve essere difeso contro i “cattivi obiettori”, tanto che dà persino scandalo la sepoltura dei bambini abortiti.
Ci sarà una ragione se anche la civiltà del passato in cui l’omosessualità è stata maggiormente esaltata (cioè l’antica Grecia) prevedeva soltanto il matrimonio tra uomo e donna! Su alcune cose è giusto discriminare, nel senso di trattare in maniera diversa situazioni oggettivamente diverse. Privatamente uno può fare le scelte sentimentali che vuole (purché sia con un adulto consenziente), ma pubblicamente si dovrebbe tutelare solo la famiglia naturale (non tradizionale, ma naturale, cioè che si completa biologicamente a vicenda come due pezzi di puzzle e in grado di procreare senza gli artifici della scienza), o il rischio è di pericolose derive antropologiche che decostruiranno sempre più la nostra idea di famiglia, destabilizzando la società, annebbiando le coscienze su cosa è bene e male e criminalizzando le opinioni contrarie ai dogmi arcobaleno.
Prima vi sentivate forti, perché contro di voi c’era solo la coscienza sociale (il cosiddetto “sentire comune”), dal 2016 con la legge n. 76 conosciuta anche come legge “Cirinnà” siete contrari anche ad una realtà giuridicamente riconosciuta e tutelata dal vostro paese. Ora siete contrari pure alle parole del capo supremo della vostra chiesa, alla faccia del “prima sedes a nemine iudicatur” (canone 1404 del codice di diritto canonico vigente); il papa avrà anche cambiato opinione ma in fin dei conti “errare è umano, ma perseverare è diabolico” no? Non sarà forse arrivato il momento di smetterla di odiare, o nelle migliori ipotesi, discriminare dei vostri fratelli?
@ A. Spinola
Io ritengo che le persone siano state tutte create da Dio per assumere la propria vita e le proprie scelte di vita, con la condotta sessuale che ne deriva. Trovo pertanto corretto che gli omosessuali che desiderino vivere la loro unione possano godere di certi diritti. Solo questo ha detto il Papa: prima viene la tutela della persona, cosi com’è: non spetta a noi a giudicare, ma solo a Dio che conosce il desiderio del cuore e usa misericordia con tutti. Altro discorso è l’ammissione alla fede cristiana.
Un omosessuale che vuole essere cristiano può farlo come può farlo chiunque, ma ovviamente bisogna prendere la responsabilità della vita cristiana, e questo è un discorso che vale per tutti! Lo stato di castità non é uno stato “imposto” a nessuno, ma é la condizione necessaria per vivere da cristiano, qualunque sia il suo orientamento sessuale! Quello che voglio dire é che la castità é richiesta agli omosessuali semplicemente perché é lo stato di tutti i cristiani che liberamente scelgono di vivere secondo l’esempio di Gesù Cristo. Se uno non vuole vivere questo stato di castità é libero di non farlo, ma non può dirsi cristiano, perché se uno si dice credente e cristiano ha una responsabilità davanti alla società.
@ Roberto
Non è questo il punto, almeno non è in primis un problema di dottrina.
Quando un uomo e una donna decidono di vivere insieme per formare una famiglia, accedono a un diritto che non gli è concesso dallo Stato, o da un’ente religioso, ma dalla natura stessa. Questa è una “famiglia” anche se non è ancora una famiglia “cristiana”, e questa è l’unica famiglia possibile, checché se ne blateri.
Una società aperta dev’essere certamente tollerante e rispettosa verso ogni “diversità”.
Questo non vuol dire però che possa commerciare ciò che è scorretto, ingiusto o falso per accontentare ogni “sentire” individuale o di gruppo. C’è un solo modo per definire la famiglia che corrisponde alla realtà non solo bio-fisiologica ma profondamente esistenziale dell’uomo, e negarlo significa ingannare le persone, e mostrificare la società.
