Siccome l’epidemia in corso ostacola il ricorso all’aborto procurato (recarsi all’ospedale di questi tempi, in effetti, non è il massimo), tanto vale assicurarlo a domicilio tramite la pillola Ru486, «privilegiando la procedura farmacologica». È l’ultima trovata, sotto forma di appello al Ministro della Salute, di alcune associazioni abortiste appoggiate dal solito plotone di personaggi noti, come si suol dire, da Roberto Saviano a Laura Boldrini, da Lea Melandri a Marco Cappato. Ora, premesso che gli abortisti nostrani, ancora una volta, non hanno inventato nulla limitandosi a scopiazzare idee altrui – l’aborto domestico via telemedicina negli Usa è argomento di dibattito da una ventina di giorni -, urge qui metter bene in evidenza come la loro proposta, oltre che di assai dubbia opportunità, sia totalmente irricevibile.
Per capire perché le cose stiano in questi termini, è sufficiente – senza, si badi, tirare in ballo argomenti di natura confessionale – riflettere sulla pillola abortiva Ru486 che, a dispetto del nome, non è singola ma doppia. Essa infatti prevede l’assunzione di due distinti preparati: il mifepristone, che contrasta l’azione dell’ormone della gravidanza, il progesterone, e dopo due giorni il misoprostolo, il cui scopo è quello di stimolare le contrazioni uterine onde provocare l’espulsione del concepito. Che c’è che non va? C’è che, oltre ad essere un prodotto chimico volto ad uccidere – quindi parlar di «procedura farmacologica» è quanto meno inesatto, dato che la gravidanza non è una malattia – si tratta di una soluzione, come chiariva già nel 2005 un editoriale apparso sul New England Journal of Medicine, che presenta per la donna una tasso di mortalità dieci volte superiore a quello dell’aborto chirurgico.
Non solo. Gli abortisti nostrani, nel loro appello, hanno omesso pure di dire che l’assunzione di Ru486 provoca nella donna dolori, nausea, debolezza e crampi quasi nel 94% dei casi; in almeno una volta su due, poi, costringe coloro che vi ricorrono alla sconvolgente vista del feto abortito, con tutti le devastanti ripercussioni psicologiche nella donna che si possono immaginare. Anche ponendosi nell’inaccettabile ottica abortista, insomma, l’aborto a domicilio – oltre che spietato verso il concepito – è spietato verso la donna. Una tragedia nella tragedia. Rispetto alla quale, a ben vedere, un’alternativa c’è ed è quella del parto in anonimato che, in piena sicurezza igienico-sanitaria, consente alle donne che non possono o non se la sentono di tenere il bambino di darlo alla luce, rendendolo immediatamente adottabile. Per tale proposta, tra l’altro, non serve appellarsi al Ministero: basta farlo al cuore delle persone. Certo, occorre prima averne uno.
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Nel plotone dei noti personaggi abortisti non compare la Bonino, tanto ammirata da Bergoglio?
L’ha ripubblicato su Pastor Aeternus proteggi l'Italia.
Questi sono i personaggi a cui fanno il voto Bassetti e il 90% dei preti e associazioni cattoliche! Per primo il vescovo di Terni, Giuseppe Piemontese.