A ventisei anni dal suo assassinio la grandezza di padre Puglisi (1937-1993) non solo rimane intatta, ma forse dev’essere ancora pienamente compresa perché intrisa di Vangelo. E dello splendore evangelico, si sa, possiamo cogliere sempre solo frammenti, schegge di luce, tasselli che però già bastano, da soli, a completare il mosaico della nostra vita, a conferirgli orizzonti. Per questo, anche se la vita ed il sacrificio del sacerdote palermitano – raccontati in libri e pellicole –  ci sono noti, il suo esempio non cessa affatto di brillare. Anzi. Torna a commuoverci ogni volta che si ripensa al coraggio di quest’uomo che sapeva benissimo, col suo operato fatto di sana educazione, evangelizzazione e lotta alla mafia, a cosa sarebbe andato incontro. La mafia stessa, prima di eliminarlo, era ricorsa a varie intimidazioni: incendi, minacce, il pestaggio di un ragazzo. Eppure don Puglisi non ne voleva sapere di lasciare Brancaccio, dove si trovavano i fedeli che la Provvidenza gli aveva affidato. Fu così che maturò la decisione di eliminarlo che però – contrariamente a quello che ci si aspettava – non segnò che una morte parziale del coraggioso sacerdote proclamato beato il 25 maggio 2013, il quale da quel momento non solo continuò a vivere, ma lo fece sconvolgendo persino la vita di chi lo voleva morto. A partire da quella di colui che, prima di ucciderlo, fece a tempo a sentire le sue parole «me l’aspettavo» e a vederne il sorriso.

Un sorriso che rimarrà per sempre nella memoria di un assassino con una cinquantina di omicidi, dunque abituato a dare la morte; e invece. «C’era una specie di luce in quel sorriso – ricorda Salvatore Grigoli, il killer – un sorriso che mi aveva dato un impulso immediato. Non me lo so spiegare: io già ne avevo uccisi parecchi, però non avevo mai provato nulla del genere. Me lo ricordo sempre quel sorriso, anche se faccio fatica persino a tenermi impressi i volti, le facce dei miei parenti. Quella sera cominciai a pensarci, si era smosso qualcosa». E’ la forza del Vangelo, la sola in grado di dare coraggio ad un uomo che, come disse poco prima di morire, sapeva di avere i giorni contati. Magari non immaginava che sarebbe stato ucciso proprio il giorno del suo 56º compleanno, come avvenne, ma era consapevole che quella mafia contro cui duramente – e pubblicamente! – tuonava, prima o poi lo avrebbe messo a tacere commettendo non solo un altro errore, ma l’errore più grande. Perché uccidendo don Puglisi non hanno tolto di mezzo uno scomodo, come invece avevano pianificato, ma hanno permesso a tutti di scoprire la statura di quell’uomo che aveva già chiaro il suo destino. Un destino che solo la fede gli faceva accettare.  «È difficilissimo – diceva – morire per un amico, ma morire per dei nemici è ancora più difficile. Cristo però è morto per noi quando noi eravamo ancora suoi nemici. Dio ci rimane sempre accanto, è la costanza dell’amore fino all’estremo limite, anzi senza limiti. Ecco il motivo della nostra gioia». Ecco il motivo di quel sorriso ancora così luminoso e carico di speranza.

Giuliano Guzzo

*****

«Da leggere!» (Diego Fusaro)

«Un libro pieno di chicche» (Rino Cammilleri)

«Un viaggio tra vicende note e meno note con lo scopo di aiutarci a sviluppare il senso critico» (Aldo Maria Valli)

Ordinalo in libreria oppure acquistalo subito su Amazon