Non sono d’accordo con la tua premessa. Per come la vedo io non si tratta principalmente di una questione di dottrina, anche se per un credente questo punto non è qualcosa di opinabile.
Quando un uomo e una donna decidono di vivere insieme per formare una famiglia, accedono a un diritto che non gli è concesso da uno Stato, o da un’ente religioso, ma dalla natura stessa. Questa è una “famiglia” anche se non è ancora una famiglia “cristiana”, e questa è l’unica famiglia possibile.
Una società aperta dev’essere certamente tollerante e rispettosa verso ogni “diversità”. Questo non vuol dire però che possa commerciare ciò che è scorretto, ingiusto o falso per accontentare ogni “sentire” individuale o di gruppo. C’è un solo modo per definire la famiglia che corrisponde alla realtà non solo bio-fisiologica ma profondamente esistenziale dell’uomo, e negarlo significa ingannare le persone, e mostrificare la società.
La Chiesa non è nostra, o del Papa; è di Cristo. È per questo che è forte, oltre ogni comprensione umana.
Inutile scegliere accuratamente parole false per sostenere la menzogna.
“Orbene, se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anàtema!”
Fosse pure il Papa a impugnare la verità conosciuta, sull’omosessualismo come sulla liceità della pena di morte o sulla dottrina della guerra giusta.
O sul primo comandamento.
(Sempre che, per dirla con Giovannino Guareschi, il Papa non si chiami Giuseppe… Joseph, in tedesco)
A margine: anche le leggi di Norimberga, del 1935, assecondavano il sentire comune e costituivano una realtà giuridicamente riconosciuta.
Ma fin da Roma antica è noto come “lex iniusta vel turpis, non est lex”.
Per il moderatore
Temo di aver inviato qui una doppia risposta. In tal caso cancelli quella precedente.
Grazie
Prudenza.., se è vera…, l’interpretazione…
Bla bla bla. Il Papa è la voce della Chiesa.
Ha parlato chiaro. Se non volete sentire…
Ma non dire stupidate. La voce della Chiesa è Gesù Cristo e la sua parola è eterna e non può essere cambiata da nessun Papa. Dicendo quello che dici, San Atanasio allora cos’era quando ha contestato il Papa ?
@Beatrice
Cara signora, ma quanto scrive! Io non amo la prolissità per cui ho letto il suo intervento solo per sommi capi. È così: mi scocciano gli interventi kilometrici, ma sarà senz’altro un mio difetto.
Detto questo, mi permetto solamente di contestarLe l’affermazione in cui Ella sostiene che “nessun uomo nasca per essere felice”, perché non é proprio vero.
Per inciso, fu Giovanni XXIII in una sua omelia a sostenere che Dio ci voglia felici, ed a ragione di ciò citò le nozze di Cana dove Gesù, finito il vino, compì su richiesta di Maria il primo miracolo affinché la festa potesse continuare in allegria.
Lei, dice poi che ” è proprio l’amore spesso a portarci a scegliere l’infelicità, come fece Gesù quando scelse di morire in croce per noi”; io, invece, le dico che più che l’amore è il dovere che ci spinge verso il sacrificio d’amore, e fu proprio questo senso del dovere che mosse padre Kolbe a sacrificare la sua vita ad Auschwitz prendendo il posto di un padre di famiglia. Il presbitero, disse che occorre fare non ciò che piace ma ciò che si deve. Si è felici solo se si comprende quale sia la volontà di Dio su di noi: si tratti di rimanere al “proprio posto” oppure che si venga chiamati a “volare più in alto”, come fecero Cristo e tutti i martiri, morti anche tra atroci sofferenze ma felici per aver ottemperato alla volontà del Padre.
@Roberto
Innanzitutto scusi se prima le ho dato del tu, visto che qui mi ha dato del lei, contraccambio. E scusi la mia prolissità, ma non ho il dono della sintesi (e forse il mio essere donna peggiora le cose). Ora proverò lo stesso a risponderle e, se vorrà leggermi, bene, se no, pazienza, magari le mie parole saranno d’aiuto a qualcun altro.
