Chi, che cosa, quando, dove e perché. Sono le cinque «W», pilastro del giornalismo costantemente trascurato. E non solo dai professionisti dell’informazione, ma anche dai lettori, come provano la commozione e la rabbia che, sui social, sta suscitando la notizia dell’elefantessa incinta morta in India dopo aver ingerito un ananas imbottito di esplosivo. Una notizia che ha portato moltissimi, colpiti dal fatto, a scagliarsi contro «la crudeltà dell’uomo». Il che, pur comprensibile sotto il profilo emotivo, lo è meno se si specificano i contorni della vicenda. Beninteso: davvero una elefantessa incinta è morta in India e davvero è morta in quel modo.
Tuttavia, in omaggio alle cinque «W», urgono puntualizzazioni. Tanto per cominciare rispetto al fatto che l’animale è morto il 27 maggio, oltre una settimana fa. Perché la notizia è sui media ora, con tanto di enfatizzazione sulla «dolce attesa» dell’elefantessa? Forse perché il 5 giugno è la Giornata mondiale dell’ambiente e una notizia che corrobori la tesi della «crudeltà dell’uomo» e della natura da tutelare faceva più comodo adesso? È solo un sospetto, anche se forse non così infondato. Ma andiamo avanti, chiarendo che i fatti non sono avvenuti in una zona qualsiasi dell’India bensì nei pressi di Palakkad. Perché è degno di nota? Perché aiuta a capire le dinamiche del fatto.
Infatti gli abitanti di quei luoghi, per scongiurare incursioni di animali selvatici nelle loro proprietà, sono soliti lasciare frutti carichi di esplosivo. Una usanza di certo esecrabile – tanto che ora si cerca l’autore dell’ananas mortale -, che però non esprime la volontà di colpire un animale in particolare né, tanto meno, la povera elefantessa morta; anche se non subito, dato che è stata avvistata con la mascella inferiore ferita diversi giorni prima della morte sopraggiunta nel fiume Velliyar, dove aveva cercato conforto. Quindi sì, davvero una elefantessa incinta, in India, è morta fra atroci sofferenze; ma «la crudeltà dell’uomo» in quanto tale non c’entra.
Ricordare ciò, sia chiaro, non sminuisce nulla; solo, rispetta cinque «W» evidenziando come la «crudeltà» umana sia qui stata tirata in ballo un po’ a sproposito. E pensare che gli atti deliberatamente malvagi mica mancano. Consideriamo, stando ai piccoli uccisi nel grembo materno, l’aborto volontario, che vede un “cucciolo d’uomo” eliminato da totalmente indifeso. Ogni anno sono oltre 40 milioni i nascituri che non vedono la luce a causa di tale procedura, da decenni elevata a «diritto». 40 milioni: un’immensità, che tuttavia i burattinai dei media sanno occultare, esattamente come sanno indurre l’indignazione per le sorti di un animale in «dolce attesa» morto da tempo. Non è forse pure una simile manipolazione cosa crudele?
L’ha ripubblicato su Organon.
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La crudeltà secondo me c’entra, perché se vogliono possono trovare altri sistemi per evitare che gli animali selvatici mangino i frutti del raccolto.