Se cercate prove dell’esistenza del pensiero unico, da oggi ne avete davanti agli occhi una in più: la cacciata dalla confindustriale Luiss del professor Marco Gervasoni, docente di storia comparata dei sistemi politici reo d’aver espresso, in un tweet di giugno, una dura critica contro la Sea Watch di san Carola Rackete che, evidentemente, gli è costata caro. Attenzione: Gervasoni non ha fatto politica in aula, non ha tentato di indottrinare gli studenti al credo progressista (cosa che molti suoi colleghi fanno allegramente tutti i santi giorni), ha solo manifestato il suo pensiero. Scomodo, evidentemente. E soprattutto troppo libero per continuare ad avere una cattedra in un’università ultraconformista come, ormai, quasi tutte.

Sì, perché qui il problema non è poi tanto la Luiss, ma un mondo accademico dove più intelligente e sveglio sei, meno sei gradito. La pagina più vergognosa al riguardo rimane certamente quella dei 67 talebani del laicismo che dodici anni fa indussero papa Benedetto XVI a rinunciare a tenere un discorso alla Sapienza – università peraltro fondata proprio da un papa -, ma i casi di dittatura accademica, da tempo, non si contano più. E danno ottimi argomenti a chi, come il sottoscritto, ritiene che per un giovane, oggi, la laurea sia un male necessario: necessario per aspirazioni lavorative, ma un male perché spesso conferisce a chi la consegue una spocchia ridicola privandolo della consapevolezza d’essere, in fondo, solo un pollo d’allevamento. Anche perché se qualche docente osa incautamente pensare, Gervasoni docet, addio.

Giuliano Guzzo

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