Primo punto: guardi Gesù è proprio morto in croce per amore nostro, non per senso del dovere. Lo dice esplicitamente il Vangelo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Gesù non ci doveva proprio un bel niente (non esiste un diritto alla salvezza o un diritto alla misericordia), il suo sacrificio è stato un dono d’amore assolutamente gratuito. E Padre Kolbe non è morto per senso del dovere! La Chiesa mica dice che ci si deve sacrificare per forza per salvare qualcun altro e, se non lo si fa, si commette peccato (esempio: una donna non fa peccato se per salvarsi la vita provoca la morte del feto nel suo grembo), però, se ci si sacrifica, si compie l’atto d’amore più grande che si possa fare e si diventa Santi (esempio: Chiara Corbella Petrillo e Gianna Beretta Molla). Con la scelta di morire al posto di un altro Padre Kolbe non ha adempiuto a un suo dovere, non aveva nessun dovere nei confronti di quello sconosciuto, ma ha scelto di amare il prossimo nella forma più alta insegnataci da Gesù, che è quella di dare la vita. E perché Padre Kolbe avrebbe dovuto amare un emerito sconosciuto così tanto da volersi sacrificare per lui? Ma perché ha visto in lui Gesù. «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40). Allo stesso modo Madre Teresa di Calcutta non aiutava i poveri per senso del dovere, ma perché vedeva in ognuno di essi Gesù. Padre Kolbe è morto per amore di Cristo, come del resto tutti i martiri divenuti Santi. Non per niente San Tommaso d’Aquino sosteneva la necessità della carità nel martirio, richiamando le parole di San Paolo: «Anche se dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova» (1Cor 13, 3).
Secondo punto: se noi nasciamo per essere felici, allora perché soffriamo? Non mi dica “per colpa del peccato”, perché esiste anche il dolore innocente (esempio: le malattie che colpiscono i bambini). Ha mai letto la vita di un Santo qualsiasi? In ognuna di esse c’è sempre una quantità impressionante di dolori fisici o psicologici, dalle stigmate alle persecuzioni alla morte violenta in giovane età. In effetti leggerle potrebbe spingere a pensare “ma chi me lo fa fare di diventare cristiano e subire tutto quello!”. Se Dio ci vuole felici, allora perché ci dà le croci? Semplice: perché Dio ci vuole beati, che è molto più che felici. Dio non vuole darci una felicità effimera e ingannevole come quella che deriva dai piaceri mondani (felicità che spesso il diavolo ci fa provare per spingerci a rimanere nel peccato), Dio vuole darci la beatitudine che nasce dall’intima unione con Lui, unione possibile solo con la lontananza dai peccati più gravi. E il raggiungimento della beatitudine passa anche (se non quasi sempre) dal dolore, perché non c’è resurrezione senza croce. «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11-12). Dio ci vuole beati perché vuole la nostra salvezza, vuole ricondurci a casa Sua e l’unica via possibile, come ci insegna Gesù, è la via della croce, non ne esiste un’altra, ma per fortuna (o meglio dire per grazia) non siamo lasciati da soli a percorrerla.
Gesù ha adempiuto alla volontà del Padre. Nell’umanita’ che aveva assunto (era pure vero uomo), grondo’ sangue dalla fronte avendo consapevolezza di ciò che l’aspettava. Avrebbe voluto un destino diverso ( passi da me questo calice amaro…), ma, tuttavia, certamente per amore ma pure per senso del dovere (adempiere alla volontà del Padre), accettò il sacrificio. Il punto è stabilire in che consista la felicità: se fare la volontà di Dio o accettare i piaceri del mondo, che non mancano.
