A breve inizierà alla Camera dei deputati la discussione sul ddl Zan-Scalfarotto contro l’omotransfobia, un provvedimento che nelle intenzioni dei suoi promotori dovrebbe meglio reprimere il casi di violenza omofobica a tutela delle minoranze sessuali. Ora, poniamo che tale ddl non abbia riflessi di incostituzionalità e di pesante limitazione della libertà di espressione. Resta comunque un problemino: i casi di violenza omofobica, in Italia, son pochissimi e in calo.

Secondo l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori attivo presso il Viminale, le aggressioni in Italia contro le persone omosessuali sono infatti sempre meno: nel 2018 furono 43, l’anno scorso son scese a 29. Non solo. Aumentano, intanto, i finti casi di omofobia. Solo in queste ore ne son emersi un paio. Il primo viene da Padova, e riguarda la vicenda di Mattias e Marlon, due ragazzi gay balzati all’onore delle cronache per essere stati, tempo fa, «picchiati per un bacio»

Bene: ora il sostituto procuratore ha stabilito che sì, in effetti la rissa dove furono coinvolti i due c’è stata ma «l’omofobia non c’entra nulla». Seconda storia. L’influencer Iconize, al secolo Marco Ferrero, mesi fa era arrivato al picco della sua celebrità finendo su tv e giornali raccontando d’esser stato aggredito perché gay. Da più resoconti pare però che Iconize – il quale ovviamente smentisce – si fosse procurato le lesioni di quell’aggressione da solo, colpendosi «con un surgelato».

Ora, se fortunatamente i casi di omofobia in Italia sono pochi, vari hanno questo tenore di attendibilità e, soprattutto, nessuno di essi è comunque mai rimasto impunito, un dubbio sorge spontaneo. Cari onorevoli che a breve tratterete in Aula ddl Zan-Scalfarotto, che introduce pene severissime contro si rende promotore di omofotransfobia o di violenza avente tale matrice, mi permetto di rivolgervi una domanda sola, breve e voglio sperare sufficientemente chiara: di che stiamo parlando?

Giuliano Guzzo