Si è da poco aperto e si concluderà il 27 ottobre, ma del Sinodo sull’Amazzonia una cosa è già certa: sarà ad impatto zero. Lo chiarito il segretario dell’assemblea, il cardinale Lorenzo Baldisseri, spiegando che, sulla base dei calcoli effettuati, s’intende compensare le emissioni di 572.809 kg di Co2 (438.373 kg per i viaggi aerei e 134.435 kg le altre attività) generate dai consumi di energia, di acqua, dall’allestimento, dalla mobilità dei partecipanti, dalla produzione di rifiuti e di materiali promozionali, con l’acquisto di titoli di forestazione per il rimboschimento di un’area di 50 ettari di foresta del bacino amazzonico Inoltre, dal Sinodo sono stati banditi bicchieri e bottigliette d’acqua di plastica: tutto rimpiazzato da scoutistiche borracce blu ricaricabili con impresso lo stemma pontificio.

Ora, siccome le strategie di evangelizzazione dell’Amazzonia son chiare da secoli («Dove ci sia una chiesa e un cappellano che ci si occupi di istruire e insegnare loro la nostra Santa Fede Cattolica […] insegnar loro a leggere e scrivere […] perché comunichino e si istruiscano a vicenda, per essere educati nella fede»: Instrucciones reales, 1503), c’è da solo da augurarsi che tanto, stordente ecologismo non confonda. Un auspicio forse illusorio, alla luce dei primi interventi su preti sposati e ministero femminile che non lasciano affatto tranquilli, anzi. Non resta quindi che sperare che qualunque trovata esca dall’assemblea sia biodegradabile come tutto il resto. Non si vede infatti qualche coerenza avrebbe evitare d’inquinare il pianeta da una parte e, dall’altra, sfogarsi contro dottrina e tradizione: meritano rispetto pure loro. Anche se di nome non fanno Greta o Gaia.

Giuliano Guzzo

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