«Addio perfida Albione», titolava oggi, con funerea solennità, un pezzo di Repubblica. Seguito a ruota tra gli altri da Laura Boldrini che, su Twitter, ha tuonato contro «il sovranismo al potere». Il motivo di tanto sconcerto? L’abbandono del Regno Unito governato da Boris Johnson del programma di scambio europeo per studenti Erasmus+, discendente del più noto programma Erasmus. In realtà è una fake news. «I giornali italiani», precisa difatti il Post, non sospettabile di simpatie sovraniste, «hanno equivocato una decisione del Parlamento britannico che per il momento non avrà alcuna conseguenza sugli scambi in corso o su quelli che inizieranno a breve». Tanto rumore per nulla, allora? Non proprio.
Perché la notizia, pur falsa, è stata comunque utile a ricordare quanto l’Erasmus stia a cuore al progressismo italico. A sinistra infatti il precariato di moltitudini di giovani sembra non interessare (anche perché non è concepito come precariato, ma come «flessibilità»), il loro vuoto valoriale meno ancora (è il relativismo, bellezza), ma guai a solo a sfiorare l’Erasmus. Un programma che può avere e per molti avrà avuto utilità, ma che presenta pure i suoi rischi (il 59% di chi vi ha partecipato afferma di aver fatto uso di droghe: Repubblica, 30.3.2018) e che, comunque, non rappresenta certo la priorità dei ventenni che, alle ultime europee, per il 38% hanno votato non Pd, ma Lega. Qualcuno avvisi i progressisti che, prima dei sogni, occorre ogni tanto occuparsi anche della realtà.
Ma soprattutto: è così fondamentale, imprescindibile, non sostituibile con altre occasioni formative altrettanto valide?
Secondo me, no.