Credo che il termine felicità, mutuato dal latino, significhi “essere allattato dal seno materno” o qualcosa di simile, e chi meglio di Dio assolve a questo compito? Un esempio che mi sovviene alla mente: Edith Stein, che si fido’ di Dio, stando alle testimonianze, era felice nel campo di sterminio e spendeva il tempo confortando e accogliendo i bimbi abbandonati dalle madri impazzite per il dolore.
Mi fermo qua.
Saluti.👐
Le mi chiede se io abbia mai letto la vita di un santo qualsiasi…
La risposta, è ovviamente sì. Le dirò di più: ho incontrato e conosciuto nella mia vita almeno quattro santi, (tra cui madre Teresa di Calcutta), e la famiglia di mio nonno era frequentata da un santo non inferiore a padre Pio che aveva pure il dono della bilocazione. Miracolo’ pure una pro-zia mia data per spacciata dai medici.
@Roberto
Però, abbia pazienza, ma c’è differenza tra l’obbedire a qualcuno per senso del dovere e l’obbedire per amore. Un genitore che si prenda cura dei propri figli perché obbligato dalla legge non è certamente come uno che lo fa perché i figli li ama ed è disposto a grandi sacrifici per loro. Le assicuro che un figlio la sente eccome la differenza tra l’avere un padre del primo tipo o uno del secondo. È l’amore a rendere qualitativamente diversi i gesti di obbedienza e a rendere qualitativamente diversa anche la relazione tra genitore e figlio o tra Dio e uomo. Un servo può eseguire gli ordini per timore di venire punito o per puro senso del dovere, ma il servo che in assoluto svolgerà il proprio lavoro nel migliore dei modi sarà quello mosso ad agire dall’amore per il suo signore. Non è il senso di dovere a generare l’amore, semmai è il contrario: è l’amore a far nascere il senso di dovere verso qualcuno. E infatti il senso di dovere di Gesù deriva dall’amore per il Padre e per l’uomo. Anche i Santi non seguivano mica la legge di Dio perché dovevano farlo, ma perché spinti dall’amore per Lui. Non dico che non si debba agire per senso del dovere, dico che il senso del dovere di una persona dovrebbe comunque essere originato dall’amore, altrimenti i comandamenti di Dio o saranno percepiti come un peso opprimente o diventeranno un motivo per auto-esaltarsi davanti a chi quelle leggi non le rispetta. A suor Maria Natalia Magdolna Gesù dice che è sbagliato stare tutti occupati su sé stessi e il proprio percorso di santificazione, perché si rischia di insuperbirsi, per diventare Santi bisogna invece tenersi concentrati solo su di Lui e amarLo con tutte le proprie forze e allora sarà Lui a convertirci ogni giorno di più. Insomma, l’amore dev’essere la molla di tutto il nostro agire e da esso poi si originerà anche il senso del dovere e la nostra quotidiana conversione.
Credo che, tutto sommato, diciamo la stessa cosa. L’assunto, però, era se Dio ci voglia felici o meno…
Io, senza perifrasi, ho solo detto perché ritengo di sì e, parimenti, sono pienamente convinto che l’amore sia la base che generi ogni cosa. Il cristiano, a prescindere da qualsiasi vicissitudine che gli possa accadere, ha la consapevolezza di non essere mai solo: deve solo guardare la profondità del proprio cuore, e lì troverà la felicità.
“. C’è infatti una massa sterminata di evidenze antropologiche e sociologiche – dagli studi di George Peter Murdock a quelli di Pierpaolo Donati – che dimostra come, pur con tutte le fluttuazioni sociali, religiose, anagrafiche, economiche, di codifica del rito, valoriali, la famiglia sia quella tra uomo e donna. Punto.”
davvero?
stranamente due fatti sono incontestabili:
1. esistono famiglie omogenitoriali
2. tali famiglie non sono nè migliori né peggiori delle altre famiglie eterosessuali.
così è, che ti piaccia o no.
attendo gli studi in proposito..da te citati
saluti da un matematico divenuto apostata