La grande risonanza che sta avendo il nuovo rapporto Eurispes, secondo cui il 15,6% degli italiani nega la Shoah non pare – chissà come mai – accompagnata da una doverosa precisazione. Quella, emergente sempre dall’indagine Eurispes, secondo cui un certo revisionismo, politicamente parlando, cresce non a destra bensì a sinistra. Sembra infatti che la tesi secondo cui l’Olocausto degli ebrei sarebbe avvenuto realmente, ma con meno vittime di quanto si afferma di solito, sia sì diffusa tra gli elettori di destra (8%), ma ancor più tra quelli di centro (23%) e, soprattutto, di centrosinistra (23,3%).

Scusate, ma i cattivi non militavano solo a destra? La minaccia all’orizzonte non era l’«onda nera»? E con l’allarme fascismo, come la mettiamo? Sono interrogativi che sorgono spontanei, se si devono prender per buoni i dati Eurispes. Che sono evidentemente scomodi, troppo scomodi per una certa cultura dominante. D’altronde, ci sono tanti aspetti non solo dell’Olocausto ma dello stesso Terzo Reich che raramente vengono ricordati. Per esempio: perché si parla spesso di nazismo e raramente di nazionalsocialismo? Per brevità? Suvvia, non scherziamo. E ancora: perché si tende spesso a dimenticare che, prima che accanirsi sugli ebrei, i seguaci di Hitler presero ad eliminare i disabili?

Forse perché far conoscere ai giovani cosa fu l’Aktion T4 – il programma di sterilizzazione e soppressione col quale in Germania, dal 1940 al 1942, si eliminarono più di 70.000 disabili o reputati tali – rischia di gettare in cattiva luce le battaglie progressiste sull’eutanasia di Stato? E ancora: per quale motivo non ricordare che Hitler e i suoi non erano al potere neppure da sei mesi quando, nel 1933, stabilirono per legge l’impegno a prevenire «le nascite congenitamente difettose»? Perché guasta l’immagine a quell’eugenetica che rivive ogni volta che un nascituro «difettoso» viene eliminato? Come si può vedere, il nuovo rapporto Eurispes è solo l’ultimo smascheramento di una lunga serie di attualissime ipocrisie.

Giuliano Guzzo